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La torchiatura protratta della voce "personale del servizio sanitario pubblico" ha anche una serie di altre conseguenze, solo apparentemente minori: innalzamento dell'età media e mediana degli operatori, "buco" culturale generazionale tra i molti che sono vicini alla pensione e i pochi che in qualche modo (magari da precari) sono appena entrati, incremento dei lavoratori con giudizio di idoneità limitata alla mansione, inasprimento del clima organizzativo e così via. 

Continuo a segnalare la situazione della prevenzione che, pur meno visibile, non è meno grave di quelle ospedaliera e "dei distretti territoriali", con la specifica di un sistema degli indicatori di attività mai rivisto che tende a distorcere un corretto utilizzo anche delle risorse disponibili. 

Esempio: ai Servizi per la Prevenzione e la Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (SPreSAL o SPSAL, come si vuole), da anni ogni anno si chiede di aver ispezionato una data percentuale delle aziende e una talaltra percentuale dei cantieri edili insistenti sul territorio di competenza (c'è un obiettivo minimo nazionale, alcune Regioni hanno anche alzato l'asticella). Non è stato mai adottato alcun criterio nazionale di pesatura del diverso impegno richiesto dalle diverse tipologie di aziende e di cantieri edili (anche se da circa trent'anni da più parti erano state avanzate proposte compiute in tal senso): per cui, nel computo, una tabaccheria fa "1" esattamente quanto un petrolchimico. Esistono alcuni meccanismi di parziale bilanciamento di questa stortura, che però strutturalmente resta e pesa come un macigno quando, a causa della contrazione delle risorse di personale (vedi sopra), ci si riduce a fare solo le cose obbligatoriamente prescritte da piani e progetti vincolanti: e alla fine magari si fa fatica a fare anche solo quelle. Problema: se quest'anno a lavorare nello SPreSAL siamo in cinque mentre dieci anni fa eravamo in dieci ma "i numeri da fare" (di aziende, di cantieri edili ed altro) sono rimasti gli stessi, cosa mettiamo in scaletta ? Quante tabaccherie, quanti petrolchimici etc. ? Al lettore la soluzione.

Che il problema non sia banale lo attesta anche uno specifico affanno del Coordinamento delle Regioni e Province Autonome, nell'ambito del quale ci sono Regioni che hanno proposto di contare come ispezioni per la sicurezza e la salute dei lavoratori anche attività in sé riconducibili all'assistenza alle imprese: cosa anche questa necessaria e lodevolissima, ma computarla come vigilanza sarebbe come contare assieme pere e patate. Questo perché a "fare i numeri" delle attività di controllo richieste dallo Stato c'è più di una Regione che non ci riesce più.

Da qui al poter parlare di prevenzione efficiente, efficace ed equa, la strada da fare risulta sempre più lunga, tortuosa e sconnessa. 

Il vigente Piano Nazionale della Prevenzione, poi articolato in tutti i vari Piani Regionali della Prevenzione, doveva coprire gli anni dal 2015 al 2018 compresi; è stato prorogato a tutto il 2019. Il 2019 dovrebbe servire anche a costruire i nuovi Piani della Prevenzione, quelli che dovrebbero coprire dal 2020 in avanti. Quindi dovrebbero generarsi velocemente delle strategie di Sanità Pubblica "alte" e queste dovrebbero basarsi su informazioni adeguate riguardo allo stato di salute della popolazione, ai determinanti di malattia e infortunio, a una valutazione di efficacia, o meno, delle esperienze già condotte ... e poi dovrebbero esserci cultura e persone adeguate per arrivare a dei risultati.

Intanto aspettiamo il piano: magari lì ci sarà una prima risposta...

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