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Tanto tuonò nel 2017 che non piovve mai!

Possiamo sintetizzare così la storia della “strana” delega alla sanità conferita nel 2017 al Consigliere regionale, nonché Presidente della Commissione Sanità, Dott. Volpini, dal Presidente della Regione Marche, con la “vera” delega alla salute ed ai servizi sociali e conclusasi pochi giorni fa, con la remissione della stessa da parte del Consigliere.

Si, strana: dopo aver letto di delega anomala, ibrida ci sia consentito di poter parlare di delega strana: poco chiara, specie con riguardo ai poteri, effettivi e concreti, connessi all’esercizio della stessa.

E infatti, leggendo le dichiarazioni del Consigliere Volpini apparse sulla stampa, è lo stesso ad affermare che “dopo un anno e mezzo, forse per mia incapacità, non c’è stata efficacia di azione politica”.  

Ed è su questa ultima parte che occorre riflettere, che si invita la Regione, il Presidente della Regione con delega alla sanità, a riflettere, per un decisivo cambio di rotta per la sanità marchigiana: riflettere sul fatto che “non c’è stata una efficacia di azione politica”.

La politica sanitaria, quella che traccia e definisce, tra l’altro, la vision e la mission del sistema sanitario e socio-sanitario che si vuol realizzare: stiamo parlando così anche del Piano Socio Sanitario Regionale.

L’ultimo approvato qui nelle Marche è scaduto nel 2014 (checché se ne dica o se ne pensi sull’uso del termine scaduto) e ad oggi siamo ancora in attesa del prosieguo dei lavori per il nuovo piano, dopo un primo/preliminare avvio degli stessi durante la scorsa estate.

Più e più volte in tutti questi anni, precisamente dal 2015, ovvero dall’insediamento della nuova Giunta Regionale, Cittadinanzattiva delle Marche, attraverso anche la sua rete regionale del Tribunale per i Diritti del Malato, ha scritto, chiesto e sollecitato, anche su stampa nazionale, l’avvio di un percorso partecipato volto alla realizzazione del nuovo Piano Socio Sanitario Regionale, consapevoli che il piano non è solo uno strumento di programmazione dei servizi sanitari e socio sanitari ma anche e soprattutto un formidabile strumento (se ovviamente ben costruito) di verifica e monitoraggio continuo della governance sanitaria regionale.

E mentre attendiamo che qualcosa di nuovo accada quanto al prosieguo dei lavori del nuovo piano sanitario, quello che accade è la rinuncia alla “strana” delega da parte del Dott. Volpini.

Un atto, un gesto inevitabile per Cittadinanzattiva delle Marche: del resto ci si domanda quale è il senso di avere una delega che di fatto non delega? Un non senso di cui la sanità marchigiana non ha sicuramente bisogno.

Pertanto, con l’auspicio che il Consigliere Volpini prosegua nel suo percorso di Presidente della Commissione Sanità regionale, quello che chiediamo al Presidente della Regione, Dott. Ceriscioli, e di evitare di ri-conferire la “strana” delega ad altri: la sanità, i cittadini delle Marche non hanno urgenza di deleghe ma di sanità, salute e servizi rispondenti ai bisogni; insomma fatti, non deleghe.

Cittadinanzattiva delle Marche / Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva delle Marche

