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Breve premessa di glossario. In italiano noi usiamo il termine governo, quello c’era e quello è rimasto. Dal mondo anglosassone c’era government (esattamente l’equivalente del nostro governo), poi è arrivata anche la governance (ad esempio la clinical governance nel nostro mondo). E questa in italiano come la traduciamo? Non traduciamola, o almeno io qui non lo faccio. Accettiamo che con governance ci si riferisce ad una modalità di governo più partecipata, orizzontale ed aperta. Ciò premesso…

In molti contributi del nostro sito e, in particolare, del nostro blog ricorrono costantemente osservazioni e critiche al funzionamento della sanità della Regione Marche. L’elenco di punti di debolezza e criticità si allunga sempre di più e nel kit per gli incontri di piano (Kit per i partecipanti agli incontri per il nuovo Piano sociosanitario delle Marche: istruzioni per l’uso) ce n’è un elenco (peraltro incompleto) che da solo basta per affermare che nelle Marche c’è un serio problema di qualità dell’azione di governo in sanità. Un elenco che riporta sia le criticità nella erogazione dei LEA che nei meccanismi di funzionamento gestionali e programmatori di sistema.

Diventa logico a questo punto chiedersi se questa ituazione sia strutturale e quindi se ci sia qualcosa che spiega questa diffusa (riguardante cioè quasi tutti i settori) e continua (ogni settimana ce n’è una qualche conferma) inadeguatezza.

Prima di andare avanti cosa intendo per inadeguatezza della azione di governo della Regione Marche nel governo della Sanità?
Intendo la incapacità di  ottenere risultati ai migliori livelli nazionali in termini di qualità e quantità di servizi (in particolare nell’area dei servizi territoriali, ma non solo) e la incapacità di guidare il sistema ai migliori risultati assistenziali attraverso processi guidati di costruzione delle reti cliniche, dei PDTA, del Piano demenza, del Piano cronicità, etc (il solito elenco).   Di questa inadeguatezza questo sito dà continua documentazione, come pure analoga documentazione viene fornita dal Gruppo Solidarietà sugli aspetti relativi all’area della integrazione socio-sanitaria.

C’è una interpretazione unificante possibile di questa situazione in cui la regione Marche non sembra riuscire ad esprimere le potenzialità che emergono dal mondo dei servizi e delle professioni dove ci sono eccellenze vere, che nel caso dei professionisti hanno a volte trovato fortuna in altre Regioni (il caso di alcuni infermieri dirigenti è emblematico)?

A mio parere una interpretazione c’è e sta nella scelta politica di governare la sanità con vecchi strumenti e vecchie logiche. Il governo della sanità nelle Marche si esprime, ormai da diversi anni, almeno 10,  nella  mia esperienza, attraverso una azione caratterizzata da:

  1. una logica di tipo gerarchico dove a livello regionale si recepiscono gli obiettivi e gli adempimenti di livello nazionale e li si trasferiscono alle aziende;
  2. una programmazione per atti in cui le decisioni regionali vengono confezionate in modo tale da essere considerate accettabili dal livello centrale (sempre sulla carta) senza però riuscire ad essere trasferibili come dovrebbero nella realtà dei servizi per mancanza di condivisione, finanziamento e monitoraggio;
  3. una grande difficoltà di cogliere gli infiniti elementi di innovazione possibili che derivano dal continuo evolversi dei modelli organizzativi in sanità (un elenco a braccio: telemedicina, piano cronicità, dimissione protetta, presa in carico comunitaria delle demenze, rivisitazione dei modelli culturali ed organizzativi della riabilitazione, medicina molecolare, nuovi ruoli per la figura dell’infermiere, etc). Un esempio che in questo sito viene facile: l’evoluzione del Sistema di Emergenza Territoriale 118 oggetto di un importante contributo nel nostro blog da parte di un professionista a disposizione del sistema, le cui elaborazioni e riflessioni sono da tempo a disposizione di tutti;
  4. una difficoltà a governare l’operatività i tutti i processi che richiedono per definizione un punto di governo centrale (reti cliniche in primis, ma non solo);
  5. la stessa difficoltà di governo si ritrova non casualmente nelle Aziende, quasi mai attrezzate per il governo dei processi interni essendo prive di una funzione strutturata nell’area della qualità/ governo clinico e risk management (tutte facce di una sola funzione);
  6. premessa e conseguenza di tutte queste difficoltà è l’assenza di dati ed informazioni sui processi e risultati di sistema (praticamente su tutti).

