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E’ stato da poco pubblicato dalla Agenzia Regionale Sanitaria (ARS) il Rapporto 2018 su “L’organizzazione dei Servizi Sanitari e Sociali Territoriali della Regione Marche” che aggiorna un analogo Rapporto 2007. Il fatto che i rapporti ARS siano così rari e la rilevanza del tema trattato facevano sperare in un utile contributo del rapporto appena pubblicato al nuovo Piano Socio-Sanitario. Purtroppo così non è.

Il Rapporto 2018 è ben scritto e adeguatamente supportato  da riferimenti normativi, dati e grafici, ma purtroppo si tiene lontano, troppo lontano, da alcune questioni di fondo quali il ruolo dei Distretti Sanitari (immagino che lo stesso valga anche per gli Ambiti Sociali Territoriali, su cui ho però meno familiarità ed esperienza), le risorse di cui dispone, le attività che svolge e  i risultati che ottiene.

Il livello distrettuale è uno dei tre livelli di erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza assieme all’Ospedale ed alla Prevenzione. E’ il livello in cui si concentrano nelle Marche un numero altissimo di criticità documentate, alcuni delle quali ripescheremo adesso da precedenti articoli.  A livello di erogazione dei LEA ricordiamo solo queste tra le tante: 

  1. forte carenza dei servizi territoriali in genere con una bassa copertura da parte dell’ADI e una offerta residenziale e in generale dell’area della post-acuzie inadeguata con una enorme difficolta nella dimissione protetta;
  2. forte carenza di servizi nell’area delle fragilità come quella della salute mentale, delle dipendenze patologiche, della disabilità cronica e delle demenze (e la assenza di un Piano Regionale Demenze vero);
  3. assenza di un progetto di odontoiatria pubblica;
  4. la pratica scomparsa dei consultori;
  5. la fortissima carenza della fase riabilitativa in tutti i PDTA importanti che la prevedono o potrebbero prevederla anche a livello territoriale.

Dal punto di vista del funzionamento dei processi di sistema si segnalano e documentano a livello territoriale: 

  1. la pratica assenza di un sistema informativo comprensivo di una reportistica commentata su: assistenza domiciliare, assistenza residenziale, servizi per la salute mentale, servizi per le dipendenze patologiche, …;
  2. la spesa elevata per farmaci;
  3. l’assenza di sistemi di monitoraggio di reti cliniche e PDTA, pure previsti nei relativi atti anche a livello territoriale;
  4. una arretratezza nei modelli organizzativi (e prima ancora culturali) della assistenza sanitaria di base con una integrazione ancora debole al suo interno della medicina generale (a fronte di accordi sul piano teorico avanzatissimi);
  5. gravi ritardi nello sviluppo dei modelli organizzativi in grado di sviluppare l’autonomia e la responsabilità delle nuove professioni, dentro e fuori gli ospedali (vedi la storia dei dipartimenti delle professioni);
  6. grave ritardo nel Piano Regionale Cronicità;
  7. committenza nei confronti dei privati contrattualizzati che operano a livello territoriale migliorabile. 

Che molti di questi problemi siano riconducibili ad un ruolo di fatto incerto dei distretti e ad una loro debolezza strutturale in termini di personale assegnato lo sanno tutti nelle Marche.  Questo a dispetto, bisogna dirlo, della vivacità culturale di chi vi opera. Non è un caso che la CARD (la società scientifica che riunisce gli operatori dei distretti) abbia sempre avuto nelle Marche una delle sedi regionali più attive.

Bene, di tutto questo nel Rapporto 2018 non c’è niente. Quindi inutile cercarci più di tanto  dati utili per una riflessione critica in vista del Piano sulla assistenza territoriale e distrettuale in particolare. In compenso, il rapporto (che è stato alimentato dalla intervista ai Direttori di Distretto Sanitario e ai Coordinatori di Ambito Sociale) fornisce (bene) dati e spunti ad esempio sull’integrazione tra servizi sanitari e servizi sociali, sul rapporto con il Comitato dei sindaci, sugli Uffici di Coordinamento delle Attività Distrettuali (UCAD) e sugli Uffici di Piano degli Ambiti Sociali Territoriali, sulle modalità  di accesso ai servizi, sulla difficoltà di  rendere operativi con modalità omogenee le Unità Operative Sociali e Sanitarie, sulle caratteristiche geografiche e demografiche di  distretti ed ambiti ed altro ancora.

Ma, per riprendere il titolo, la faccia dei servizi territoriali con le risorse di cui dispongono, le attività che erogano ed i risultati che ottengono dal Rapporto non si vedono. E questo non è un limite da poco. 

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