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Per chi non è direttamente coinvolto nelle trattative sindacali con i rappresentati dei Medici di Medicina Generale (MMG) non è sempre facilissimo strecciarsi nelle delibere che riportano i contenuti dei nuovi accordi che disciplinano il rapporto  tra MMG e Servizio Sanitario Regionale (SSR). Cercherò di farlo a partire dall’ultimo di cui alla DGR 1456 del 4 dicembre 2017.

Una premessa: ho personalmente un rapporto di grande stima nei confronti di moltissimi colleghi MMG a partire dal mio, alla cui esperienza e competenza affido la gestione dei miei problemi di salute e di quelli dei miei familiari. Sono e sono stati problemi anche drammatici ed è con piena soddisfazione che siamo stati supportati dal nostro MMG. E su questo punto non ci sono se e non ci sono ma

Diversa è la sensazione (uso questo termine perché su quello di cui sto per parlare vorrei avere le idee più chiare, ma non ci sono ancora riuscito) che ho sul ruolo all’interno del sistema dei MMG, che mi sembra al momento insufficientemente sviluppato e valorizzato.  Personalmente ritengo che tale figura debba pesantemente e più del passato e del presente far parte della risposta, ad esempio,  alla patologia cronica e del trasferimento di parte della assistenza attualmente erogata in ospedale al livello domiciliare  e residenziale.  Ed è qui che mi sembra ci sia un significativo gap tra le migliori esperienze delle altre Regioni e quanto teoricamente scritto e praticamente realizzato negli accordi con i MMG deliberati dalla Regione Marche.

Come già anticipato l’ultimo aggiornamento dell’accordo (quello base rimarrebbe quello di cui alla DGR 751/2007) risale allo scorso dicembre ed è articolato in tre fondamentali capitoli:

  1. attribuzione delle risorse dei fondi per gli istituti soggetti ad incentivazione e per il miglioramento della rete organizzativa del territorio -anno 2016;
  2. il ruolo dei MMG negli ospedali di comunità;
  3. i futuri presidi di assistenza sanitaria avanzata di medicina generale e delle cure primarie.

Premesso che gli accordi sono (forse inevitabilmente) scritti in un gergo familiare solo a chi li sottoscrive e a quanti contribuiscono alla loro costruzione, provo a ricavare alcune indicazioni sullo stato dei rapporti tra MMG e Servizio Sanitario Regionale. Per quanto riguarda il primo punto, la gestione dei fondi, lo salto perché la sua analisi richiede una conoscenza approfondita dell’impianto amministrativo dell’accordo del 2007 che non ho. Peraltro è una parte significativa da un punto di vista economico, ma si riferisce ad una organizzazione per certi versi consolidata che ai cittadini e agli altri operatori è ormai nota (forme associative della medicina di gruppo, personale di studio, ruolo nella assistenza domiciliare e residenziale, assistenza aggiuntiva per l’accessibilità e la continuità dell’informazione e quindi disponibilità telefonica e più ampi orari e giorni di apertura).

La parte più interessante, almeno per me, dell’accordo del 2007 sarebbe lo stato di avanzamento di alcune delle soluzioni organizzative più evolute e innovative che lo stesso accordo riportava: le Equipe Territoriali e le Unità di Assistenza Primaria che erano previste anche nell’Accordo Collettivo Nazionale del 2005. Ho provato a cercare informazioni in rete, ma dove e come queste modalità mature di organizzazione delle cure primarie siano state sperimentate nelle Marche non sono riuscito a ricostruirlo. Ci riproverò. Se qualcuno mi può aiutare...

Passo invece con maggiori dettagli al secondo punto dell’ultimo accordo, punto  che mi sembra di particolare importanza: la partecipazione dei MMG alla gestione degli Ospedali di Comunità in continuità con il vecchio accordo del 2007 nella parte che riguardava il sistema di domiciliarità e residenzialità e con un accordo del luglio 3016 (DGR 746/2016) che avviava il percorso di coinvolgimento dei MMG nel sistema delle cure intermedie ovvero nei posti letto degli Ospedali di Comunità. 

Prima di entrare nel merito dei contenuti di questa parte dell’accordo, alcuni punti preliminari mi pare vadano chiariti perché la terminologia in uso nella assistenza extra-ospedaliera crea nei non specialisti spesso problemi di chiarezza. I posti letti di cure intermedie non sono una invenzione per mantenere in vita i piccoli ospedali, ma una soluzione nuova e importante per dare assistenza al di fuori dell’ospedale a pazienti che sono troppo clinicamente complessi per il sistema residenziale tradizionale fatto da Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) e Residenze Protette (RP). Diamo per note le caratteristiche di queste due tipologie di strutture e limitiamoci a dire che i loro ospiti continuano ad essere seguiti dal loro MMG, come se stessero a casa loro. Del resto la durata dei ricoveri in queste strutture è spesso molto lungo.

