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L’età media dei pazienti ricoverati aumenta e con questa la contemporanea presenza di fattori che di per sé richiedono un approccio diverso e specifico al paziente anziano, specie quando affetto da pluripatologia. Uno di questi, e certo non uno dei meno imoprtanti, è la malnutrizione. Oggi sentiamo chi di questa problematica si occupa da tempo in una sede giusta per fare assistenza e ricerca sul tema.

Chi: Paolo Orlandoni, medico, responsabile della UOSD di Nutrizione Clinica all’INRCA di Ancona.

Cosa: le problematiche correlate alla malnutrizione nei pazienti anziani nei vari contesti assistenziali.

Perché: perché è un problema sottovalutato nei cui confronti è possibile adottare un approccio proattivo che ne anticipi la presa in carico e ne migliori l’efficacia.

Paolo la malnutrizione è un problema diffuso e sommerso tra gli anziani: hai qualche dato?

La Malnutrizione è uno stato di disordine metabolico con peggioramento della capacità funzionale e degli outcome; può essere considerata a tutti gli effetti una malattia nella malattia ed è correlata ad una maggior durata dei ricoveri, ad una prognosi sfavorevole e a un aumento dei costi sanitari.

È stato stimato che la malnutrizione proteico calorica è presente nel:

  • 10-35% dei pazienti anziani ambulatoriali;
  • 26-65% dei pazienti anziani ospedalizzati;
  • 5-85% degli anziani istituzionalizzai in qualche struttura sociale o socio-sanitaria o sanitaria.

La malnutrizione, problema misconosciuto e/o sottovalutato, spesso presente già all’inizio del ricovero, aumenta durante la degenza, particolarmente negli anziani e nei lungodegenti, e comporta elevati costi e, soprattutto, sofferenze evitabili.

Tu coi tuoi collaboratori hai ogni tanto promosso un Nutrition day: in cosa consiste?

Nonostante la malnutrizione sia così diffusa nella popolazione anziana e abbia un notevole impatto dal punto di vista clinico ed economico è scarsa la consapevolezza fra gli operatori sanitari della sua importanza.  Per aumentare la conoscenza e la consapevolezza della malnutrizione nelle strutture sanitarie al fine di migliorare nel complesso la qualità delle cure nutrizionali, l’ESPEN (Società scientifica Europea di Nutrizione Artificiale e Metabolismo) ha promosso il “Nutrition Day”; l’iniziativa, partita nel 2006 e attualmente presente in più di 60 Paesi in tutto il mondo, viene eseguita in un giorno prestabilito dell’anno. Le strutture sanitarie, che partecipano al Nutrition Day, eseguono nello stesso giorno la valutazione dello stato nutrizionale e la registrazione degli interventi di terapia nutrizionale in tutti i pazienti ricoverati, sia nei reparti medici che chirurgici.

Per ogni reparto viene compilata una scheda relativa all’organizzazione sanitaria e per ogni paziente ricoverato vengono registrati:

  • dati anagrafici e stato sociale;
  • diagnosi di ingresso e comorbilità;
  • tipo di Alimentazione o di Terapia Nutrizionale a domicilio e in ospedale;
  • valutazione nutrizionale antropometrica;
  • valutazione nutrizionale bioumorale.

A distanza di 1 mese vengono registrati gli outcome dei pazienti. Le unità partecipanti possono confrontare i propri dati con quelli degli altri centri e hanno così la possibilità di valutare la prevalenza di malnutrizione e identificare le possibili aree di miglioramento.

Nel Nutrition Day eseguito all’INRCA nel 2016 il 55% dei pazienti esaminati è risultato avere uno stato di malnutrizione e il 15% essere a rischio di malnutrizione. Dati che certo risentono dell’età media dei pazienti, che però non è così diversa da quella dei pazienti dei normali reparti di medicina interna, neurologia, cardiologia, etc.

 

Secondo  te può essere utile promuoverne uno negli ospedali e nelle strutture residenziali che si occupano di anziani?

L’esecuzione del Nutrition Day può servire a fare il punto sullo stato nutrizionale dei pazienti assistiti e ad apportare le eventuali correzioni nei programmi di assistenza. Il dato su cui si basa la valutazione nutrizionale è la misurazione del peso corporeo, ma spesso molti reparti ospedalieri o molte strutture residenziali non hanno la possibilità di pesare il paziente, soprattutto se allettato, o non eseguono abitualmente la rilevazione o il monitoraggio di tale parametro. Il Nutrition Day può rappresentare l’opportunità per iniziare a valutare il peso corporeo e le sue variazioni nel tempo in maniera sistematica in tutti i pazienti.

