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Capita sempre più spesso di assistere a dibattiti basati su una conoscenza approssimativa delle questioni: è l'era dei dibattiti televisivi! Ma, specie in sanità, si tratta di temi seri che richiedono un minimo di approfondimento, a partire dalla cosa più banale: leggere il testo oggetto di discussione e la normativa nazionale di riferimento.

Potiamo tutte le imprecisioni dette sulla proposta di legge e le imprecisioni di ritorno nelle risposte a questioni non attinenti. Per economia di tempo e rispetto di chi ci legge, innanzitutto.
Ora con alcuni respiri profondi, liberiamoci per quanto possibile dai pregiudizi o dai riflessi di appartenenza e, anzi, sforziamoci di pensare che la proposta l'ha fatta la nostra parte politica.

Abbandonato  il tempo dalle chiacchere, lontani dalle urla, ora bisogna impegnare il tempo per capire di cosa si parla: nel sito dell'Agenas c'e' una sezione con tre (2003 - 2010 - 2012) rapporti di analisi dell'utilizzo di questo strumento in Italia (le date ci dicono che non stiamo affrontando alcuna innovazione sconvolgente).

Poi bisogna leggere la proposta di legge 145 e la normativa nazionale di riferimento

La prima impressione è che si sia creata una tempesta in un bicchiere d'acqua: la legge regola ulteriormente una materia prevista dalla normativa nazionale che già definisce regole precise e attuative, ma ci sono alcuni punti sui quali occorre riflettere:

Articolo 2 comma 4Gli ambiti organizzativi e funzionali di riferimento dei programmi sono individuati negli atti regionali di programmazione dei servizi sanitari e socio-sanitari
Questa dizione potrebbe meglio ed univocamente essere sostituita dall'indicazione del Piano socio sanitario regionale, all'interno del quale dovrebbe trovare spazio l'indicazione degli ambiti nei quali potrebbe essere utilizzato tale strumento. Questo per dare valore al Piano Socio Sanitario e soprattutto per garantire l'equilibrio tra il potere gestionale della Giunta (che grazie al potere di revoca degli assessori è di fatto un organo monocratico) e quello programmatorio del Consiglio regionale.  

Art. 6 comma 1: Espletate le procedure di selezione di cui agli articoli 4 e 5, la Giunta regionale autorizza l’attuazione di ciascuna sperimentazione gestionale previa stipulazione di apposito atto contrattuale.
Il confine tra profit e non profit è uno dei punti più delicati da presidiare per garantire che la rotta del sistema venga mantenuta e non piegata ad interessi particolari (che essendo concentrati tendono a prevalere su quelli diffusi). Il tema della gestione di questa linea sottile è al centro del processo di lotta alla corruzione da parte dell'Autorità Nazionale Anticorruzione e in sanità passa addirittura attraverso il singolo professionista con lo svolgimento dell'attività libero professionale. Per questo è utile che il Consiglio svolga una funzione di controllo su questa fase autorizzativa e per questo è utile sia introdotto l'obbligo di un parere vincolante per il rilascio dell'autorizzazione. E' assolutamente debole la previsione all'Art. 10 comma 1 di un parere, neppure vincolante, sugli atti di indirizzo.

Art. 6 comma 2 lettera f: gli strumenti, le modalità e i criteri per le verifiche intermedie e la valutazione periodica dei risultati della sperimentazione.
Se è obiettiva la delicatezza delle sperimentazioni, diviene logicamente essenziale prevedere una verifica annuale, che come il lettore avrà notato è indicata nella normativa nazionale, e visto che siamo nell'era di internet, non ci starebbe male anche la previsione di pubblicazione nel sito web dell'azienda sanitaria coinvolta nella sperimentazione. Anche la relazione finale del dirigente regionale (
Art. 8 comma 5) sarebbe utile fosse trasmessa al Consiglio regionale e resa pubblica e il Consiglio dovrebbe essere chiamato a valutare l'esito della sperimentazione.

Art. 8 comma 1: La Giunta regionale autorizza l’attuazione dei programmi di sperimentazione gestionale per un periodo non superiore a sei cinque anni in relazione alle caratteristiche organizzative, funzionali ed economiche degli stessi.
Se da un lato è evidente che chiedere ad un privato di investire in un settore con un orizzonte di tre anni non è vantaggioso, poiché dovrà determinare una maggiore remuneratività del progetto, d'altra parte la norma nazionale parla di decisione dopo il primo triennio, e la cautela nel gestire simili sperimentazioni suggerisce di non andare oltre.

Art 5. Comma 5 bis: In presenza di situazioni di emergenza o nei casi in cui oggettive ragioni sopravvenute incidano sull'attuazione della programmazione regionale, la Giunta regionale può dare avvio a sperimentazioni gestionali convenzionate di cui al comma 1, lettera a), sulla base di procedure negoziate, da effettuarsi comunque nel rispetto dei principi di cui all'articolo 4, comma 1.
Queste righe svuotano il ruolo del Consiglio e definiscono una sorta di decretazione di urgenza (di cui in Italia abbiamo visto più abusi che usi) in una materia che di urgente non ha nulla. 


In conclusione.

La proposta non è il mostro che potrebbe sembrare dai titoli dei giornali, ma se fosse stata avanzata nel corso della definizione della Programmazione regionale, e all'interno di quella si fossero esplicitate ipotesi di utilizzo di questo strumento, non vi sarebbe stata materia di discussione: perché si ritarda ancora la definizione del Piano Socio Sanitario? 

Le realtà miste pubblico privato esistono in altri ambiti e hanno prodotto risultati disastrosi (basta leggere il Programma di razionalizzazione delle partecipate locali di Cottarelli: "Non vi è dubbio quindi che esistano elevati costi per la finanza pubblica e per la collettività in generale derivanti dalle inefficienza delle partecipate"), in sanità questo strumento, come dimostrano le analisi AGENAS, è rimasto marginale e ha un impatto molto limitato.

La Proposta di Legge, in particolare nella forma originariamente approvata dalla Giunta regionale, si pone in una prospettiva di marginalizzazione del Consiglio regionale, con uno sbilanciamento del sistema regionale centrato sulla Giunta regionale (che poi si sintetizza nella figura del Presidente); il buon funzionamento di un sistema democratico si basa al contrario su un equilibrio dei poteri e non su organi monocratici autoreferenziali. L'assenza del Piano socio sanitario è espressione concreta di questo squilibrio. E' dimostrato da ricerche sulle dinamiche di gruppo che il contraddittorio forse rallenta ma certamente migliora la qualità delle decisioni assunte, misurata in termini di capacità di raggiungere obiettivi.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

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