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Ieri in un suo post Remo ha commentato la “fissa” per i posti letto che sembra caratterizzare le politiche regionali della sanità, certamente quella della Regione Marche.  Al riguardo è stato fatto l’esempio della recente DGR 1416/2017 che offre moltissimi spunti di riflessione.

Questa delibera in sostanza propone di aumentare i posti letto ospedalieri, per ora solo in termini programmatori. Questa proposta viene inoltrata alla commissione competente. Ed ora vediamola un po’ più da vicino anticipando subito che in definitiva si prevedono 140 posti letto in più di cui 90 per acuti e 50 di post-acuzie, con 80 posti letto (più della metà) destinati all’Area Vasta 1 (50 per acuti e 30 di post-acuzie). Gli altri 60 vanno all’Area Vasta 4 (30 per acuti), all’Area Vasta 2 (20 di post-acuzie) e all’Area Vasta 3 (10 per acuti).

La delibera, in sostanza, sembra (almeno a me) un esercizio di quelli che hanno già il risultato predefinito nel testo. Tipo: se voglio aumentare i posti letto (non lo ripeto più: ospedalieri) della Regione come lo posso motivare? Lo voglio dire subito: sono perplesso sul metodo (e spiegherò perché), ma non sul merito (l’indicazione programmatoria è giusta). Il metodo: l’analisi a supporto delle conclusioni è quantomeno incompleta. Una considerazione per tutte: la DGR punta con il nuovo assetto al recupero della mobilità passiva che di fatto però non analizza.

Piccola digressione sulla mobilità passiva. Nelle Marche c’è SDO Vision, un sito dell’Agenzia che ti consente di elaborare i dati delle Schede di Dimissione Ospedaliere (SDO) al posto della regione che i report non li produce. Bene, mi sono accorto navigando che non solo nel sito i dati arrivano solo fino al 2015 (quelli ministeriali 2016 sono già disponibili con una ricca reportistica da qualche mese, Rapporto SDO 2016), ma dal 2015 mancano quelli relativi alla mobilità passiva. Che se uno vuole tira giù dal sito del Ministero. Che la mobilità passiva aumenti è abbastanza naturale (se cali la produzione cosa vuoi mai che succeda?), ma che non si consenta al sistema di ragionarci sembra a me una scelta sbagliata.

Ma torniamo alla DGR 1416/2017. Le conclusioni sono in linea di massima (almeno in termini macro) condivisibili: serve un maggior numero di posti letto per contrastare la mobilità passiva ed è molto sensato concentrarli nell’Area Vasta 1 che oltre ad averne “pochi” è anche esposta a forti flussi di mobilità passiva verso il compagno di banco (Ma perché non copiamo da quel  secchione del compagno di banco e non torniamo indietro di qualche anno?), la Regione Emilia-Romagna. Inutile dire che non sono posti letto “generici” quelli che serviranno, ma posti letto “specifici”, ad esempio chirurgici (ortopedici soprattutto) e di riabilitazione. Ma su questo la DGR non si esprime. 

Ma adesso si pone un altro problema. Che ci fai dei posti letto se “fisicamente” non ne disponi e se hai dei vincoli che impediscono al “pubblico” di attivarli? Mi spiego. Il Servizio Sanitario Nazionale opera in presenza di due vincoli: i costi del personale che debbono stare in prospettiva nei limiti della spesa del 2004 ridotta dell’1,4% e il numero contingentato di unità operative complesse e semplici (su quanto siano sensati questi due vincoli e sui criteri molto empirici con cui sono stati fissati varrebbe la pena di fare un approfondimento).  Una cosa è certa: la mobilità passiva costa, ma per ridurre questi costi ne devi sostenere altri che non ti puoi permettere. Una sorta di Comma 22, per chi è pratico.

Ma una via possibile d’uscita c’è. I posti letto che non ti puoi permettere (perché il livello centrale ti mette vincoli non gestibili a breve termine) li puoi dare al privato che non ha questi vincoli e che puoi finanziare col recupero della mobilità passiva e magari con l’incremento della attiva. Può funzionare ed è sensato. Con i posti letto rideterminati in base alla DGR 1416/2017 si viene a delineare un quadro di riferimento programmatorio compatibile con questa (eventuale) scelta.

Ma quando si parla di privato accreditato e contrattualizzato c’è un se, e sottolineo “se” (da E se domani di Rossi e Calabrese, canta Mina): il privato è una grande risorsa se si è in grado di gestire una funzione di committenza di alta qualità nei suoi confronti. Che vuol dire costruire accordi con regole avanzate in termini di contenuto delle attività, standard di servizio, e tariffe e controlli costruiti su misura sulle regole.

 

Esula dal nostro obiettivo di oggi entrare nel dettaglio di come viene gestita oggi la committenza nei confronti del privato. Certo è che più lo potenzi, più devi essere capace di gestirlo.  Un esempio penso possa essere illuminante.  A pagina 148 del Rapporto SDO 2016 c’è il confronto della degenza media nei reparti di lungodegenza pubblici e privati: 20,8 giorni e 29,6 rispettivamente. Si tratta di ricoveri tariffati a giornata e quindi da valutare attentamente in termini di appropriatezza della durata della degenza. Ma è solo un piccolo esempio.

Infine, se la logica prevalente (magari finora soprattutto a livello di enunciazione) è quella di mettere al centro il cittadino delle Reti cliniche e dei Percorsi diagnostico terapeutico assistenziali, allora il privato deve condividere - avendo partecipato alla loro costruzione- questi nuovi modelli di organizzazione dell’offerta. E oggi non è così, a me pare.

Io non vedo nel coinvolgimento del privato un pericolo “di per sé”. Mi pare anzi una opportunità che con le attuali regole di sistema si deve cogliere. Se, e sottolineo il “se” …

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