Il segretario regionale
Avv. Monia Mancini

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  • Questo commento non è stato pubblicato.
    Roberto Amici · 15/10/2018
    Forse troppo competente? E’ l'interrogativo che mi sono subito posto sul dr. Volpini. Del resto è lo stesso che mi ero fatto sul caso del prof. Di Stanislao. E i competenti hanno spesso una abitudine non gradita a chi comanda: dissentire in modo argomentato e proporre correttivi agli errori. Di gran lunga preferiti sono gli in/competenti che invece preferiscono offrire il loro incondizionato consenso ai potenti senza argomenti e l’entusiastica adesione anche a scelte sbagliate o inutili o quanto meno discutibili. Forse per far carriera? E la competenza è di frequente accompagnata da un’altra virtù negletta: l’umiltà, che spinge i competenti non a cercare lo spot in TV o sul giornale ma a lavorare duramente per raccogliere risultati, dopo aver studiato duramente per raccogliere dati. Invece vincono, convincono e appaiono gli igno-arroganti (i “no-dati”). Anche in Sanità. Accade poi che alcuni competenti accettino consulenze a titolo gratuito. Peraltro è quello che fanno i moltissimi del mondo del volontariato (intendo: lavorare gratis, anzi, con dei costi personali anche economici), non pochi dei quali sono più competenti di molti “com-potenti”. Ho sentito uno di questi ultimi (i “com-potenti”) un giorno dare con davvero sottile ironia del “seminarista” al prof. Di Stanislao (ovviamente in sua assenza), pensando fosse solo dedito a fare “seminari”. Arrogante e ignorante: perché arrogante potrebbe capirlo perfino lui; ignorante perché ha dimostrato ai molti presenti (il mondo del volontariato) di non sapere quanto Di Stanislao abbia studiato, scritto, rappresentato ed anche e soprattutto fatto nella sanità. Non solo marchigiana. Mi chiedo anche però, cari Claudio, Monia e Remo, se sia giusto che i competenti lavorino gratis. Per una serie di ragioni. La principale è che l’assenza di retribuzione fa credere che quel lavoro non valga nulla, in un contesto sociale in cui il denaro, il successo, l’apparenza, l’ “igno-arroganza” appunto, la fanno da padroni. E naturalmente ai competenti gratuiti non sono dati gli strumenti, i mezzi, gli spazi, le persone (sorpresa! Questi non sono gratuiti) per fare quello che, con qualche cedimento alla società dell’apparenza e della rappresentazione, era comunicato ai cittadini. Perché dunque meravigliarsi dei passi indietro di gente in gamba? Eppure. L’epidemiologia, il sistema informativo, i tempi e le liste di attesa, la valutazione delle tecnologie, i percorsi assistenziali, l’appropriatezza delle prestazioni e delle prescrizioni, il rischio clinico, l’assistenza socio-sanitaria, la presa in carico post-dimissione, le strutture territoriali, la salute mentale, la sicurezza nei luoghi di lavoro, il rischio clinico, la trasparenza, l’inquinamento ambientale, l’accreditamento e l’autorizzazione, la sostenibilità, la formazione, l’ “eccellenza”, troppo spesso evocata a sproposito (ed altro ancora), sono problemi complessi, in molti casi interagenti fra loro, per affrontare i quali è necessaria un’alleanza di intelligenze, di competenze, di professioni, di discipline che, cari Claudio, Monia e Remo, voi sapete bene che esistono. Fra gli operatori, fra i cittadini e le loro associazioni; anche fra i rappresentanti eletti nelle istituzioni e i tecnici scelti per dirigere le aziende io sono sicuro che, a ben cercare, esistano: nessuno però si deve sentire primadonna o capace di risolvere da solo una costellazione di questioni così grandi (“non esistono soluzioni semplici per problemi complessi” “o, se si crede esistano, sono sbagliate”). Solo un impegno collegiale, umile (sic), prudente, lento ma continuo, sulla base di grandi visioni strategiche e concreti progetti specifici può farci camminare nella direzione giusta. Le risorse ci sono, se il Palazzo vuole davvero raccoglierle. O vuole accontentarsi di improvvisati ed isolati “esperti” (magari anche ben retribuiti) che mostrano sempre una gran fretta e pretendono che tutti corrano, ai loro ordini naturalmente, molto molto velocemente, senza però saper bene dove, come e per fare cosa. Come fecero l’ammiraglio Persano a Lissa (non lontano da Ancona nel 1866) o la “catena di comando” Capello-Cadorna-Badoglio nel 1917: la storia e le tecniche organizzative aziendali possono insegnare molto a proposito. Certo: è necessario leggerle, studiarle, comprenderle ed applicarle per evitare sonore sconfitte. Se impareremo tutti, operatori, manager, amministratori, cittadini a farlo insieme qualche speranza di miglioramento credo ci sia.
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