×

Messaggio

EU e-Privacy Directive

Questo sito utilizza cookies tecnici e sono inviati cookies di terze parti per gestire i login, la navigazione e altre funzioni. Cliccando 'Accetto' permetti l'uso dei cookie, cliccando 'Rifiuto' nessun cookies verrà installato, ma le funzionalità del sito saranno ridotte. Nell'informativa estesa puoi trovare ulteriori informazioni riguardo l'uso dei cookies di terze parti e la loro disabilitazione. Continuando nella navigazione accetti l'uso dei cookies.

Visualizza la ns. Informativa Estesa.

Visualizza la normativa europea sulla Privacy.

View GDPR Documents

Hai rifiutato i cookies. Questa decisione è reversibile.
Scrivi un commento
Print Friendly, PDF & Email

Chi sono nel nostro caso i Direttori? Tutti coloro che hanno un ruolo manageriale ai vari livelli del nostro Servizio Sanitario Regionale. Regione, Aziende, Dipartimenti e Unità Operative. Uomini e donne selezionati per questo ruolo con le modalità più diverse, modalità che in questo periodo sono un po’ nell’occhio del ciclone, come si dice, per via delle vicende della vicina Umbria. Ma non è della loro selezione che voglio parlare (l’ho già fatto di recente ), ma del loro modo di gestire le responsabilità, a partire da quelle che riguardano le cosiddette (che brutta espressione!) risorse umane. Organizzare, stimolare, valutare, scegliere. Queste sono le cose che deve fare un direttore nei confronti dei suoi collaboratori. A tutti i livelli.

Che le persone, specie nei ruoli “apicali, facciano la differenza lo sanno tutti. Quali siano i requisiti che debbono soddisfare per riuscirci è invece difficile da definire. Certo la nostra personale esperienza ci dice che nel casting dei direttori con cui abbiamo avuto a che fare c’è un po’ di tutto e qualcosa di troppo. Io ho personalmente trovato in molto casi entusiasmo, capacità di delega, disponibilità, competenza, esperienza e tante altre buone cose. In altri casi ho trovato arroganza, presunzione, prepotenza ed incompetenza. Di solito, chissà perché, le buone caratteristiche le trovi mescolate assieme nella stessa persona, ma purtroppo lo stesso principio vale anche per quelle cattive.

Ma insomma qual è il direttore che vorremmo o vorremmo essere? E qui viene fuori Capitan Zantax. Io Capitan Zantax l’ho conosciuto un giorno - che ricordo precisamente -  di quasi quattro anni fa: il 21 maggio 2015. Si chiama Giorgio Gambale, è marchigiano, ha scritto un libro (La medicina secondo Capitan Zantax) e me ne ha regalato una copia datata proprio con quel giorno,  giorno in cui era venuto a presentare il libro a Pesaro. Poi Giorgio il 16 ottobre dello stesso anno è morto. Era malato quando aveva scritto il libro ed era malato quando lo ha presentato. Ma io non me ne sarei mai accorto se non avessi già saputo della sua malattia. Giorgio era il marito di una bravissima collega che in quella occasione me lo aveva presentato.

Giorgio, racconta nella introduzione del suo libro, venne soprannominato Zantax (da Zantac, noto antiacido) dagli infermieri del turno di notte della Rianimazione dell’ Ospedale Maggiore di Bologna. Perché lo stile di lavoro del dott. Gambale faceva passare il mal di stomaco, grazie al suo buonumore e alla sua faccia sorridente.

Questo libro andrebbe offerto come lettura   nei corsi di formazione manageriale perché descrivono un approccio al lavoro in team ed alla gestione dei gruppi professionali che mi sembra davvero esemplare. Questo approccio Giorgio l’ha maturato sul campo attraverso tante esperienze professionali, alcune delle quali (era di Pesaro anche se si era laureato e specializzato in anestesia  e rianimazione a Bologna) fatte in alcuni ospedali delle Marche nei secondi anni ’80. Poi ci sono stati gli anni al Maggiore, il primariato a Forlì e poi quello a Cesena dove è stato anche Direttore del Dipartimento di Emergenza e coordinatore del Sistema Integrato di Assistenza ai Traumi per l’AUSL della Romagna.

Non voglio nemmeno provare ad elencare gli ingredienti con cui Giorgio preparava la sua personale ricetta di gestione delle relazioni con le persone che collaboravano con lui. Riporto a braccio quelle che mi vengono prima in mente: conoscenza profonda e vissuta  del lavoro dell’anestesista-rianimatore sul campo; apertura alla collaborazione interprofessionale; ricerca nei collaboratori di quelli più motivati; forte attenzione alla formazione continua e alla identificazione di tutor nel gruppo; spiccato orientamento alla innovazione; forte investimento sui “giovani” (il titolo di un paragrafo è appunto “Il futuro sono i giovani”); l’importanza di riconoscere chi merita e premiarlo; la convinzione che occorra delegare a chi è stato formato allo scopo; dare ad ognuno dei collaboratori il ruolo che più gli è adatto anche in base alle caratteristiche personali.

Tanti gli episodi riportati nel libro.  Ne ricordo solo uno: l’incontro casuale a Forlì con un ragazzo che faceva il servizio civile alle prese con la fotocopiatrice. Quel ragazzo era un ingegnere e da quell’incontro nacque un progetto di reingegnerizzazione del Blocco Operatorio di Forlì vincitore a Maastricht di un premio sulle buone pratiche nelle amministrazioni pubbliche.

Quasi per caso ho ripreso in mano questi giorni il libro del  dott. Gambale e mi è venuto spontaneo parlarne per ricordare a tutti noi che i Direttori – come ho detto all’inizio - possono fare la differenza e farla in meglio. Se anche se non si nasce particolarmente tagliati per questo ruolo buoni direttori (magari non ottimi) lo si può anche diventare. Ma occorre studiare ed “imitare” i buoni esempi. E quello del dottor Giorgio Gambale è un ottimo esempio.

Vorrei poter dire e auguro ad ognuno che ha avuto o ha ruoli di responsabilità nella nostra sanità di poter dire un giorno quello che ha scritto Giorgio alla fine di un paragrafo dedicato alla leadership emozionale (quella che lui esprimeva a giudizio di una autorità nel campo):

…l’aspetto più piacevole che posso comunicare è che i ragazzi con cui ho lavorato sono diventati autonomi, hanno fiducia in loro stessi, hanno imparato a gestire i conflitti nella consapevolezza che lavorare insieme è meglio.

PS Non so se il libro si trova ancora in giro. Io la mia copia la presto volentieri. Non è un caso se nella sua dedica Giorgio scrisse “Per favore Claudio ricordati dei giovani di qualità” aggiungendo il nome di un collega da poco trasferitosi nel “mio” ospedale. Me ne sono ricordato, come ricorderò sempre la lezione di Giorgio. L’ho sentito una sola volta, ma mi è bastata per capire la stoffa dell’uomo. Come - più o meno - diceva Oscar Wilde: Non bisogna bere tutta la botte per capire se il vino è buono”.

Devi fare login per poter postare un commento
Leggi il commneto... The comment will be refreshed after 00:00.

il primo commento

Joomla SEF URLs by Artio