In sintesi: il  gigantesco corpo della sanità marchigiana con un bilancio annuale di 3 miliardi di euro, 20.000 dipendenti e un milione e mezzo di cittadini che richiedono una serie infinità di servizi e processi da governare (basti ricordare che tutti i LEA andrebbero erogati con standard di qualità accettabili e vanno dalla assistenza ospedaliera per i trapianti ai servizi domiciliari per l’anziano dimesso clinicamente stabile da un ospedale, ma bisognoso di assistenza infermieristica passando attraverso salute mentale, dipendenze patotogiche, demenze  e tutto l’infinito resto) ha un sistema nervoso centrale e periferico (che dovrebbe decidere le sue azioni e trasmetterle agli organi di competenza) non più adatto ad una specie (la sanità di oggi) molto più complessa.  E cosa serve per adeguare nel tempo il sistema nervoso di questo organismo così complesso, fragile e importante? Servono alcune cose a cui oggi si pensa talmente poco da ritenere non rilevante la assegnazione alla sanità di un assessore dedicato, quasi fosse (cambio metafora) macchina così ben ingegnerizzata da far bastare una sorta di pilota automatico.

Ed ecco alcune di queste cose che servono:

  1. potenziamento dell’assetto centrale della sanità Regionale (Servizio e Agenzia) in modo da coprire in modo adeguato (la scelta delle persone dovebbe essere coerente con questo nuovo ruolo) tutti i principali punti di criticità al momento scoperti (capiamoci bene: temi come la salute mentale, le dipendenze patologiche, il rapporto con i medici di medicina generale, le demenze, … richiedono un punto di riferimento tecnico sanitario centrale in grado di esprimere autorevolezza sul merito e adatto a governare le relazioni esterne sul tema in questione, il che è cosa diversa da farlo figurare in una di quelle interminabili declaratorie dei validissimi colleghi dirigenti regionali);
  2. condivisione con modalità nuove del rapporto con le Aziende in modo da reclutare dalle stesse con modalità da definire i referenti centrali di tutte le problematiche attualmente scoperte (un esempio tra i tanti: chi si interfaccia come e con chi sulla innovazione organizzativa di cui sono potenzialmente portatrici le nuove professioni?);
  3. investimento immediato e forte sul sistema informativo;
  4. inversione sostanziale nell’atteggiamento del livello regionale che spesso molto delibera e poco ascolta, quando dovrebbe avvenire esattamente l‘opposto;
  5. coinvolgimento nuovo dei portatori di competenza e di interesse (vedi finale sulla open governance) .

Le fibre muscolari si potenziano se allenate, ma si atrofizzano se mantenute inattive. Ecco: quelle della sanità regionale alleniamole e non continuiamo ad esaurirle.

Tornando all’open governance del titolo è quello che serve ad una pubblica amministrazione (PA) per passare da burocratica ad abilitante. E’ una governance distribuita  dove dirigenti, professionisti, cittadini, forze sociali  e partner esterni in genere lavorano insieme per ottenere migliori risultati per la comunità. L’organizzazione deve abbandonare una logica verticale a favore di una orizzontale in grado di coinvolgere i diversi attori. Per questo occorre riconoscere e promuovere le reti e le connessioni sociali. La PA  diventa una casa aperta di process e di dati prodotti dai diversi attori e frutto della collaborazione tra questi.

Servivano le elezioni nazionali per capire che questo è quello che i cittadini si aspettano? Serve altro tempo per capire che la sanità è a livello regionale una grande palestra per passare a forme di governance diversa e partecipata?

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    Fabrizio Burzacchini · 12/03/2018
    Caro Claudio, mi permetto di completare, a modo mio, la tua metafora anatomofisiologica: il sistema nervoso centrale ha il compito di elaborare le informazioni che gli giungono dagli altri organi e dall'ambiente esterno e di organizzare le opportune risposte. Ricordo male?
  • Questo commento non è stato pubblicato.
    Fabrizio Burzacchini · 12/03/2018
    Caro Claudio, mi permetto di completare, a modo mio, la tua metafora anatomofisiologica: il sistema nervoso centrale ha il compito di elaborare le informazioni che gli giungono dagli altri organi e dall'ambiente esterno e di organizzare le opportune risposte. Ricordo male?
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