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A proposito di infermieri, Claudio Maffei si chiede:  “la domanda giusta è: quanti sono gli infermieri di cui hanno bisogno i cittadini della Regione Marche?”  Siamo  d’accordo e, da infermieri, proviamo a cercare la risposta con alcune riflessioni e proposte che iniziano con questa prima parte e proseguiranno successivamente con i necessari approfondimenti.

Il manuale di Autorizzazione/Accreditamento è in fase di revisione. E allora in merito agli standard di riferimento per la quantificazione delle risorse assistenziali cosa sta avvenendo? Il gruppo di lavoro, nella bozza di revisione del Manuale di Autorizzazione/Accreditamento “ripropone pedissequamente la logica dei minuti di assistenza!”.

Una riflessione e un approfondimento, a questo punto, si rendono  necessari.

Gli standard di riferimento, per  quantificazione delle risorse assistenziali proposte, con i soli “minuti di assistenza” con  il Manuale di autorizzazione del 2001, e l’analisi condotta dalla Determina  Asur 240 del 2011, non sono più, da tempo, adeguati alla realtà attuale e risultano anche in contraddizione con gli obiettivi che la stessa Regione si è data rispetto all’assetto organizzativo del proprio SSR, assetto di cui, mano a mano,   si viene dotando (identificazione di strutture ospedaliere destinate al trattamento dell’acuzie secondo la logica delle reti cliniche integrate attraverso il modello “hub” e “spoke”, sviluppo dei servizi territoriali con la realizzazione sempre più diffusa di strutture quali la residenzialità, le cure intermedie, le case della salute “ospedale di comunità”) e che si è reso necessario proprio tenendo conto anche dei cambiamenti dei bisogni di salute della popolazione.

Gli standard di riferimento per quantificazione delle risorse assistenziali proposte, come quelli del passato, “vetustà normativa” che del resto traeva i riferimenti specifici “classificazione dell’assistenza” da un complesso normativo ancora più datato, non sono più, da tempo, adeguati alla realtà attuale, anche alla luce dell’inserimento nelle équipe assistenziali della figura dell’Operatore Socio Sanitario e della scelta, certo non più rinviabile, di sviluppare un modello che superi l’articolazione organizzativa “a canne d’organo” delle strutture ospedaliere e definisca le aree di degenza secondo il parametro dell’intensità di cura e della complessità assistenziale.

Gli standard di riferimento per quantificazione delle risorse d’assistenza proposte, come quelli del passato, non sono più, da tempo, adeguati alla realtà attuale anche alla luce della normativa nazionale e regionale stessa che, ormai da tempo, punta sulla “governance” dei processi clinico-assistenziali, sia in termini di Governo Clinico e Prevenzione del Rischio Clinico (legge finanziaria 2016, DGRM Regione Marche, …) con tutto quanto ne discende in termini di modelli operativi, riferimenti scientifici, strumenti operativi, responsabilità professionali degli operatori sanitari (si pensi alla Legge 24 del marzo 2017), che in termini di ricadute nella presa in carico della persona assistita da parte dell’intera équipe, ad esempio, con la recente approvazione della legge "Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento".

Gli standard di riferimento per quantificazione delle risorse assistenziali proposte, come quelli del passato, non sono più, da tempo, adeguati alla realtà attuale anche alla luce della normativa di riferimento della professione infermieristica che, da tempo ormai, individua e definisce le responsabilità professionali a cui l’infermiere è chiamato a rispondere e di cui vale appena la pena di ricordare alcuni passaggi significativi ed impegnativi:

DPR 739/94 - Profilo Professionale dell’infermiere: l’infermiere è il responsabile dell’assistenza generale; l’assistenza è preventiva curativa palliativa e riabilitativa ed è di natura tecnica relazionale educativa. L’infermiere: identifica i bisogni di salute e di assistenza, previene il rischio clinico, pianifica gestisce e valuta l’intervento assistenziale, garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostiche-terapeutiche, garantisce la continuità delle cure pianificando le dimissioni.

L’Assistenza infermieristica così come delineata dalla Legge n. 42/99 e dalla Legge n. 251/2000: assistenza orientata alla personalizzazione delle cure, all’utilizzo della metodologia scientifica e alla pianificazione per obiettivi dei processi di assistenza, alla valorizzazione delle diverse professionalità ed alla responsabilizzazione dei singoli operatori sui processi attivati e sui risultati raggiunti. Il suo ambito di attività’ e di responsabilità è determinato dai contenuti del profilo professionale dagli ordinamenti didattici universitari e dalla formazione post-base dal codice deontologico (2009).

