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Una realtà la valuti meglio se sei in grado di confrontarla con altre assimilabili, ma diverse. Abbiamo pensato così di utilizzare le testimonianze di professionisti e dirigenti che, nati e cresciuti nelle Marche, hanno poi “trovato più fortuna” in altre Regioni. E ora presentiamo l’intervista di oggi.

Chi: Gilberto Gentili, uno dei dirigenti medici delle Marche più noti fuori Regione grazie al lavoro svolto nella CARD (Confederazione Associazioni Regionali di Distretto, Società scientifica delle attività Sociosanitarie Territoriali) di cui è stato apprezzatissimo presidente nazionale. Questa attività gli ha consentito di avere una visione ampia della sanità nazionale e regionale grazie anche alle relazioni istituzionali che il ruolo di presidente della CARD prevede di gestire. Nelle Marche Gilberto è Direttore di Distretto (Senigallia) ed è stato Direttore Sanitario dell’ASUR, commissario della ex Zona Territoriale 13 (Ascoli Piceno) e direttore del Dipartimento Assistenza Territoriale dell’Area Vasta 2 ASUR. Adesso dall’11 maggio 2015 è Direttore Generale dell’ASL di Alessandria, in Piemonte. Volevo farlo più corto, ma certi curriculum è difficile sforbiciarli.

Cosa: il confronto tra il modello del Servizio Sanitario Regionale del Piemonte e delle Marche.

Perché: la sanità piemontese è emergente e magari ci può insegnare qualcosa.

Ciao Gilberto. Oggi parliamo del confronto tra le sanità delle Marche e del Piemonte. Nulla da dichiarare in via preliminare?

Doverosa premessa alle risposte: non è possibile fare una comparazione tra due Regioni profondamente diverse, l’una con popolazione prevalentemente allocata a Torino e nella cintura torinese, l’altra con una dispersione in un territorio vasto, ma con insediamenti abitativi di limitata numerosità. Mi limiterò quindi a rispondere alle (spero “simpatiche”) questioni che mi porrai cercando di identificare le cose migliori presenti nei due sistemi.

Bene, cominciamo. Il Piemonte ha recuperato molte posizioni nelle classifiche della griglia LEA. Ed è uscito un documento sul modello piemontese. Questo modello esiste secondo te?

Vero, il Piemonte ha fatto una operazione di portata colossale uscendo in tempi relativamente brevi dal piano di rientro. Questo obbiettivo è stato raggiunto con una filiera di azioni che hanno trovato nella sinergia Assessore/ Direzione regionale e Direzioni Generali una grandissima collaborazione. Non sfugga che in Piemonte operano il Coordinatore Nazionale degli Assessori e si sono succeduti due Direttori Regionali del calibro di Fulvio Moirano e Renato Botti.

La straordinarietà del risultato raggiunto è appunto rappresentata dal secondo posto della griglia LEA, che ha implicitamente avvalorato il fatto che la applicazione della L. 135/2012 sui piani di rientro (che, come già ricordato, includevano anche la Regione Piemonte)  non ha generato un abbassamento dei livelli di assistenza. La forza del modello Piemonte è, a mio avviso, quella di essere un non modello nella misura in cui sta “dentro” le leggi nazionali apparendo facile e leggibile. Le Aziende sono Aziende, i Distretti sono Distretti … e così si evitano ridefinizioni che spesso complicano ed a volte confondono dirigenti, operatori e cittadini come accade in altre Regioni.

Cosa differenzia la sanità delle Marche da quella del Piemonte e cosa copieresti da questa Regione?

Difficile rispondere. Il modello marchigiano è, per ora, un modello ove fare confronti è difficile. La scelta ASUR lo caratterizza per una sostanziale unicità che, solo da quest’anno, trova qualche riscontro nella Regione Sardegna dove peraltro ci sono differenze fondamentali (territorio quadruplo, scelta di creare una Agenzia Regionale per il 118).

