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Con la Recente DGR 102 del 5 febbraio 2018 sul Piano della Performance 2018-2020  della Regione Marche viene affidato il compito di elaborare il Nuovo Piano Socio-sanitario (2018-2020) al Servizio Sanità. Nella delibera sono previsti due obiettivi con relative scadenze: la realizzazione del 100% degli incontri con le organizzazioni sindacali e altri stakeholders (entro il 31/03/2018) e la predisposizione della prima stesura del documento (entro il 30/06/2018). Dati i tempi molto stretti e il contesto in cui nasce l’idea del piano è opportuno prepararsi per tempo ad una collaborazione propositiva alla sua predisposizione a partire dagli incontri che si terranno a breve.

Viene qui offerto un kit per prendere parte in modo più consapevole ed utile al confronto che dovrebbe accompagnare la costruzione del piano. Prima di illustrare il contenuto del kit vediamo lo scenario in cui si colloca il piano.

Lo scenario attuale

Alla scelta di predisposizione del Piano si arriva in un contesto che è caratterizzato per le Marche dai seguenti elementi la cui convinta condivisione da parte del livello Regionale è un prerequisito fondamentale per un buon avvio del percorso di Piano:

  1. una buona tenuta del sistema dal punto di vista economico (vedi il parere favorevole del MEF allo sblocco di 27 milioni di euro a seguito di una positiva verifica degli adempimenti 2016);
  2. presenza di una serie notevole di criticità sia dal punto di vista dell’erogazione dei LEA che del funzionamento dei processi di sistema (su questo unto si tornerà analiticamente in seguito);
  3. orientamento regionale alla produzione di atti senza analisi preliminari, senza indicazioni operative cogenti, senza sistemi di monitoraggio e senza spesso forme di condivisione/comunicazione reali nelle diverse fasi di elaborazione;
  4. quasi totale assenza di un sistema informativo che renda  accessibile dati ed analisi a supporto dei processi decisionali.

Un piano che non dia da subito discontinuità a questo scenario sarebbe inutile. In una situazione quale quella descritta il ruolo del Piano è quello di definire le linee strategiche prima e le azioni sul campo poi in grado di dare una risposta ai problemi nella erogazione dei LEA attraverso la diversa modalità di gestione del funzionamento complessivo del sistema. Non è un documento, meglio ripeterlo, che nelle Marche possa essere di generici intenti frutto di un generico confronto.

Modello proposto di gestione degli incontri sul Piano e relativo kit o  cassetta degli attrezzi

Per la gestione delle riunioni del piano è meglio fissare delle regole iniziali:

  • chiarezza su chi organizza e come vengono fatte le comunicazioni, meglio se  accompagnate dal materiale che sarà discusso nelle stesse;
  • tempi certi di inizio e fine;
  • chiarezza sull'ordine del giorno;
  • chiarezza su chi conduce e con quali regole;
  • conduzione asciutta che favorisca la sintetica ed ordinata presentazione delle argomentazioni;
  • possibilità di lasciare memorie scritte in modo da impostare la discussione e poi magari riapprofondirla;
  • disponibilità costante di dati e documenti a supporto della proposta regionale;
  • obbligo di tempestiva e completa verbalizzazione di ciascun incontro.

Si propongono tre strumenti: una check-list per analizzare il percorso proposto, una check-list per valutare se nei documenti si analizzano le principali criticità e una check-list per valutare le linee strategiche proposte e le relative azioni. Le check-list sono riportate negli allegati che seguono. Ovviamente ognuno di questi strumenti può essere adattato al punto di vista di ciascun interlocutore. 

 

ALLEGATO 1 - Check-list per la verifica del percorso del Piano

 Si propone di verificare almeno questi elementi: 

  1. sono elencate con chiarezza fasi e tempi della elaborazione del piano con definizione per ciascuna fase delle singole attività previste e delle relative modalità di coinvolgimento degli  stakeholder ? Chi di questi verrà coinvolto, quando e con quali modalità?
  2. è prevista una fase iniziale di analisi condivisa di dati e documenti sulle criticità di sistema più importanti?
  3. è prevista una prima bozza di documento sulla impostazione generale del Piano in cui riportare i principi fondanti e la metodologia di lavoro proposta per gli eventuali approfondimenti di settore? 
  4. quali sono i settori in cui si ritiene debba essere previsto uno specifico approfondmento?
  5. la struttura finale del piano quale sarebbe e per quando è prevista?
  6. è previsto un sistema per documentare online fasi, azioni e documenti del piano?
  7. dove, quando e come è previsto il raccordo tra programmazione regionale e programmazione locale?
  8. da chi è rappresentato l'ufficio del Piano, che competenze esprime nei vari settori e come vengono ripartiti i diversi compiti;
  9. l' Ufficio per il Piano servirà solo alla redazione del Piano o ne moniterà l'applicazione nel tempo?

