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Sta per iniziare il 2020, un anno importante per la sanità sia nazionale che regionale. Tanto per cominciare tanti auguri e un ringraziamento ai nostri lettori (ci siete ancora sì?).

Dicevamo che il 2020 sarà un anno importante per la sanità nazionale. E’ stato appena approvato il nuovo Patto per la Salute 2019-2021 che di fatto inizierà il suo corso  triennale con l’inizio del nuovo anno. Quanto alla sanità regionale, sta per essere approvato (credo) il nuovo Piano Socio-sanitario (anche in questo caso 2019-2021 e anche in questo caso di fatto 2020-2022). E allora, già che ci siamo, facciamo un breve commento sia del nuovo Patto per la salute che del (presumibile) nuovo Piano Socio-sanitario 2019-2021. 

Cominciamo dal nuovo Patto per la salute. I suoi contenuti sono molto ben sintetizzati dal commento fatto da Quotidiano Sanità alla cui lettura rimandiamo. Il mio personale parere è che il Patto abbia alcuni elementi positivi e alcune criticità importanti. Gli elementi positivi riguardano alcune misure di tipo economico e normativo utili per un iniziale rilancio del Servizio Sanitario Nazionale. Eccole rapidamente sintetizzate con brevi “inserti” tratti dal citato commento di Quotidiano Sanità: 

  1. un aumento del finanziamento del SSN (3,5 mld per il biennio 2020-2021):474.000.000 euro per l'anno 2019, 116.474.000.000 euro per l'anno 2020 e in 117.974.000.000 euro per l'anno 2021;
  2. il tetto di spesa per il personale sale al 10% per 3 anni con possibilità di crescere al 15%:
    nel triennio 2020-2022 è previsto che la percentuale di incremento della spesa di personale- fissata in misura pari al 5 per cento salga al 10 per cento. Previsto poi, per il periodo di vigenza del patto, la possibilità di graduale aumento, sino al 15 per cento, della percentuale di incremento della spesa qualora emergano oggettivi ulteriori fabbisogni di personale rispetto alle facoltà assunzionali, valutati congiuntamente dal Tavolo tecnico per la verifica adempimenti e dal Comitato LEA, fermo restando il rispetto dell’equilibrio economico e finanziario del servizio sanitario regionale;
  3. formazione-lavoro:nel Patto si prevede di proporre uno schema di accordo tipo da parte del Ministero della salute, al fine di uniformare le modalità di svolgimento della formazione specialistica a tempo parziale e delle attività formative teoriche e pratiche previste dagli ordinamenti e regolamenti didattici della scuola di specializzazione universitaria e di valutare il superamento anche temporaneo dell’applicazione dell’art. 1, comma 361, della legge n. 145/2018 alle graduatorie di personale sanitario del SSN con l’obiettivo di garantire il tempestivo reclutamento del personale del SSN ed assicurare il turn over necessario per la continuità dei servizi, nonché per consentire risparmi nella spesa connessa all’organizzazione delle procedure concorsuali.

La principale criticità riguarda a mio parere la frenata sul  potenziamento dei servizi territoriali, nodo chiave della trasformazione che i Servizi Sanitari Regionali (a partire da quello delle Marche) dovrebbero perseguire nei prossimi anni. Il Patto per la Salute lancia due segnali almeno in parte contrastanti tra loro. Da una parte nella scheda 8 parla nel titolo di sviluppo delle reti territoriali e nel testo dichiara che “Nell’ambito dell’assistenza territoriale si intende concordare indirizzi e parametri di riferimento per promuovere una maggiore omogeneità e accessibilità dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria, garantendo l’integrazione con i servizi socio-assistenziali”, ma dall’altra nella scheda  15 parla di revisione del DM 70/15 e dichiara nel testo che “Come previsto dalla stessa norma, a quattro anni dalla sua adozione, si conviene sulla necessità di revisione del Decreto, aggiornandone i contenuti sulla base delle evidenze e delle criticità di implementazione individuate dalle diverse Regioni, nonché integrandolo con indirizzi specifici per alcune tipologie di ambiti assistenziali e prevedendo specifiche deroghe per le regioni più piccole”. Questa seconda scheda, in parole povere, finirà con aumentare il rischio che le Regioni rallentino e “annacquino” il riordino della rete ospedaliera con conseguente impossibilità di trasferire le risorse necessarie alla assistenza distrettuale e alla prevenzione.