I posti letto di cure intermedie nascono per ospitare per un periodo che non dovrebbe superare i due mesi  pazienti che provengono per lo più (ma non solo) dai reparti ospedalieri per acuti e da quelli, sempre ospedalieri, di post-acuzie. Per gli infiniti dettagli di questa nuova modalità di gestione residenziale dei pazienti si rimanda alla DGR 960/2014 e in rete si trovano infinite analisi anche comparative tra i tanti possibili modelli di posti letto di cure intermedie. Fatto è che la Regione Marche con la DGR 139/2016 decide di attivarne 363 nelle Case della Salute/Ospedali di Comunità, che si dovrebbero aggiungere ai 63 già previsti con la DGR 960/2014 al di fuori dei piccoli ospedali da riconvertire.

Cosa fa l’ultimo accordo con i MMG? Prevede e in qualche modo regolamenta la partecipazione dei MMG a questa nuova forma di residenzialità. Nei posti letto di cure intermedie delle Case della Salute i MMG non seguono i loro pazienti, ma diventano i medici della struttura in integrazione, specie per la copertura notturna e quella diurna festiva e prefestiva, con i Medici di Continuità Assistenziale. La presenza del medico o dei medici in tali strutture copre alcune fasce orarie perché l’organizzazione non è e non deve essere quella di un ospedale (sennò si lasciavano in vita questi).

Attenzione: i posti letto di cure intermedie (non ancora tutti attivi, ma dovremmo essere a buon punto) nella maggioranza dei casi sono per la parte medica a gestione da parte di medici dipendenti, gli stessi che operavano magari in precedenza nello stesso ospedale o nei reparti della stessa Area Vasta. I motivi sono anche clinici: i pazienti delle cure intermedie sono complessi anche se dovrebbero essere clinicamente stabili. Hanno pluripatologie e pluritrattamenti con bisogni di assistenza infermieristica alti. Quindi è possibile sia affidarli ai MMG che ai medici, diciamo cosi, ex-ospedalieri. Al momento sono molti di più i posti letto di cure intermedie gestiti per la parte di competenza da medici dipendenti. VI PREGO: se ho capito male ditemelo subito!

Detto tutto questo (il tema delle cure intermedie va ben inquadrato sennò si perde di vista il contenuto dell’ accordo con i MMG), laddove si creino le condizioni i MMG sono i medici cui i direttori di distretto dovrebbero in via prioritaria affidare la gestione clinica dei posti letto di cure intermedie. ATTENZIONE DI NUOVO: in questa tipologia  di assistenza il ruolo del personale di assistenza, infermieristico in particolare, e quello del coordinatore infermieristico sono CENTRALI! E qui spazi di innovazione/sperimentazione sono amplissimi.

La DGR 746/2016 definiva le forme di partecipazione dei MMG agli ospedali di comunità con moduli di cure intermedie  fino a 10 posti letto. Negli accordi locali che avrebbero dovuto trasferire nella pratica le indicazioni regionali andavano previsti nel dettaglio i contenuti delle attività dei MMG e del coordinatore assieme agli strumenti da utilizzarsi sia come cartella clinica che come metodologia di lavoro (riunioni periodiche, meccanismi di audit e quindi di verifica, ecc). Con la DGR 1456/2017 vengono definite le modalità di svolgimento  e le forme di  incentivazione economica della collaborazione dei MMG con le strutture da 11 a 50 posti letto.  Per il resto rimangono valide le indicazioni della precedente DGR 746/2016.

Entro tre mesi (ormai in via di  scadenza) dall’entrata in vigore dell’Accordo il Comitato Regionale per la Medicina Generale dovrebbe elaborare un regolamento di funzionamento delle strutture residenziali. Aspettiamo e studieremo. A proposito: è uscito?

