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Roberto Burioni? Sì proprio lui. Mi è parso interessante sentire cosa ne pensa del rapporto tra scienza e politica chi è diventato, praticamente senza volerlo, attraverso i social uno degli scienziati  italiani più  popolari. Popolarità legata soprattutto alla lotta contro l’ignoranza con cui troppo spesso si parlava (e si parla) di vaccini e alla sua grande capacità comunicativa e divulgativa. Che passa anche attraverso la scelta di espressioni forti come quelle del titolo del suo ultimo libro “La congiura dei somari. Perché la scienza non può essere democratica”. Ma queste sue capacità io le conoscevo da tanto perché Roberto è marchigiano e, soprattutto, è mio cugino.  Per essere precisi cugino di secondo grado. Ma oggi non lo facciamo parlare di vaccini, ma di sanità pubblica e delle Marche.

Chi: Roberto Burioni, medico, scienziato e divulgatore. Di origine marchigiana lavora all’Università Vita-Salute  San Raffaele di Milano dove è professore di Microbiologia e Virologia. Ha anche lavorato alcuni anni presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Ancona tra il 2000 e il 2004.

Cosa: il rapporto tra scienza e politica e altro ancora (radici marchigiane, formazione dei medici…)

Perché: la discussione sulla politica vaccinale, in cui Roberto ha sui social e nell’editoria un ruolo da protagonista, ha fatto emergere il legame forte tra competenza tecnica e competenza politica. Legame che non riguarda solo i vaccini.

Roberto questa intervista comparirà in un sito con annesso blog dedicato alla sanità pubblica marchigiana. E quindi cominciamo dalle Marche. Che legame ti è rimasto con la nostra Regione?

Un legame fortissimo perché le Marche sono la casa degli affetti più cari e costituiscono per me anche il luogo delle vacanze, visto che ci passo regolarmente il mese di agosto da quando è nata mia figlia Caterina Maria. E’ il luogo che considero “casa mia”!

Il punto centrale del tuo approccio ai vaccini e più in generale alle questioni scientifiche è - semplificando molto - che prima della democrazia serve la competenza. Pensi che questo possa valere in qualche modo anche per le politiche sanitarie in generale oltre che per quella vaccinale?

Certamente, le politiche sanitarie non possono prescindere dalle evidenze scientifiche. Ci sono scelte che sono eminentemente politiche, ma devono comunque basarsi su solide basi e non sulla menzogna.

Sei stato, così hanno scritto, blandito dalla politica per partecipare come candidato alle elezioni. Che opinione ti sei fatto sul rapporto tra politica e tecnica con particolare riferimento ai temi della salute?

La salute è un argomento che ha un fortissimo contenuto emotivo, trascina le persone ed è facile avere la tentazione di sfruttarlo non sempre nel modo più corretto. Ma non si può giocare con la vita dei cittadini, perché alla fine le scelte sui temi della salute hanno un impatto profondissimo sul nostro benessere, e quindi su tutte le altre libertà.

Come vedi a 40 anni dalla sua istituzione il Servizio sanitario nazionale italiano? Ti sembra in crisi come modello confrontandolo con quello di altri paesi?

Faccio mie le parole del mio carissimo amico Marco Ferrari, uno scienziato italiano che è il vicepresidente di uno dei più importanti gruppi ospedalieri statunitensi, il Methodist Hospital System: è un gioiello che ci dobbiamo conservare, ma troppo eterogeneo nella qualità da un luogo all’altro del Paese.

Tu hai vissuto grazie al "babbo" medico condotto a Fermignano  la medicina di una volta. Pensi che quella medicina vada in qualche modo recuperata e valorizzata?

La medicina è legata alla scienza ed è cambiata drammaticamente. Il medico che curava tutto, o quasi, non esiste più; non dobbiamo lamentarci perché alla fine si vive meglio e più a lungo, però i malati sono rimasti gli stessi, con il loro dolore, con le loro paure. Il medico “di una volta” riusciva a stabilire con loro un rapporto di fiducia reciproca che in parte si è perso e che dovremmo fare di tutto per ricostruire. Sarebbe un bene sia per noi medici, sia per i nostri pazienti. 

Che spazio viene dato nella formazione universitaria a questo tipo di pratica medica molto centrata su quello che una volta (ai tempi in cui si davano i ricostituenti) si chiamava rapporto umano?

E’ fondamentale, tra le attività cruciali della mia Università c’è l’insegnare ai futuri medici un profondo rispetto per la persona umana, con una conoscenza approfondita delle questioni bioetiche sui grandi problemi della vita e della sofferenza.

(Pen)ultime due domande che riunisco: quando ti candidi  e perchè non ti candidi nelle Marche? 

Le elezioni ci sono appena state, speravo di non dovere rispondere così presto a questa domanda! 

Ultima domanda. A proposito di anniversari. Quest'anno oltre ai 40 anni del Servizio Sanitario Nazionale (e a molte altre cose come i 50 anni dal '68, i 20 di Google, ecc) si celebrano i 150 anni dalla morte del tuo amato Gioacchino Rossini. Sarai al festival dall'inizio alla fine?

Certo!

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