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Nessuno degli attuali Direttori Generali avrebbe il benché minimo problema a passare attraverso la procedura prevista dalla nuova regolamentazione nazionale per la nomina dei Direttori Generali: i loro curriculum parlano chiaro! Eppure si è scelto di non applicare una norma (che esiste da ben due anni per una scadenza nota da tre) che voleva rappresentare un segnale di maggiore separazione tra politica e vertici delle Aziende Sanitarie: perchè?

La cosa più grave delle DGR 991/18 (proroga delle Direzioni Generali degli Ospedali Riuniti di Ancona , Marche Nord e ASUR) e DGR 798/18 (proroga del Direttore Generale INRCA) sta infatti nelle frasi "per un periodo massimo di due anni" e "nelle more delle procedure selettive di cui al Dlgs 171 /2016": invece di scegliere di avviare la nuova procedura e, se non si stava nei tempi, di ricorrere ad una proroga per il tempo necessario, abbiamo oggi nelle Marche l'esperimento di Direzioni Generali con la Spada di Damocle dell'avvio in qualsiasi momento della nuova procedura...

Una norma nata per rafforzare l'autonomia dei Direttori Generali, con una procedura di nomina più trasparente e legata alla loro professionalità, diviene nei fatti strumento per realizzare l'opposto...

Le Aziende Sanitarie sono di una complessità difficilmente immaginabile da chi sta fuori di esse e dirigerle è davvero un'impresa titanica che richiede una dose di coraggio e determinazione fuori dal comune: ma come si fa senza la certezza del proprio mandato? Ma come si fa, se qualunque operatore scontento può mettersi al telefono e attivare i propri contatti politici per far scattare il conto alla rovescia?

Questo rischia di nuocere gravemente (oltre alla mancanza del Piano Socio Sanitario) alla salute dei marchigiani... Perchè rischia di mettere le Direzioni in una situazione in cui non possono procedere in autonomia alla scelta delle priorità, alla adozione di misure "impopolari, ma indispensabili" e, più in generale, alla adozione di uno stile di direzione in cui la bussola non ha come unico riferimento la compatibilità politica, ma il bene supremo alla cui tutela mira (o dovrebbe mirare) il Servizio Sanitario Regionale.  La salute dei cittadini, appunto.

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