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Lo dico subito: la risposta non ce l’ho. La domanda però, sono sicuro, è importante. La tentazione di creare tempari è molto forte: in questo modo eviti disomogeneità e magari inefficienze. Purtroppo non solo non è semplice, ma rischia addirittura di essere fuorviante. Di questi tempi la spinta prevalente è sicuramente quella di rendere i tempi i più corti possibile in modo da aumentare i posti nelle agende. Ma quanto corti?

Una iniziativa di regolamentazione con relativo atto venne fatto l’anno scorso dalla Regione Lazio con conseguente bocciatura da parte del TAR. Anche la Regione Marche nella sua ultima DGR 640/2018 sulle liste di attesa a un certo punto scrive in un paragrafo dedicato all’allineamento in tutte le aziende regionali delle tempistiche di esecuzione delle prestazioni :

Una criticità, relativamente all'attuale utilizzo delle risorse disponibili, viene individuata nella disomogeneità attual­mente presente a livello delle diverse strutture erogatrici della Regione Marche per quanto riguarda i tempi previsti di esecuzione che si traducono in intervalli di prenotazione differenti nelle agende per la stessa prestazione. L'azione definita per intervenire su questa criticità consiste nella formalizzazione di tempi standard regionali di inter­vallo di prenotazione/esecuzione per ciascuna prestazione; il tempo standard coinciderà con il tempo minore attualmente esistente per ciascuna prestazione nelle diverse agende sia istituzionali che libero-professionali delle strutture della Re­gione Marche presenti nel CUP regionale.

Come dire Less is more (meno è meglio). Questo slogan (almeno in linea di principio) va bene per migliorare l’appropriatezza delle prestazioni, ma (almeno potenzialmente) va male  per ottimizzare la loro durata. Quanto deve durare allora una visita? E’ una domanda che come sempre ha come migliore risposta: “dipende”. Dipende dal tipo di specialità,  dal tipo di struttura erogante, dal tipo di problema clinico e da molto altro ancora.

In un numero di Recenti Progressi in Medicina di qualche mese fa uno specialista neurologo, Rino Scuccato,  scriveva:

Scaturisce da questa impostazione (che prevede una maggiore attenzione alla soggettività del punto di vista del paziente, NdR) un’anamnesi un po’ diversa da quella che riportiamo di solito in cartella o nelle note di ambulatorio. Quanto tempo ci vuole per farla? Non ci sono standard da proporre, certamente i 30 minuti che molte amministrazioni decretano per un intero “primo” contatto neurologico, con esame obiettivo, prescrizione, spiegazione e lettera di feed-back, sono fuori dalla realtà: vanno bene, stringendo i denti, solo per un paziente giovane (poca vita e nessuna malattia seria alle spalle), con un disturbo circoscritto e di recente insorgenza, e che abbia un flussogramma di gestione molto semplice; non per un paziente portatore di quadri complessi – con pesante documentazione al seguito, familiari pieni di opinioni da dare, e un’intera esistenza distorta. L’idea che lunghi contatti sarebbero inefficienti non considera quanti esami di immagine, indagini neuropsicologiche, elettrofisiologiche e di laboratorio si potrebbero risparmiare se avessimo il tempo di interrogare meglio i malati e di visionare l’informazione che già si portano con sé. A volte è imponente.

Se si accetta questa impostazione, il  momento della costruzione delle agende può diventare una occasione importante di confronto sulla organizzazione della assistenza e sui modelli culturali cui la si vuole ispirare. Con l’obiettivo di arrivare magari nel tempo a meno visite (perché filtrate con gli strumenti della appropriatezza e una maggiore capacità di risposta da parte delle cure primarie) con una durata maggiore.

Fra l’altro uno dei determinanti del ricorso al privato è la maggiore attenzione che la persona può sentire di ricevere quando la visita è erogata in questo regime. E uno dei determinanti della inappropriatezza è la durata troppo breve del tempo clinico della visita a qualunque livello eseguita.  Si tratta di due rischi da evitare anche con una corretta pianificazione dei tempi di visita.

 

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