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Questi mesi di Blog, grazie ad un salutare contatto diretto coi numeri, danno una percezione abbastanza nitida di alcuni nodi cruciali che senza una spinta decisa nel nuovo piano con molta difficoltà potranno essere affrontati (per la necessità di superare la configurazione esistente del sistema a favore di quella necessaria per rispondere agli attuali bisogni dei cittadini).

Vorrei suggerire alcuni nodi - in diversi interventi nel blog questi temi sono stati sviscerati coi numeri - che a mio parere i dati sembrano obiettivare come i più rilevanti.

Prevenzione: le risorse assegnate non sono obiettivamente sufficienti e la prevenzione nell'ambito delle aziende sanitarie tende ad essere schiacciata dalle richieste della parte clinica (numericamente superiore); quindi:
o si costituisce una Azienda sanitaria della prevenzione con un tendenziale 5% del fondo sanitario assegnato
o il vincolo delle risorse per la prevenzione deve essere fortissimo e pubblicamente monitorato.
In sintesi per la prevenzione nella nostra Regione le principali criticità (confessando una scarsa conoscenza del settore veterinario che però è un pilastro per il futuro di attività produttive strategiche per la nostra regione) richiedono: promozione degli stili di vita corretti (come mai non siamo allarmati del dato drammatico dell'obesità nelle nuove generazioni?), screening oncologici (per arrivare prima alla diagnosi per tutti), vaccinazioni (i dati non sono ancora buoni) e sicurezza nei luoghi di lavoro (troppi morti: avete visto a pagina 42 del documento linkato  e come si può accettare allora la riduzione del personale addetto ai controlli?).

Cronicità: quanti pazienti con diabete, insufficienza cardiaca, insufficienza renale, problematiche polmonari, esiti di ictus o infarto hanno un numero diverso del 118 da chiamare e una porta diversa dal pronto soccorso da varcare al bisogno? Ovvero: hanno un infermiere case manager a loro disposizione che li prende concretamente in carico (con un ritorno importante in termini di appropriatezza e efficienza)?

Fragilità: per questa dimensione così complessa e variegata forse basterebbe darsi un tempo ragionevole per mappare il fenomeno e iniziare un'azione coordinata forte tra sociale e sanitario per la presa in carico concreta basata sulle popolazioni individuate e definite  (ovvero, anche in questo caso,  in caso di bisogno un numero da chiamare diverso dal 118 e una porta da varcare diversa dal PS ).

Salute mentale: non servono parole, ma solo risorse umane (in un settore dove difficilmente la tecnologia può fare molto...) come dicono i numeri e quindi un concreto e misurato potenziamento del settore che ci tolga dall'umiliante terzultima posizione in Italia.

Consultori: come sopra (nel 2006 mancavano 150 unità di personale...). Per una strategia di gestione del percorso nascita (magari non in libera professione se non vogliamo che i bonus vadano in visite) e del minore e della salute della donna (la medicina di genere inizia nei consultori).

Rete oncologica: non è ammissibile restare senza per la promozione della qualità professionale, della sicurezza delle cure e anche dell'appropriatezza e dell'uso dei farmaci. Perchè non possiamo averla?

Rete delle cure palliative: senza una rete che prenda in carico il paziente e usi l'assistenza domiciliare, quella ospedaliera e quella degli hospice in modo integrato, i posti letto di hospice in più non servono a niente (ovvero si riempiono e basta...).

Per recuperare le risorse per fare le cose che servono: abbiamo bisogno di una strategia giorno per giorno sulla farmaceutica e sui dispositivi medici, mentre per il problema della mobilità sanitaria, che pure ci sottrae risorse, l'unico approccio a breve termine  è l'accordo con le Regioni verso cui abbiamo in maggiori flussi in modo da dare ai marchigiani il meglio, evitare di pagare prestazioni inappropriate e ricordarci che siamo un solo Paese e non una giungla di Regioni in concorrenza tra loro. Da queste tre linee di azione, non in modo facile e scontato, si possono recuperare decine di milioni di euro da destinare alla salute dei cittadini.

La revisione della rete ospedaliera (che mette un comune contro l'altro - cosa che non avviene potenziando l'assistenza territoriale -  e costringe la politica a promettere tutto a tutti) andrebbe affrontata come aspetto complementare alle linee di riorganizzazione dei servizi territoriali definite in base ai bisogni reali dei cittadini. Se invece si parte dagli ospedali si rischia di vincolare il sistema ad un investimento che, oltre ad essere difficilmente sostenibile, impedirebbe le trasformazioni necessarie alla risposta territoriale alla cronicità.

PS: per ora, visto che l'ospedale si vede e l'assistenza territoriale no..., tutti alle assemblee e ai comitati di difesa delle cose come sono (anche se sembra che non vadano dove serve)!

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