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Un interessante servizio di Milena Gabanelli, che cura la rubrica Dataroom, sul business del trattamento chirurgico del mal di schiena invita a fare alcune riflessioni.

Il servizio segnala in generale  comportamenti potenzialmente opportunistici di alcune  strutture private (che privilegiano spesso  le prestazioni di ricovero con maggiore margine di guadagno, tanto sull'appropriatezza rispondono i medici e non le strutture!), ma in realtà evidenzia la grave mancanza di una funzione propria della Aziende sanitarie locali: la committenza, ovvero il ruolo di indirizzo sulla produzione delle strutture ospedaliere pubbliche o private verso i bisogni dei cittadini. In area chirurgica, che è quella che qui più ci interessa, in mancanza di una tale funzione, in capo, a seconda delle varie realtà, ai  Direttori  di Distretto e/o a veri e propri Uffici Committenza , l'ospedale pubblico o privato produce quello che i suoi professionisti sanno fare o ritengono di saper fare meglio (magari con una significativa attività libero-professionale collegata) e nel caso del privato si tende a preferire quello che dà maggiore margine di guadagno... Per queste attività che gli ospedali promuovono il rischio è che i cittadini paghino per accedere, mentre per le altre "trascurate" il rischio è che i cittadini debbano aspettare o migrare o andare dal privato pagando di tasca propria, come sta avvenendo sempre più per la cataratta. 

Il servizio della Gabanelli riguarda la chirurgia del mal di schiena ed evidenzia alcuni fenomeni significativi: si tratta di una produzione soprattutto a carico dei privati e dove questi ne fanno di più la popolazione sembra fare molti più interventi rispetto alla media delle altre Regioni dove la pressione del privato è inferiore. Legittimo chiedersi se tutti questi interventi siano strettamente necessari o non sia la presenza di medici specialisti nel settore a far crescere la frequenza degli interventi attraverso una estensione delle indicazioni al di là di quello che fanno ad esempio le strutture pubbliche. Purtroppo, la storia di un uso disinvolto della chirurgia per aumentare l budget  delle strutture privare ha una lunga e brutta storia in Italia. Nel caso specifico della Gabanelli c'è qualcosa da approfondire e comunque le Marche non sono tra le Regioni più interessate, anche se - a ben vedere - essendo questo tipo di interventi concentrato in poche strutture (che effettuano a volte anche interventi sul midollo meritevoli pure di approfondimento) una occhiata varrebbe pure una  pena di darla (io l'ho fatto con SDO Vision, di cui parleremo tra poco). 

Adesso ci poniamo invece un'altra domanda: nelle Marche è successo qualcosa di analogo con altre attività chirurgiche o potrebbe succedere? E in ogni caso come si potrebbe fare a verificarlo ed a prevenirlo?

Premettendo  che il peso del privato con rapporto contrattuale che produce attività chirurgica nelle Marche è relativamente scarso, c'è comunque il rischio che questa produzione abbia problemi di appropriatezza e non valga quel che costa al SSR. Rischio superiore a quello posto dalla produzione delle strutture pubbliche per i motivi che seguono:

a) la produzione delle strutture pubbliche ha un doppio vincolo: quello del tetto di spesa per la produzione compreso quello del personale e la pratica impossibilità di sospendere le linee di attività meno convenienti per dare spazio a quelle più  convenienti (tanto più che le strutture pubbliche sono solo in parte finanziate a produzione);

b) la produzione delle strutture private ha vincoli di budget per i residenti in Regione, ma spesso per i residenti fuori Regione non ce l'ha. Inoltre le strutture private hanno molta facilità a chiudere linee di attività poco convenienti (come è  diventata la cataratta, ad esempio) per potenziare quelle convenienti magari approfittando di un pensionamento di un chirurgo di valore proveniente dalle strutture pubbliche specialista nella chirurgia del... Inoltre, il privato può trovare veri e propri filoni aurei, in attività chirurgiche a basso costo e concentrabili in larga quantità in poche sedute dedicate (questo vale molto per alcuni intervemti ortopedici minori e in passato per alcuni trattamenti oculistici). In questi casi i costi di produzione sono bassi, ma i corrispondenti DRG risultano tanto più remunerativi quanto più la produzione è a catena di montaggio (qualche caso c'è).

E' quindi nel privato che esistono maggiori presupposti per orientare la produzione non in funzione dei bisogni, ma della remuneratività  (il che, diciamolo subito, è logico dal punto di vista del privato e legittimo se non ci si da regole esplicite di indirizzo e controllo).

Una parola ancora sulla produzione in mobilità attiva dei privati. E' talmente aumentata negli ultimi anni in alcune Regioni (non le Marche) che d'ufficio l'incremento di valore della produzione del privato rispetto allo storico è stato d'ufficio a livello nazionale  abbattuto del 50%. Ma su questo torneremo magari in altra sede.