ALLEGATO 2 - Check-list per la verifica delle criticità prese in considerazione nei documenti

I documenti regionali tengono conto delle criticità note e documentate (o facilmente documentabili) del SSR delle Marche? Tanto per avere una possibile traccia di riferimento  si possono distinguere tra criticità  nella erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza e criticità nel  funzionamento dei processi di sistema. Sarà facile spuntare quello che viene preso in considerazione e quello  che non lo è. Per ogni criticità presa in considerazione va verificato il tipo di dati ed i criteri di analisi  utilizzati.

Queste le criticità principali (ma non uniche) nella erogazione dei LEA:

  1. una speranza di vita in buona salute alla nascita bassa;
  2. forte carenza e disomogeneità dei servizi territoriali in genere con una bassa copertura da parte dell’ADI e una offerta residenziale e in generale dell’area della post-acuzie inadeguata con una enorme difficolta alla dimissione protetta,
  3. forte carenza di servizi nell’area delle fragilità come quella della salute mentale, delle dipendenze patologiche, della disabilità cronica e delle demenze (e la assenza di un Piano Regionale Demenze vero);
  4. assenza di un progetto di odontoiatria pubblica;
  5. la pratica scomparsa dei consultori;
  6. sottofinanziamento della prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro;
  7. l’incidenza elevata di nuovi casi di infezione da HIV e di epatiti;
  8. gli aumenti degli infortuni sul lavoro accompagnati da una carenza nella attività ispettiva negli ambienti di lavoro;
  9. una variabilità di alcuni indicatori di esito tra le diverse Aree Vaste in base ai dati del Programma Nazionale Esiti (PNE), il che vuol dire una mortalità post evento acuto o post intervento diversa a seconda dell’area di residenza ;
  10. l’esistenza diversi treemap critici nel PNE per diversi ospedali delle Marche (il che vuol dire rischio di piano di rientro per alcuni ospedali);
  11. la fortissima carenza della fase riabilitativa in tutti i PDTA importanti che la prevedono (ictus in primis);
  12. piano per il contenimento delle liste di attesa ancora pieno di ritardi e buchi (prenotazioni offerte in tempo utile in posti inutili, mancata condivisione da parte dei prescrittori dei criteri per il riconoscimento delle classi di priorità, percorsi di presa in carico largamente incompleti, mancanza di un sistema informativo dedicato, ecc).

Dal punto di vista del funzionamento dei processi di sistema si segnalano e documentano:

  1. la pratica assenza di un sistema informativo comprensivo di una reportistica commentata su: assistenza ospedaliera, assistenza domiciliare, assistenza residenziale, mobilità sanitaria, servizi per la salute mentale, servizi per le dipendenze patologiche, …;
  2. la spesa elevata per farmaci e dispositivi medici;
  3. l’assenza di sistemi di monitoraggio di reti cliniche e PDTA, pure previsti nei relativi atti;
  4. il ritardo e la mancata condivisione nei percorsi di costruzione dei nuovi manuali di autorizzazione ed accreditamento;
  5. la assenza di una politica per il governo della mobilità sanitaria e un incremento progressivo fino al 2016 del saldo passivo di mobilità;
  6. la assenza di un piano interpretabile di edilizia ospedaliera;
  7. i forti ritardi nel fascicolo sanitario elettronico;
  8. la carenza di una funzione strutturata in Regione e nelle Aziende di gestione dei problemi di qualità e sicurezza;
  9. una arretratezza nei modelli organizzativi (e prima ancora culturali) della assistenza sanitaria di base con una integrazione ancora debole al suo interno della medicina generale (a fronte di accordi sul piano teorico avanzatissimi);
  10. gravi ritardi nello sviluppo dei modelli organizzativi in grado di sviluppare l’autonomia e la responsabilità delle nuove professioni, dentro e fuori li ospedali (vedi la storia dei dipartimenti delle professioni);
  11. ritardi nelle risposte alle richieste di sindacati, associazioni, collegi (oggi ordini) professionali di incontri sistematici per la soluzione dei problemi dagli stessi rappresentati;
  12. non operatività dei gruppi di lavoro, commissioni, organismi previsti negli atti regionali assieme ad indicatori quasi mai verificati;
  13. grave ritardo nel Piano Regionale Cronicità;
  14. sistema dell’emergenza territoriale disallineato rispetto agli standard di altre Regioni con un eccesso di costi evitabili in assenza di dati che ne supportino la maggiore efficacia ed efficienza, che in base ai dati disponibili vanno anzi migliorate;
  15. committenza nei confronti dei privati contrattualizzati migliorabile;
  16. forte carenza dei processi di comunicazione all'interno del sistema sia tra regione ed aziende che tra direzioni ed operatori e tra operatori e pazienti e loro famiglie. I dati sul benessere organizzativo quando esaminati criticamente lo evidenziano;
  17. assenza di una politica per la valorizzazione delle risorse  umane attraverso gli strumenti della formazione e della valutazione;
  18. forte disagio degli operatori chiamati a lavorare in condizioni di stress organizzativo a causa delle carenze di personale  in settori critici.