E adesso veniamo alle note a mio parere dolenti. Nell’ultimo accordo vengono esplicitati gli indicatori di efficacia e di efficienza della struttura, indicatori definiti dall’Osservatorio Regionale dell’Appropriatezza, organo previsto già nel vecchio accordo del 2007. In linea con l’impostazione di marchesanita diamo spazio agli indicatori scelti:

  1. indicatori di esito: N. dimissioni con rientro a domicilio/N. totale dei ricoveri effettuati (indicatore di qualità del servizio); N. invii in Pronto Soccorso nei primi tre giorni di ricovero/ Totale dei ricoveri effettuati (indicatore di appropriatezza del ricovero); tempo intercorso tra dimissione dal sistema residenziale e rientro in ospedale o sistema residenziale (indicatore della appropriatezza della dimissione);
  2. indicatori di approfondimento e studio dell’Osservatorio per l’Appropriatezza: N. consulenze specialistiche per ciascuna patologia /N. ricoveri nel sistema residenziale (indicatore di capacità di gestione delle complicanze); n: farmaci prescritti presenti nel prontuario Farmaceutico di AV/N. farmaci totali prescritti (indicatore della capacità di modificare il prontuario di riferimento).

Questi indicatori verranno (o andrebbero) usati durante il 2018, primo anno di applicazione dell’accordo.

I problemi (veramente grossi) li poniamo anche come domande:

  1. gli indicatori non sono scelti bene perché sono incompleti e (quelli di approfondimento) di difficile (se non impossibile) rilevazione. Perché non sono stati costruiti meglio e inseriti tra gli indicatori di monitoraggio istituzionali che la Regione dovrebbe costruire e far costruire (credo dall’ARS, ma è opinione mia) su tutti i processi riorganizzativi?
  2. a chi vanno applicati: ai soli posti letto di cure intermedie (CI) a gestione da parte dei MMG o a tutti i posti letto di CI (la logica vorrebbe a tutti, sennò che confronti fai?)
  3. che fine fanno tutti gli altri indicatori previsti nella DGR istitutiva delle cure intermedie (più numerosi e completi, ancorchè a loro volta da migliorare fortemente) e cioè la DGR 960/2014?
  4. è sensato affidare il delicato compito di valutare tutto il processo di evoluzione delle cure intermedie ad un organo (Osservatorio Regionale per l’Appropriatezza, ORA) che non ha mai, per motivi certo importanti, di fatto funzionato (i siti della Regione non riportano alcun report o documento messo a punto dall’ORA)?
  5. chi elabora i dati di questi posti letto del flusso FAR sulla residenzialità che consente valutazioni fini della casistica in carico e di fare confronti tra le diverse strutture e tra le varie soluzioni organizzative che possono essere adottate?
  6. come si valuta (e chi lo fa) l’impatto dei posti letto di cure intermedie sulla ospedalizzazione dell’area di riferimento? Diminuisce la durata della degenza, consente percorsi di dimissione protetta?

Probabilmente l’ORA (la cui composizione è definita in un decreto del 2016) verrà (ri)lanciata anche perché, cure intermedie a parte, nell’area della medicina generale  ce n’è un gran bisogno (spesa farmaceutica, per dirne una). In base al vecchio accordo del 2007 l’ORA è presieduto dal Direttore Generale dell’ARS (ma guarda un po’!) che non c’è ed ha una composizione complicata per cui rimando alla lettura dell’articolo 51 del vecchio accordo.

In una Regione che ha finora abdicato al monitoraggio dei propri processi di riorganizzazione non si capisce come si faccia a trasformare le cure intermedie in corso d’opera in un processo sperimentale come previsto dall'accordo con i MMG. Almeno avere un aggiornamento di quanti posti letto vengono mano a mano attivati e di come vengono gestiti (MMG o medici dipendenti) sarebbe già un primo dato.

Interessante poi la terza parte dell’Accordo sulle nuove forme di ambulatorialità avanzata e cioè i presidi di assistenza avanzata di medicina generale e delle cure primarie. E’ una forma di accordo costruita non su impegni, ma su intenzioni. Oltretutto formulate in maniera inevitabilmente preliminare e generica. Il che andrebbe bene se non fosse che sullo stesso tema (che è in pratica quello di un approccio proattivo alla cronicità) molte Regioni sono già in fase avanzata non più di sperimentazione, ma di messa a regime (vedi la Toscana).

In sintesi: l’ultimo accordo con i MMG apre importanti opportunità. Lo fa però o in modo troppo generico su temi orma maturi (la presa in carico della cronicità) o in modo fortemente incompleto e poco di sistema (la partecipazione dei MMG alla gestione dei posti letto di CI delle Case della Salute). La nota e comprovata maturità culturale dei MMG e dei loro rappresentanti sindacali delle Marche può consentire ben altre accelerazioni ai processi di evoluzione delle cure primarie, davvero ancora troppo lenti (opinione mia) rispetto alle esigenze del sistema distrettuale e, immagino, delle aspettative degli stessi professionisti.

 

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