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La costruzione di un nuovo ospedale costituisce una formidabile occasione di qualificazione di una rete ospedaliera. Figuriamoci quando una Regione delle dimensioni delle Marche tra cantieri aperti e cantieri in itinere ne ha addirittura 7 (sette!!) che riguardano nuovi ospedali: l’Ospedale Unico Marche-Nord, il nuovo Salesi, l’Ospedale Unico Ancona Sud (INRCA Ancona-Osimo), l’Ospedale Unico dell’Area Vasta 3, il nuovo Ospedale di Fermo, l’Ospedale Unico dell’Area Vasta 5, il nuovo ospedale dei Sibillini ad Amandola. E’ la stessa proposta del Piano Socio-Sanitario attualmente in discussione ad utilizzare l’espressione Ospedale Unico per quelli di Marche Nord, Ancona Sud, Area vasta 3 e Area Vasta 5 stando così ad indicare che ai 4 nuovi ospedali unici ne corrisponderebbero 8 (due a testa per ogni ospedale unico) da chiudere per essere poi trasformati in strutture territoriali. Sono note le tensioni che accompagnano, e allungano, la fase di identificazione del sito di un  nuovo ospedale unico visto che nessuna comunità rinuncia volentieri alla “propria”struttura. Qui il discorso si farebbe lungo perché più che le comunità a “ribellarsi” sono singoli movimenti non necessariamente politici, ma spesso - per così dire - civili.

Ogni (ipotetico) nuovo ospedale – specie se unico -ha una storia a sé che meriterebbe un approfondimento specifico. Qui mi limito ad alcune considerazioni di carattere generale sulla necessità di un disegno complessivo che dia a questa gigantesca operazione di evoluzione/trasformazione della rete ospedaliera il senso di una operazione che non sia solo edilizia, ma soprattutto culturale prima ed organizzativa poi.

I  nuovi ospedali dovrebbero nascere con una idea precisa su cosa sia oggi un ospedale per acuti e quindi con una idea di quali siano i percorsi organizzativi ed i modelli culturali che in queste nuove strutture dovrebbero trovare un ambiente che li favorisce. Tanto per fare qualche  esempio banale: si prevede (e se sì in quali ospedali) un’area semintensiva polispecialistica? Si prevedono blocchi operatori ad alta tecnologia in funzione della complessità e natura delle attività chirurgiche ed  interventistiche svolte (e se sì in quale tipologia di ospedali)? Si prevede la presenza di attività di post-acuzie riabilitativa e non o si pensa che queste attività andranno tutte svolte in altre strutture per lo più territoriali? Se si scrive, come si scrive sempre, che saranno ospedali organizzati per intensità di cura ci sono state o ci saranno iniziative formative e di ricerca sugli ospedali organizzati secondo questo modello?

Ho provato a cercare nei documenti e nei siti della Regione Marche se c’è qualcosa che faccia capire se la portata potenzialmente rivoluzionaria di un nuovo modello di ospedale per acuti  è stata colta per essere preceduta ed accompagnata da iniziative culturali e di ricerca dentro il nostro Servizio Sanitario Regionale. Non ho ancora trovato niente che testimoni iniziative di questo tipo, ma forse siamo ancora in tempo utile per dare riferimenti culturali ed organizzativi solidi, comuni e innovativi ai progetti di questi nuovi ospedali. Basta fare tesoro delle esperienze di altre Regioni, prima fra tutte la Regione Toscana. Questa in occasione della costruzione di 4 nuovi ospedali ha fatto un grande investimento in termini di elaborazione. Un buon riferimento sulla impostazione della  Regione Toscana è dato dalle linee guida per la progettazione di questi ospedali redatte dalla Regione stessa. Sono ospedali - quelli toscani - che si caratterizzano per una grande attenzione ai percorsi (le linee guida propongono una interessante matrice di riferimento al riguardo) e ad una organizzazione delle degenze per intensità di cura. Spunti interessanti sui nuovi ospedali toscani si trovano anche in alcune slides coerenti con le citate linee guida e nella guida all’Ospedale di Lucca. Questi ospedali hanno una logica di organizzazione interna che penso possa valere anche per la realtà delle Marche. Sempre sulla organizzazione per intensità di cura, un altro buon riferimento è il lavoro della Regione Emilia-Romagna che ha dedicato pochi anni fa un Convegno al tema degli ospedali per intensità di cura.

Va ricordato che  la logica con cui costruire i nuovi ospedali è indispensabile anche per ristrutturare e far funzionare meglio i vecchi. E quindi prima partirà nella nostra Regione questo lavoro innanzitutto culturale sui nuovi modelli di ospedale e meglio sarà. Sono ancora tanti e comunque troppi i professionisti (medici in primis) legati ad una attività ritenuta possibile solo con i propri spazi ed il proprio personale. Per questi professionisti il rischio di lavorare in un modo vecchio in un ospedale nuovo è altissimo. Sono questi stessi professionisti ad essere di fatto tra i principali nemici dei nuovi ospedali soprattutto se “unici”. Troppo scomodi per le loro abitudini.

Male fa dunque la Regione a trattare i nuovi ospedali di fatto come semplice operazione immobiliare o, se preferiamo, edilizia. Questo approccio favorisce la non accettazione da parte di tanti cittadini e professionisti degli ospedali unici e non motiva quei professionisti ( e sono anche loro tanti, ma non si vedono) alla ricerca di innovazioni organizzative vere che li motivino. Difficile entusiasmarli con gli algoritmi per la ricerca del sito.

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