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La trasparenza è sicuramente una delle dimensioni che le pubbliche amministrazioni dovrebbero presidiare con maggiore attenzione. Ci sono infiniti riferimenti normativi e culturali, ma mi limito a rimandare ad un documento della Camera (quella Camera!). I principi alla base della teoria e della pratica della trasparenza dovrebbero essere (parole mie)  quelli di mettere in condizione i cittadini e le loro diverse forme di espressione di essere informati rispetto ai processi decisionali più significativi. In questo i modo i cittadini e chi li rappresenta possono vigilare e partecipare all’azione di tutela (nel nostro caso) della salute pubblica. In molti casi solo con la trasparenza si possono spiegare i cambiamenti che si intendono adottare e farli accettare perlomeno alla maggioranza degli interessati, siano essi cittadini (e loro associazioni) o operatori ( e loro associazioni).

Propongo due modalità concrete di fare (o non fare) trasparenza a livello di sanità regionale: rendere disponibili i dati e le analisi  che supportano le scelte più importanti e rendere accessibili i documenti con cui si monitora l’azione regionale in sanità. Farò due esempi: uno riguarda la questione degli Ospedali Unici e l'altro il questionario LEA che la Regione invia al Ministero.

Trasparenza e ospedali unici

Prendiamo per primo il caso degli Ospedali Unici. Ne abbiamo parlato più volte sia rappresentando l’esigenza di motivarne adeguatamente la costruzione e l’impatto che descrivendo i rischi di una applicazione opportunistica del DM 70/2015. Ci sono brave persone che  si oppongono alla unificazione degli ospedali perché la loro costruzione vorrebbe dire la trasformazione dell’ospedale della comunità che quei cittadini vogliono difendere. Questi cittadini non possono essere considerati a priori nemici del progresso, ma vanno correttamente informati delle analisi che hanno portato alla scelta dell’ospedale unico  al posto degli attuali ospedali (facciamo conto quelli di Ascoli Piceno e di San Benedetto, quelli di Macerata e Civitanova Marche e così via). Il tema è di una delicatezza tale che è legittimo aspettarsi analisi e dati a robusto supporto della decisione di fare l'ospedale unico. A titolo di esempio uno si aspetterebbe di avere a disposizione: una analisi comparativa della produzione dei due ospedali “unificandi” negli ultimi anni, la disponibilità di personale delle diverse qualifiche e le relative carenze nei due presidi, lo stato delle loro tecnologie e della loro struttura, gli esiti clinici nei due presidi in base al Programma Nazionale Esiti, e così via.

Di tutto ciò per questi nuovi ipotetici Ospedali Unici delle Marche non c’è quasi nulla e quei bravi cittadini si affannano alla ricerca da soli dei dati che  dovrebbero aver  portato alla scelta dell’Ospedale Unico. In assenza di dati che giustifichino la decisione dell'Ospedale Unico, visto anche che spesso questi ospedali sono privi di finanziamento e quindi necessariamente richiedono il coinvolgimento dei privati (secondo modelli che vanno di solito sotto il nome di project financing, modello che non piace a molti), è impossibile evitare che il nuovo ospedale venga visto da molti come una iniziativa immobiliare più che sanitaria e quindi visto "male".  Ovviamente portando in confronti pubblici dati ed analisi e rendendo disponibili gli uni e le altre sui siti istituzionali sarebbe infinitamente più semplice convincere i cittadini, o almeno molti di essi, della bontà della scelta dell'Ospedale Unico. Non pare complicato. Ma non avviene e quindi giustamente i cittadini protestano. 

E questa asimmetria informativa  (la Regione “sa”, ma fa in modo che gli altri non sappiano) è presente spessissimo nella sanità di questa Regione (magari anche in altre, ma alle altre siamo meno interessati) e non solo  sul tema degli Ospedali Unici. Altri esempi? Lo stato delle reti cliniche, lo stato delle cure primarie, lo stato dei processi di continuità ospedale-territorio, l’andamento della mobilità sanitaria, lo stato dei servizi nell’area della salute mentale e della neuropsichiatria infantile, il livello di operatività dei PDTA (ormai basta l’acronimo) …

In assenza di dati e di analisi ti dovresti fidare di quello che la Regione dice o scrive, ma come fai a fidarti di una Regione  che non ti fa  accedere ai dati che lei certamente ha (anche se magari non li elabora), ma non rende disponibili. E se non hai questi dati e queste analisi che ci fai dei siti sull’amministrazione trasparente di Regione ed Aziende ricchi di informazioni sui procedimenti amministrativi, ma vuoti sul versante delle informazioni sulle scelte sanitarie più importanti?

Trasparenza e questionario LEA

Adesso ci viene buono il secondo esempio: il questionario LEA con cui la Regione rappresenta la nostra sanità al Ministero. Lo abbiamo già raccontato più volte: il questionario LEA riporta una serie di dati ed informazioni in base ai quali il Ministero valuta la performance delle Regioni. Ma oltre al Ministero sono interessati anche i cittadini e gli operatori che grazie al questionario potrebbero sapere “come stiamo messi” come sanità regionale e grazie alla valutazione del Ministero potrebbero  sapere se “siamo messi bene o male”. I cittadini - è ovvio, ma come vedremo non scontato - dovrebbero contare sulla validità  delle informazioni date dalla Regione e sulla affidabilità delle verifiche fatte  dal Ministero.