ALLEGATO 3 -Check list per la verifica delle linee strategiche del piano e dei relativi piani di azione

Va verificato se i documenti identificano delle linee strategiche generali ed, all’interno di queste, delle azioni “concrete” di perseguimento di quelle linee con indicazione almeno di tempi, ruoli, obiettivi ed indicatori.  Degli indicatori andrebbe verificata la fonte, la modalità di calcolo, i valori attesi di riferimento e la modalità della loro definizione. Queste le principali linee strategiche proposte come base di riferimento dell’analisi dei documenti regionali e, all’interno di queste, le azioni che dovrebbero/potrebbero essere previste:

1. orientamento alla prossimità e territorialità:

  • potenziamento del ruolo del distretto;
  • riqualificazione del rapporto con i medici di medicina generale attraverso una realizzazione sul campo effettiva e monitorata degli accordi già sottoscritti (eventualmente integrati) e un Piano Regionale Cronicità che lo valorizzi;
  • potenziamento e qualificazione dell’area della post-acuzie (ospedaliera, residenziale e domiciliare) che ha notevolissimi problemi di quantità dell’offerta, di regolamentazione e di governo (le dimissioni degli ospedali sono faticosissime e la dimissione protetta ancora da realizzare in moltissimi presidi), comprensiva della rete delle cure palliative;
  • potenziamento e qualificazione specifica dell’area della riabilitazione in cui vanno rivisti i modelli culturali ed organizzativi e va sanata la carenza di offerta (i PDTA di molte condizioni come l’ictus sono debolissimi nella fase della riabilitazione). Vi è un problema enorme ancora da aprire di riabilitazione geriatrica nei pazienti con pluripatologia che affollano gli ospedali e le residenze, che non sono in grado di sostenere un trattamento riabilitativo intensivo e che non ricevono quella riabilitazione di mantenimento di cui pure hanno molto bisogno. La riabilitazione ha bisogno nelle Marche di un think tank (pensatoio) dedicato;
  • investimento politico e tecnico sulla strategia aree interne che dovrebbe rispondere ai bisogni specifici delle comunità dell’entroterra a maggior rischio di spopolamento (e in questo rientra anche la risposta all’evento terremoto). Di questa strategia, pure finanziata ed avviata, si riesce a sapere veramente poco non essendo monitorata con siti e documenti che ne consentano una condivisione consapevole;

 2. prevenzione delle diseguaglianze e promozione della salute

  • potenziamento delle attività comunitarie di prevenzione nel Piano Regionale della Prevenzione con specifico riferimento a quelle mirate ad una longevità attiva;
  • lotta alle diseguaglianze  che prima di essere combattute devono essere conosciute ed approfondite, ma grandi competenze sono presenti nell’ARS al riguardo;

 3. qualificazione servizi:  

  • razionalizzazione della rete ospedaliera per acuti con priorità per il consolidamento delle reti tempo dipendenti e di almeno otto reti cliniche (tra cui, ad esempio, quelle: oncologica, neonatologica, ortopedica, cardiologica e cardiochirurgica, neurologica neurochirurgica e urologica) finalizzato al recupero nel tempo del saldo di mobilità passiva e del miglioramento della performance degli indicatori del PNE. Questa linea prevede anche un piano esplicito e monitorato di edilizia ospedaliera, che manca e deve essere attualmente ricostruito attraverso frammenti di informazioni, magari ricavate da comunicati stampa;
  • gestione delle reti e dei processi (PDTA in primis) in una logica di progetto di qualità secondo la logica del ciclo Plan, Do, Check and Act (PDCA, ovvero raccogli dati, pianifica, agisci, verifica e correggi), alla base del sistema di accreditamento. La stragrande maggioranza delle attuali reti e degli attuali PDTA non opera così. Una particolare attenzione merita la rete dell’emergenza territoriale da migliorare sia in termini di efficacia che di efficienza;
  • forte investimento sul governo della cultura del farmaco, che nelle Marche costituisce risorsa assolutamente e costosamente mal utilizzata;