Tornando invece adesso alla produzione chirurgica delle strutture sia pubbliche che private (nella consapevolezza che sono queste ultime quelle a maggior rischio) come si fa ad accorgersi di potenziali anomalie?

Ci si riesce abbastanza facilmente avendo alcuni accorgimenti.
Primo: limitare al massimo i controlli campionari. Ancorchè previsti dalla norma nazionale poi ripresa a livello regionale non servono a molto e prendono un sacco di tempo. Si tratta di una sorta di pesca miracolosa a caso, quando la scelta migliore è andare in cerca dei picchi di produzione anomali, dove il rischio di inapropriatezza è più alto. Questi picchi cosa sono e come si trovano? Facile. Si prende la produzione dell'ultimo anno di ciascuna struttura e la si analizza mettendo in ordine di frequenza e valore i DRG chirurgici prodotti e si vede come la stessa produzione è andata negli ultimi anni. Poi si risponde a due domande: c'è qualche produzione in forte aumento e questa produzione è diffusa negli altri ospedali o si concentra in questa struttura? E' quel tipo di produzione, forte in qualche struttura e rara in altre e pure in forte aumento, che si celano le maggiori insidie in termini di inappropriatezza.

E in cosa potrebbe consistere questa inappropriatezza? Ce ne sono varie forme:

a) la prima: si eroga la prestazione al livello organizzativo più conveniente (ambulatorio, day hospital, regime ordinario di uno o più giorni). Conoscendo il tariffario e facendo il confronto tra più strutture si vede subito se c'è qualche  anomalia (l'area dermatologica si presta molto ad esempio: quasi tutto andrebbe fatto in ambulatorio);

b) la seconda: si codifica il ricovero portandolo al DRG più conveniente o forzando le complicazioni o usando un codice prestazione che attribuisce l'intervento al tipo di DRG più pesante e quindi di maggior valore rispetto a quello  che si merita. Ciò avviene spesso quando si fanno interventi con nuove tecniche che non trovano riscontro nei manuali di codifica. Si usa allora una  codifica che già c'è e di solito si usa per un tipo  di intervento più complesso. O se ne usa una generica che ha lo stesso effetto. Risultato: chirurgia leggera nei costi di produzione  e DRG pesante al momento del rimborso;

c) la terza: si è poco selettivi nelle indicazioni e si fa su larga scala quello che forse andrebbe riservato ad una casistica più limitata. E' quello  che la Gabanelli ha documentato.

Se chi controlla la produzione anzichè andare a pesca tra le cartelle alla ricerca di casi anomali, prima identifica lo stagno più potenzialmente pescoso costituito dalle produzioni caratterizzanti a rischio, le potenziali anomalie potrebbero cominciare a venire fuori. 

A tutto  questo un rimedio c'è: la produzione chirurgica dei privati con rapporto contrattuale dovrebbe essere  concordata quanto a  tipologia, volumi, livello di erogazione e criteri di codifica. I controlli a questo punto sarebbero facili ed orientati. Il privato, che è fatto nelle Marche di brava gente, lo accetterà senz'altro. Difficilmente però te lo proporrà.

Col prossimo piano vogliamo parlare anche di questo? Intanto facciamo circolare dei dati? Il programma SDO VISION che consente a tutti sulla produzione di ricoveri nelle Marche di fare delle verifiche ha i dati fermi al 2015 e oltretutto ha tolto quelli in mobilità passiva (perchè?).
No dati, no controlli, no committenza: lo sappiamo sì?

Per i meritevoli arrivati fino alla fine: provate con SDO VISION a guardare i dati 2015 (gli ultimi disponibili, lo ripeto). Fior da fiore: una struttura di un particolare tipo di intervento ortopedico ne ha fatti  più di 2000, un'altra ha fatto 150 ricoveri per malattie dell'osso e artropatie specifiche senza complicanze, un'altra 90 interventi maggiori su intestino crasso e tenue, un'altra più di 500 interventi per una miscellanea di interventi su orecchio, naso, bocca e gola, un'altra più di 300 per ernia inguinale e femorale più altri 100 su ano e stoma, un'altra quasi 200 ricoveri per altre diagnosi del sistema muscolo scheletrico e del tessuto connettivo, un'altra ben oltre 100 interventi di chirurgia oncologica urologica. Qui mi sono fermato. Probabilmente tutte attività di eccellenza o comunque giustificate. Però intanto diamogli una occhiata, a queste come alle tante altre produzioni da considerare anomale fino a quando la corrispondente natura non è stata approfondita quanto a indicazioni cliniche e adeguatezza del riconoscimento tariffario.
E se fosse produzione erogata soprattutto in mobilità attiva?  
Non cambia niente: quando si parla di appropriatezza non far fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te.  

 

 

 

 

 

 

 

 

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