La documentazione su tutto questo (questionario compilato dalla Regione e sua valutazione da parte del Ministero) non è disponibile  tanto che per averne copia ho fatto un accesso agli atti presso  il Ministero, accesso di cui vi ho già parlato qui nel blog. A proposito: è proprio la normativa sulla trasparenza che consente di fare queste richieste.

Il  Ministero ha risposto inviando solo parte del materiale richiesto limitando la “consegna” ai due questionari compilati dalla Regione per gli anni 2016 e 2017 e alla valutazione fatta al Ministero sul questionario 2016. Estrapoliamo da questa documentazione due punti: quello riguardante i PDTA attivi nella Regione Marche e  lo stato delle cure primarie sempre nella Regione Marche.

Cominciamo dai PDTA. Nel questionario 2017 ne risulterebbero attivi nelle Marche oltre 20 tra quelli regionali e quelli aziendali. E su tutti la Regione avrebbe fatto -sempre secondo il questionario - una azione di monitoraggio. Tra i PDTA (teoricamente) operativi ricordiamo quelli su ictus, trauma grave,  scompenso cardiaco, ecc. Per definizione un PDTA operativo documenta i suoi risultati, ma in rete i risultati di quelli marchigiani non si trovano. Non nei siti istituzionali della Regione Marche come quello dell’Agenzia (che ha un’area PDTA praticamente vuota), ma nemmeno in quelli delle Aziende. Delibere ne trovi quante ne vuoi, ma verifiche sul campo non risultano essere state fatte. E quindi i PDTA sono il più delle volte  (almeno per ora)  un po' più che delle intenzioni, ma molto meno che dei progetti. E un PDTA per definizione deve essere un progetto. 

Quanto alle cure primarie si trova scritto quanto segue nella valutazione ministeriale del questionario della Regione Marche relativo all’anno 2016:

Per l’anno 2016 la Regione (Marche, ndr)conferma l’assetto organizzativo dell’assistenza territoriale già descritto negli anni precedenti che ha visto l’attivazione di 56 equipe territoriali monoprofessionali riconducibili alle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) e  21  Case della Salute riconducibili alle Unità Complesse di Cure Primarie (UCCP). E’ altresì confermata la realizzazione  di ulteriori 13 Case della salute e l’attivazione di altrettanti Punti unici di accesso (PUA). Nell’ottica di dare seguito all’implementazione della riorganizzazione dell’assistenza territoriale secondo la normativa vigente, inoltre la Regione con la DRG n. 746/2016 prevede la gestione, da parte dei medici di medicina generale, dei posti letto di cure intermedie degli ospedali di comunità e con la DGR n. 308/2017 fornisce le indicazioni volte all’implementazione delle forme associative complesse della medicina generale che avverrà a seguito della sottoscrizione del nuovo ACN.

In pratica da questo giudizio si capisce che la Regione Marche nel questionario compilato per il Ministero ha:

  • assimilato le equipe territoriali monoprofessionali alle Aggregazioni Funzionali Territoriali del DM 70/2015 e le Case della Salute alle cosiddette Unità Complesse di Cure Primarie sempre del DM 70/2015 (assimilazioni davvero forzate, forzatissime);
  • dato conto della realizzazione complessiva a regime di 34 Case della Salute e di 13 Punti Unici di Accesso;
  • annunciato la gestione da parte dei medici di medicina generale dei posti letto di cure intermedie degli ospedali di comunità.

Purtroppo la realtà è ben diversa:

In sintesi, la Regione Marche dà al Ministero una presentazione "ottimistica" dei suoi assetti organizzativi basandoli sulla documentazione  cartacea, visto che nella traduzione pratica ci sono gravi ritardi. La Regione non rende accessibile la documentazione sul questionario LEA puntando ancora una volta sulla asimmetria informativa prima descritta (la Regione ha i dati e gestisce in proprio senza renderne alcun conto i rapporti con il Ministero) . Magari al Ministero, almeno  in questa fase, basta la produzione di documenti, ma ai cittadini e ai professionisti non può certo bastare.

Morale della favola

La trasparenza non ha a che fare solo con la lotta alla corruzione nei procedimenti amministrativi, ma anche con il buon governo della programmazione, buon governo  che richiede trasparenza nei processi decisionali e accessibilità di dati e documenti a supporto degli stessi. Senza trasparenza non c’è possibilità di governo partecipato e quindi non c’è possibilità di  cambiamenti condivisi. La Regione Marche ha tanta strada da fare nel percorso verso la "vera"  trasparenza, ma non all’indietro come fa a volte (vedi ad esempio  l’ultimo  Piano Regionale della Performance di recente commentato in questo blog) quando nasconde dati che prima rendeva disponibili.

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