4. qualificazione ruolo della Regione e delle direzioni Aziendali

  • messa a regime (o meglio, quasi avvio) della funzione informativa della Regione che presenta oggi assolute carenze e ritardi nella produzione di report e dati, compresi quelli rilevati obbligatoriamente ai fini degli adempimenti ministeriali e obbligatoriamente gestiti dalle aziende;
  • la linea precedente viaggia con la ridefinizione del ruolo dell’ARS come organo tecnico terzo che in autonomia supporta il livello tecnico e politico dell’Assessorato e della Giunta;
  • organizzazione strutturata nelle Aziende ed in Regione delle funzioni qualità e sicurezza cui vanno assegnate risorse e cui va dato un mandato forte e convinto che utilizzi il percorso di accreditamento come occasione di realizzazione sul campo di politiche per la qualità e sicurezza;
  • migliore e diversa gestione della funzione di committenza nei confronti dei privati contrattualizzati, in grado di orientare davvero la loro produzione inserendola coerentemente nelle reti e nei PDTA;
  • adozione di una politica per promuovere coinvolgimento e responsabilizzazione dei cittadini e degli operatori e di chi li rappresenta (che manca e quindi non viene praticata);
  • adozione di una politica per la gestione delle risorse umane che ad esempio preveda uno studio delle professionalità carenti, faccia una gestione programmata dei rimpiazzi e delle professionalità critiche da acquisire e utilizzi veramente la valutazione del personale come strumento di miglioramento della qualità dell’assistenza;
  • valorizzazione delle nuove professioni: va dato spazio negli organigrammi aziendali a dirigenti dell’area delle professioni e vanno istituiti i Dipartimenti delle Professioni
  • rafforzamento del supporto da parte delle Università e dell’INRCS INRCA. A solo titolo di esempio, la produzione di più corsi di formazione manageriale da parte di più università della Regione scollegati tra loro e da una politica regionale su cultura e pratica del management in sanità son stati fino ad oggi una opportunità in parte persa, a prescindere dalla elevata qualità didattica in sé dei corsi. Quanto all’INRCA, in una Regione che potrebbe essere un laboratorio di innovazione sulle risposte ai bisogni della popolazione anziana, vi è sicuramente spazio per un suo ruolo più diretto a supporto delle politiche in questa area di fondamentale importanza;
  • governo dell’innovazione tecnologica. Anche qui un paio di esempi: escono comunicati stampa su nuove avanzatissime, o comunque sofisticate, tecnologie (magari ancora spesso in discussione nella comunità scientifica come la chirurgia robotica) e non vi sono documenti o piani di valenza regionale che ne supportino la acquisizione e ne prevedano il monitoraggio di impatto. Altro esempio è la telemedicina: a che punto ci troviamo?
  • gestione dei siti della Regione e delle Aziende finalizzata alla condivisione di tutte le progettualità di sistema con pagine specifiche dedicate a tutto ciò che adesso va faticosamente ricostruito recuperando tracce qua e là (liste di attesa, reti cliniche, progetto demenze, progetto cronicità, area salute mentale, area dipendenze patologiche, area diseguaglianze, edilizia sanitaria, telemedicina, strategia aree interne, ecc
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    Lucio Luchetta · 06/03/2018
    La lettura di questo interessante articolo mi offre l’opportunità di fare alcune riflessioni:
    • degli elementi giustamente segnalati, nello scenario attuale, che dovrebbero essere condivisi dal livello Regionale per un buon avvio del percorso di stesura del nuovo piano solo uno è positivo (parere favorevole del MEF) mentre tutti gli altri sono negativi. Faccio fatica a pensare quale possono essere, visto l’attuale assetto del sistema regionale, le motivazioni, le leve e le modalità che potrebbero portare al cambiamento ed a dare rapidamente una discontinuità a questo scenario. Spero di sbagliarmi e spero che emerga questa voglia di cambiare marcia e che ciò avvenga rapidamente.
    • per quanto riguarda le criticità credo che nel riprendere in mano la riorganizzazione della rete ospedaliera si dovrà sicuramente cambiare modalità rispetto a quanto attivato in questi ultimi anni. Non è possibile pensare a nessuna riorganizzazione di questa rete assistenziale senza contestualmente attivare un potenziamento dell’assistenza territoriale. Invece abbiamo giustamente trasformato i poli ospedalieri, talora facendo fatica a capire in cosa li abbiamo trasformati, senza realizzare una riorganizzazione del sistema degli ospedali per acuti rimasti (penso solo alla congestione del pronto soccorso) e ancora di più delle risposte territoriali (riqualificazione del ruolo della medicina generale, dell’ADI, dell’area della post-acuzie, ecc.). Spesso abbiamo creato solo un vuoto assistenziale che ha prodotto disorientamento tra gli operatori ed i cittadini.