Probabilmente noi marchigiani non siamo bravissimi nel vendere le nostre esperienze che potremmo rappresentare sui tavoli di confronto nazionali con maggiore forza (il che richiederebbe un investimento sui dati, nota dell'intervistatore). Credo poi di poter, a buon titolo, affermare che il sistema di governo della Nostra Regione ha spesso pagato conflitti che sono stati imputati alle persone, ma che, alla lunga, stante la loro ciclicità, credo possano essere attribuiti al sistema che non ha saputo definire con chiarezza i ruoli. Probabilmente un Assessore alla Sanità che svolga unicamente questo ruolo potrebbe aiutare la pianificazione delle politiche sanitarie, ma ovviamente è solo un parere…

Ma, per tornare al quesito: sono modelli diversi e tale è giusto che rimangano. Francamente una osmosi parziale potrebbe apparire forzata o non rispettosa di chi lavora nel sistema.

E per quanto riguarda il “tuo” mondo: i distretti? Nelle due regioni ci sono modelli di distretto diversi?

I Distretti hanno nella legislazione Piemontese un ruolo centrale di governo e promozione della salute in integrazione con i Dipartimenti Aziendali. Sovrintendono inoltre ai processi di integrazione col sociale. Nel sistema marchigiano è stata introdotta una matrice organizzativa piuttosto complessa, non totalmente sovrapponibile nelle singole aree vaste (in una organizzazione a matrice le conoscenze e le competenze del personale sono condivise da più linee di progetto o di attività in base alle esigenze con un forte rischio di confusione, ancora nota dell'intervistatore).

Le matrici sono generalmente la formula organizzativa adatta per i sistemi “giovani”. Nella Nostra Regione questo non è. I Distretti sono strutture consolidate dove esiste un problema serissimo di ricambio generazionale degli apicali e dove i rapporti matriciali tengono più per consolidata rapportualità tra i Dirigenti che per regole oggettive.

Una grande condivisione delle Direzioni e un sostegno costante nelle opere di ristrutturazione del sistema delle cure primarie e cure intermedie appare indispensabile e fortemente richiesto dagli operatori. Mi riferiscono che la posizione funzionale “assistenza distrettuale” nella Agenzia è stata soppressa e modificata in una posizione “ territorio ed integrazione ospedale territorio” quando, a livello nazionale, l'integrazione ospedale territorio è ormai un tema obsoleto, non sussistendo, di fatto, la necessità nel 2017 di operare attraverso altro strumento che non siano le reti. Non sarà un caso che nei LEA ci sono solo prevenzione, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera? (Magari la nuova dizione favorirà una  soluzione "originale" al  momento della attribuzione del corrispondente incarico dirigenziale, ultima nota dell'intervistatore)

Non riconoscere il Distretto o limitarne la funzione operativa è azione da evitare in ogni Regione poiché la funzione regolatoria statale nella presa in carico del paziente cronico (vero problema dei prossimi anni) non può che passare per lo sviluppo delle politiche distrettuali.

Voglio concludere con una domanda alla Marzullo: per le Marche più speranza o più nostalgia?

Sono fortemente grato alla Regione Piemonte che mi ha offerto questa splendida opportunità professionale che comunque si chiuderà il 30 di aprile 2018. In questi anni ho ricevuto altre proposte di direzione…, ma non dalle Marche. Le ho rifiutate perché credo che i mandati vadano conclusi. Mi verrebbe da pensare (come si diceva una volta: qui lo dico e qui lo nego), che nemo propheta acceptus est in patria sua (dal vocabolario Treccani online: Luca 4, 24; cfr. anche Matteo 13,57; Marco 6,4; Giovanni 4,44).  E’ possibile dunque che mi riabbiate tra voi dal prossimo maggio nella splendida Senigallia dove mi aspettano, in ogni caso, una bella città e tanti validi collaboratori.

 

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