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Non esistono regole che possono ostacolare il perseguimento di fini non eticamente corretti (sempre naturalmente ammantanti di mille buone ragioni) e questo Paese ne è una dimostrazione: tantissime leggi e un rilevante problema (difficile da quantificare) di corruzione (in senso lato). Ma certamente esistono regole che codificano percorsi che grazie ad una maggiore trasparenza rendono più difficile perseguire fini diversi da quelli dichiarati.

Nel caso delle nomine dei Direttori di Area vasta la semplificazione della procedura di nomina (proposta al Consiglio regionale dalla Giunta regionale con la DGR 835/18) non garantisce i pesi e contrappesi che deriverebbero, seguendo un percorso analogo al quello dei Direttori generali (D.Lgs 171/2016 - articolo 2), da:

- necessità di presentazione di una domanda da parte di quanti fossero interessati ad assumere l'incarico (quindi la presenza di una lista pubblica di potenziali direttori);

- limitazione della domanda ai soggetti inseriti nell'ambo nazionale (quindi 5 anni di attività di direzione di struttura, corso di formazione manageriale di III livello);

- commissione di esperti che individua una terna dei migliori candidati tra i partecipanti (quindi valutazione curricolare basata su criteri).

L'unica modifica richiesta rispetto al percorso dei Direttori generali (sul quale abbiamo sentito Del Rio tuonare contro la nuova maggioranza che ha messo nel programma un'azione sulle nomine dei vertici della sanità) sarebbe che la proposta alla Giunta del soggetto da incaricare nell'ambito della terna la dovrebbe avanzare il Direttore generale dell'ASUR. E' evidente che un percorso plurale che parta da candidature è decisamente più alla luce del sole della proposta avanzata. 

Ma il rapporto tra regole e etica è complesso.

Innanzitutto il problema di questa Nazione non sta nei possibili errori dei vertici, contro cui ci si scaglia con facilità (secondo la nota regola della pagliuzza e della trave), ma nelle mille violazioni di mille regole che ciascun Cittadino compie quotidianamente e la cui somma si porta al degrado complessivo del Paese: scontrini non richiesti, tasse non pagate, tempo perso - al bar o in ufficio non cambia - nel corso dell'orario di servizio...
Tutte espressione di quella disattenzione per l'interesse generale conseguenza della nostra miopia etica, che alla fine finisce comunque per ricaderci addosso, ma che purtroppo cadrà addosso alle future generazioni.

Poi c'e questa storia ebraica sulla quale di tanto in tanto torno a riflettere - sempre con un po' di emozione - per la forza dell'invito alla responsabilità (al di là delle regole) nelle scelte (che le regole possono aiutare, ma non imporre...):

Ulla bar Koshev era ricercato dal governo. Egli chiese asilo al rabbino Joshua ben Levi a Lod. 

Le forze governative vennero e circondarono la città. Esse fecero sapere: "Se non ce lo consegnate, distruggeremo la città".

Il rabbino Joshua andò allora da Ulla bar Koshev e lo persuase a consegnarsi.

Elia era solito apparire al rabbino Joshua, ma a partire da quel momento le apparizioni cessarono.

Il rabbino Joshua digiunò per molti giorni e alla fine Elia si manifestò a lui e chiese: "Dovrei apparire agli informatori?".

Il rabbino Joshua disse: "Io ho seguito la legge".

Elia replicò: "La legge è forse per i santi?". 

Trumot, 8:10 - Pubblicata in: Modernità e olocausto. Bauman, 2010.

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