    • se pensiamo poi alle cure intermedie, da quanto mi risulta dalle notizie che mi pervengono, la loro attivazione è avvenuta in maniera non uniforme e spesso senza raggiungere gli obiettivi prefissati. Forse, in parte, abbiamo perso l’occasione per valorizzare le cure primarie, come strumento fondamentale per rispondere alla cronicità, fornendo a questo livello assistenziale un nuovo setting assistenziale gestito autonomamente dai medici di medicina generale (ammesso di avere attivato un percorso appropriato di un loro coinvolgimento). Invece, talora, le cure intermedie vengono utilizzate come setting assistenziale per decongestionare gli ospedali per acuti come se fossero posti letto di lungodegenza post-acuzie anche con pazienti non stabilizzati, e pochi sono i ricoveri attivati dal territorio.
    Il rigore metodologico e scientifico con cui è stato scritto questo articolo mi fa ripensare a tante riunioni proficue che si tenevano, alcuni anni fa, nella sede del nostro servizio salute: si affrontavano le criticità del sistema e si proponevano nuovi percorsi assistenziali, ci si confrontava condividendo e proponendo soluzioni che poi venivano adottate dall’organo politico regionale.
    Credo che la nostra Regione, nel definire il nuovo piano sociosanitario, non possa non coinvolgere, indipendentemente dal proprio status, tutti quelli che sono portatori di competenza, di esperienza e di rigore metodologico: basta voler trovare la forma di coinvolgimento più appropriata.
    Nella prospettiva della stesura del nuovo piano, mi auspico che la politica regionale faccia prioritariamente una attenta analisi dello stato attuale del nostro sistema sanitario, evidenziando soprattutto le criticità esistenti. Spero che potranno essere stimolo di riflessione anche i risultati della recente tornata elettorale.
    • Questo commento non è stato pubblicato.
      Claudio Maria Maffei · 07/03/2018
      Caro Lucio, in molti confidiamo in un effetto positivo del nuovo Piano. Purtroppo, l'idea del Piano non nasce, come dovrebbe, dalla presa d'atto che il sistema va ripensato nel suo complesso, ma piuttosto - opinione mia - dall'intenzione dellq Regione di affermare una capacità di governo messa in discussione da più parti (sindacati ed associazioni di tutela in primis). Ma il processo che si dovrebbe avviare è una occasione da non perdere. Uno dei punti chiave è certamente, come ricordavi tu, la capacità di dare una regolamentazione ed un governo a quell'insieme complesso di attività che vanno dalla post-acuzie ospedaliera alla assistenza domiciliare passando per la attività residenziale in cui per comodità includiamo anche le cure intermedie. In questa area serve una innovazione culturale ed organizzativa ed un forte investimento di risorse. Una semplice riclassificazione delle attività come nel caso delle cure intermedie in presenza di un ridimensionamento dei posti letto per acuti si traduce in quell'affanno in cui opera tutta la rete ospedaliera che non riesce a dimettere e quindi non riesce ad ammettere con i posti letto di medicina d'urgenza che diventano ordinari, il blocco dei ricoveri programmati, ecc. E' quasi incredibile che una funzione di base dei distretti come la dimissione protetta sia ancora a regime (se lo è) in pochissimi distretti.
      Alla base di questa e di tutte le altre criticità di sistema c'è la rinuncia che è stata fatta ormai da molti anni da parte della Regione di considerare il sistema sanitario come un continuo oggetto di analisi e sperimentazioni. La rinuncia quasi ostile all'utilizzo dei dati ne è la dimostrazione.
      Forse la vicenda elettorale può stimolare un processo di cambiamento. Questa è la speranza di chi non ha rinunciato all'idea che il nostro SSR possa migliorare il proprio servizio ai cittadini.
      Condivido anche l'idea che ci siano nel sistema risorse che il processo di Piano potrebbe utilizzare. Oltretutto il 2018 il SSN compie 40 anni. Quale occasione migliore per fare il punto e ripartire?
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