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La definizione che Gaetano Salvemini diede della Libia all'epoca dell'avventura coloniale italiana (quella del titolo, ovvero: un altro scatolone di sabbia) sebbene vera in quel momento, appare ironica alla luce della successiva scoperta del patrimonio  petrolifero di quel Paese. Rischiamo però di trattare  allo stesso modo il nostro sistema sanitario che pure ha un enorme potenziale di di innovazione e ricerca (e quindi di occupazione e sviluppo), in un pianeta con enormi Paesi che pur tra tante contraddizioni aumentano la loro ricchezza e che si dovranno confrontare con la risposta ai bisogni sanitari della loro popolazione.

Eppure le risorse destinate alla ricerca nel sistema sanitario sono davvero scarse e anche nuovi strumenti di collaborazione pubblico e privato nello sviluppo di soluzioni innovative stentano a trovare spazio. Di questo si è parlato il 5 giugno  in un seminario promosso da Tech4care (Auguri di buon primo compleanno a Tech4Care: una start-up di queste parti di cui sentirete sempre più parlare. Intervista a Carlos Chiatti) e delle opportunità che i fondi europei potrebbero consentire di sviluppare.

Proviamo a vedere il Servizio Sanitario davvero come una risorsa e l'esperienza di gestione della salute della nostra popolazione come una conoscenza che può produrre ricchezza (per chi la promuove e per chi la riceve)?

Naturalmente anche per far questo si devono lasciare da parte impressioni e convinzioni personali e guardare a quanto la ricerca evidenzia e ai numeri che descrivono la situazione esistente... I due rapporti ISTAT sulla ricerca e sviluppo in Italia (relativi rispettivamente agli anni 2014-2016 e agli anni 2015-2017) sono un possibile dato di partenza.

Della sanità come possibile volano economico si sono ovviamente da tempo accorti i privati, come testimoniato dal Rapporto della filiera della salute 2018 di Confindustria e dalla importante presenza del gruppo KOS (di cui fa parte il Santo Stefano) in Inghilterra ed in India.

 

 

 

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