Per la partecipazione è sufficiente scaricare la modulistica dal sito del Nutrition Day, già tradotta in italiano, ed inviare le schede riassuntive dei dati raccolti. La modulistica è differente per le strutture ospedaliere e le strutture residenziali; ai centri partecipanti viene inviato un report dei dati da loro raccolti, confrontabili   con i dati generali nazionali ed internazionali.

Il Nutrition Day può pertanto essere uno strumento di valutazione della qualità delle strutture sanitarie, sia dal punto di vista clinico che economico.

Si può o si deve fare uno screening nutrizionale in ospedale e se si su quali pazienti?

L’analisi dei dati raccolti dal Nutrition Day in 9 anni in 2183 ospedali di 51 Paesi ha dimostrato in maniera significativa che l’età avanzata e la riduzione del peso corporeo sono fattori indipendenti di rischio di mortalità. Lo screening e/o la valutazione nutrizionale vanno pertanto eseguiti al momento del ricovero o nei primi giorni dopo l’evento acuto, in tutti i pazienti soprattutto se di età > ai 75 anni.

Il test usato nel Nutrition Day è il MUST (Malnutrition Universal Screening Tool), che prevede la valutazione di tre parametri:

- rapporto tra peso corporeo e altezza o BMI (Body Mass Index: Kg/m2)

- percentuale di calo ponderale nei precedenti 3-6 mesi

- patologia acuta e presenza o probabilità di intake nullo superiore a 5 giorni.

Ma a tutt’oggi in molti ospedali e strutture residenziali mancano competenze di Nutrizione Clinica e spesso la problematica della malnutrizione è gestita senza specifici protocolli e da personale senza una specifica preparazione.

E’ importante il ruolo delle famiglie nella corretta alimentazione dell'anziano?

È importante che l’anziano e la famiglia o il caregiver comprendano il concetto che la corretta alimentazione è quella che garantisce il mantenimento di un buono stato nutrizionale, strettamente legato alla prevenzione e alla cura delle patologie croniche, tipiche dell’età avanzata. Particolarmente importante risulta l’apporto nutrizionale per garantire il mantenimento della massa e della forza muscolare, che rallentano l’evoluzione della Sarcopenia, che alla base dell’insorgenza della disabilità. Il corretto apporto di proteine ad alto valore biologico, distribuito nei tre pasti principali, è in grado di favorire la sintesi di nuove proteine muscolari e di contrastare la degradazione muscolare prodotta dall’invecchiamento, da patologie acute e croniche e dall’inattività.

Un altro problema correlato alla malnutrizione dell’anziano è la disfagia. Cosa possiamo dire al riguardo?

Un aspetto ancora poco considerato è anche quello della Disfagia, un sintomo che spesso colpisce l’anziano con varie patologie, soprattutto neurologiche, e che è caratterizzato dal disturbo della deglutizione degli alimenti, sia liquidi che solidi. La Disfagia grave provoca un ridotto apporto di nutrienti ed un notevole rischio di polmonite ab-ingestis, quarta causa di morte nella popolazione anziana ospitata nelle strutture residenziali. Tale condizione va conosciuta e diagnosticata il più precocemente possibile, per intervenire con adeguate modificazioni del cibo ed eventuali integrazioni di supporti nutrizionali orali o con metodiche di nutrizione artificiale. La struttura ospedaliera o residenziale deve identificare i gruppi a rischio e scegliere prima il test di screening da utilizzare e poi il percorso da attivare nei soggetti a rischio. Non do indicazioni specifiche perché facilmente ricavabili dalla letteratura.

Quale ruolo per la formazione? Qual è la vostra esperienza?

Mi limito ad alcuni esempi. Da parecchi anni svolgiamo una attività di formazione rivolta alla popolazione generale su benefici di una corretta alimentazione nella prevenzione degli effetti negativi dell’invecchiamento e sui rischi della malnutrizione nel paziente anziano con diverse patologie. È in fase di attuazione un progetto di collaborazione con la scuola alberghiera di Loreto per insegnare alle persone affette da Parkinson e ai loro familiari strategie per un’alimentazione sicura, senza rinunciare ai piaceri della tavola, con la finalità di prevenire la malnutrizione. In questi pazienti il rischio di malnutrizione è alto in quanto devono assumere la terapia farmacologica lontano dall’assunzione dei cibi proteici e spesso manifestano il sintomo della disfagia.

Per concludere Paolo?

L’invecchiamento della popolazione e la maggiore capacità di gestire i problemi dell’anziano in fase acuta ci impongono una capacità di presa in carico complessiva dei problemi dell’anziano con pluripatologia. La malnutrizione è uno di questi. Molto si può fare con interventi semplici che più che altro richiedono un diverso atteggiamento culturale da parte degli operatori e, soprattutto, dell’organizzazione, che deve decidere di occuparsi del tema in modo strutturato, progettuale e verificato.  Si può, anzi si deve.  

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