Il problema dell’aumento dell’età media della popolazione e delle malattie croniche, deve necessariamente riorientare l’assistenza verso modelli organizzativi proattivi, che già dall’ospedale, superata la fase acuta, realizzino una presa in carico degli assistiti che garantisca la continuità delle cure anche dopo la dimissione. Tutte le decisioni che riguardano le persone, gruppi di pazienti o di popolazione devono risultare dalla equilibrata integrazione tra evidenze scientifiche, risorse disponibili, bisogni del cittadino e “valori”, intesi come insieme di determinanti sociali, politici e culturali che condizionano l’offerta di servizi e prestazioni sanitarie.

A sostegno di ciò si ricorda che sono oramai numerose le ricerche che documentano come un rapporto infermiere/ paziente non ottimale possa generare esiti negativi sul paziente. Un esempio: Lo studio RN4CAST (Nurse Forecasting: Human Resources Planning in Nursing), realizzato anche  in Italia, oltre che nei diversi paesi europei, ha obiettivato il rapporto esistente tra qualità dell’assistenza e mortalità con dati davvero impressionanti (pubblicati tra l’altro nella prestigiosa rivista Lancet): per ogni assistito  in più di cui gli infermieri devono prendersi cura, il rischio di morire entro 30 giorni dal ricovero aumenta del 7%; e ben il 23% è rappresentato dalle  le cure mancate (omesse)  mentre il livello di formazione del personale ha un effetto protettivo. Da segnalare su questo anche l'intervento nel blog di Cartabellotta (Fondazione GIMBE)

La rilevanza di queste evidenze impone una revisione delle modalità di definizione del bisogno assistenziale delle strutture sanitarie, siano esse di ricovero che residenziali. 

 

L’AUTORIZZAZIONE/ACCREDITAMENTO: UNA PROPOSTA

Per una adeguata e appropriata assistenza alla persona malata si deve adottare un “progetto di cura” con modelli organizzativi proattivi che garantiscono la personalizzazione e la presa in carico complessiva, con l’utilizzo di strumenti di misurazione dei bisogni (scale multidimensionali) che consentono di pianificare il processo di assistenza e realizzare la necessaria continuità delle cure e infine di valutare l’efficacia e l’efficienza clinica ed organizzativa delle misure poste in essere. Il livello minimo di assistenza ai pazienti ricoverati nelle strutture per acuti per garantire un’adeguata assistenza come evidenziato dalla letteratura nazionale e internazionale è di 1 operatore  per 6 pazienti (per le degenze di rianimazione il rapporto minimo è di 1 operatore per 1 paziente), con un con un range massimo consentito infermieri / OSS  60% 40%.” … (per gli infermieri è il livello minimo di assistenza; per gli OSS è il range massimo, la letteratura dimostra come la presenza di personale OSS superiore  al 40% dello staff infermieristico diventi pericoloso e possa determinare anch’esso un aumento della mortalità).

Infine, è ormai inderogabile la necessità, per gli assistiti e per i professionisti,  di misurare gli esiti dell’assistenza: nei criteri vanno individuati e inseriti gli indicatori di esito dell’assistenza cosiddetti nursing sensibili, e cioè correlati alla specifica qualità dell'assistenza infermieristica. Set minimo di indicatori previsto da considerare:

  • lesioni da compressione
  • cadute accidentali
  • contenzione fisica
  • infezioni associate all’attività assistenziale, in particolare accesi vascolari, cateterismo vescicale e sito chirurgico
  • stato nutrizionale
  • punteggio scala di Barthel in ingresso e in uscita per le strutture di mediche-geriatriche post acuzie lungodegenze riabilitative
  • punteggio scala del dolore 

La struttura deve procedere alla revisione del livello di assistenza erogato in occasione di ogni modifica della tipologia di pazienti accolti e sulla base della valutazione degli indicatori di esito. 

Il monitoraggio della revisione del livello di assistenza erogato e degli esiti prodotti deve essere oggetto di report documentale e pubblicato nel sito web della struttura oltre che trasmesso ai responsabili medici e delle professioni sanitarie delle UU.OO che ne dovranno fare oggetto di incontri di diffusione e di feedback.

 

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