Questo rischio ci porta rapidamente a parlare del nuovo Piano socio-sanitario scaricabile dal sito www.norme.marche.it della Regione nella sezione dedicata alle Leggi Regionali, dove si trova anche la documentazione relativa all’iter degli atti ed in particolare all’iter delle Proposte di atto amministrativo. Qui è reperibile sia il Piano nel testo licenziato dalla Commissione Consiliare competente (la quarta) che il parere espresso dai due organismi indipendenti del Consiglio delle Autonomie Locali (CAL) e del Consiglio Regionale della Economia e del Lavoro (CREL).

Il CAL si esprime così in modo estremamente sintetico: In relazione all'atto in oggetto, che pur articolato ha un carattere generico e poco discusso, non ravvisando elementi di merito emendabili si propone di esprimere parere favorevole.

Il CREL, che ricomprende tra gli altri anche i sindacati, fa una analisi articolata che si conclude così:

Per quanto sopra esposto, pur registrando che la proposta della Commissione rappresenta un avanzamento, rispetto al testo iniziale, in ordine a partecipazione, cronoprogramma degli interventi, servizi sanitari territoriali, quadri socio-demografici, si ritiene che la permanenza di due importanti limiti sopra indicati ne pregiudichino l'impianto complessivo. In particolare, permangono:

  • l'omissione del tema del riassetto della governance complessiva del SSR, attraverso la rivisitazione del quadro regolato dalla l.r. 13/2003 e ss.mm., ai fini di un maggior efficientamento dello stesso nel segno di una reale integrazione tra le reti;
  • la mancata attuazione del proposito di portare a coincidenza Distretti sanitari e ATS per superare le persistenti criticità in tema d'integrazione socio-sanitaria.

Per le considerazioni di cui sopra si propone la non espressione di parere sull'atto in oggetto.

Quanto alla mia valutazione mi limito in questa sede a sottolineare che il nuovo Piano frena ulteriormente sul trasferimento di risorse dall’ospedale al territorio. Ecco, infatti, le indicazioni che emergono dal Piano rivisto dalla Quarta Commissione: 

  1. il ridisegno della rete avverrà in una fase successiva con un provvedimento di Giunta approvato dalla Commissione competente (dato che siamo a fine legislatura i tempi rischiano di diventare molto lunghi);
  2. gli ospedali di area disagiata diventano cinque: ai due già decisi di Amandola e Pergola si aggiungono quelli di Cingoli, Sassocorvaro e Cagli (di questi ospedali si ipotizza anche la possibilità di trasformazione in ospedali di base);
  3. non si parla più di ospedali unici di Marche Nord, Area Vasta 3 e Area Vasta 5 che diventano nuovi ospedali;
  4. per i nuovi ospedali si parla di accordi con i Comuni interessati secondo il modello Fano, modello che mantiene a Fano un ospedale di base “rafforzato” in aggiunta al nuovo Ospedale di Marche Nord (in pratica si mantengono anche gli ospedali esistenti in aggiunta a quelli nuovi);
  5. attualmente - si afferma con una frase che non compariva nel testo iniziale- la unica struttura di II livello è quello della AOU di Ancona, ma non si revoca la DGR 1623/2018 che prevede che il nuovo Ospedale di Marche Nord sia di II livello;
  6. non si revocano gli atti che prevedono due nuove Case di Cura a Sassocorvaro e a Fano.

Queste scelte giustificano sia il mancato parere favorevole del CREL e sia  la preoccupazione che tutti dovrebbero avere sulla possibilità che in questo quadro programmatorio si possa riorientare il sistema socio-sanitario delle Marche verso la risposta territoriale alla cronicità. Questo sarà il tema dei prossimi anni.

A partire da quel 2020 per cui rinnoviamo gli auguri.

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