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Se uno scorre i comunicati stampa nel sito della Regione (Marche, quella che interessa a noi) alla sezione Salute trova un sacco di inaugurazioni di tecnologie diagnostiche avanzate, ortopantomografi compresi. Ovviamente l’entusiasmo sale tanto più quanto più  una tecnologia è avanzata ed “unica”. Voglio ben interpretare questa enfasi sul cosiddetto aggiornamento tecnologico che attribuisco alla convinzione della politica e dei tecnici che la supportano che a migliori diagnosi corrispondano terapie più efficaci. Fin qui ci siamo no?

Bene, lo stesso dovrebbe valere per la diagnosi di popolazione, quella che si fa con la epidemiologia, disciplina che fa tante altre cose, ma che oggi ci interessa come strumento per identificare a livello di popolazione i problemi più importanti, per riconoscere i fattori che influenzano quelle malattie e per verificare se gli interventi di prevenzione e “controllo” migliorano le condizioni di salute della popolazione. Tutte queste cose le fanno (in supporto alla politica che deve decidere) gli epidemiologi con la epidemiologia. E la vicenda di Falconara Marittima di recente oggetto di un post in questo blog evidenzia nelle Marche un  grande problema quanto a rapporto tra la epidemiologia e la politica.

Forse le Marche sono portate a considerare come poco rilevante la diagnosi di popolazione perché le Marche stanno bene. Il fatto che come Regione  siamo al terzo posto in base al Rapporto ISTAT 2018 sul BES (Benessere  Equo e Sostenibile) come lunghezza della attesa di vita alla nascita non vuol dire che non ci siano diseguaglianze territoriali in termini di salute e di malattia, come del resto la vicenda di Falconara ben illustra. Non fare una  valutazione dello stato di salute dei marchigiani equivale a non fare l’anamnesi da parte di un medico che ha in carico una persona. Ve lo immaginate come reagirebbe un politico nei panni di paziente di fronte  ad un medico che nemmeno lo guarda negli occhi e gli dice “Che bel ragazzone: lei sta meglio di me! Mi torni a trovare tra un anno!”. Un medico  che alla domanda “Ma nemmeno mi visita e non mi chiede niente?” risponde(rebbe) “ Ma a cosa serve una visita, basta guardarla per capire che lei non ha proprio niente”.

Ecco un politico che prende decisioni sulla sanità senza guardare i dati con gli occhi della epidemiologia assomiglia a questo medico (che certamente nessun politico vorrebbe per sé e per i propri familiari).

Ancora una volta ci viene in aiuto la rivista Epidemiologia e Prevenzione. Della storia di questa rivista ho parlato in un post di pochi giorni fa. E’ appena uscito un supplemento (free access, in pratica scaricabile gratis) di questa rivista dedicato all’ atlante delle diseguaglianze di mortalità in base al livello di istruzione. In pratica, la mortalità 2012-2014 per i diversi tipi di causa (le varie forme tumorali, le malattie cerebrovascolari, le malattie del sistema respiratorio, ecc)  è stata studiata a livello provinciale in modo da identificare le differenze geografiche e, all’interno delle diverse aree, le differenze per classe sociale  e, più precisamente, per livello di istruzione.

Ecco le conclusioni dello studio:

Lo studio ha messo in evidenza importanti differenze geografiche nella mortalità, indipendenti da età e livello socioeconomico, con un impatto più significativo nelle regioni più povere del Sud, rivelando un inedito vantaggio di salute delle regioni adriatiche. Un livello di istruzione inferiore spiega una quota rilevante dei rischi di mortalità, sia pure con effetti differenti per area geografica e causa di morte. In Italia, quindi, le disuguaglianze di mortalità sono ancora esistenti: rappresentano un mancato guadagno di salute possibile nel nostro Paese e suggeriscono spunti per una valutazione delle priorità e la definizione di target di salute. A 40 anni dall’istituzione del Servizio sanitario nazionale, c’è ancora spazio per guadagnare equità nella salute.

I dati di mortalità risalgono al periodo 2012-2014 e quindi nel frattempo può essere che le diseguaglianze di salute si siano ulteriormente accentuate. Le Marche con 81,1 anni si confermano al secondo posto come attesa di vita alla nascita nei maschi e con 85,6 anni al terzo per le donne (sempre dopo Bolzano e, questa volta, Trento). Ma quando si va  a guardare l’andamento della mortalità per provincia per singola causa vengono fuori fenomeni da approfondire in diverse province delle Marche come nel caso della mortalità per tumori dello stomaco, per tumori del cervello e del sistema nervoso centrale, per demenza e per malattia di Alzheimer, per incidenti e per suicidi. L’atlante è (potenzialmente) una vera e propria miniera di dati e di informazioni utili per la politica sanitaria.  Ma la politica regionale è interessata?

Ci sono dei casi in cui è interessata. In questi stessi giorni ha visto la luce un sito sullo stato di salute della popolazione residente nella Regione Lazio. Ecco come viene descritto il sito nella newsletter della Biblioteca Alessandro Liberati  del Servizio Sanitario Regionale del Lazio (e qui andrebbe detto qualcosa su questa Biblioteca e su chi era e cosa continua ancora a rappresentare Alessandro Liberati, ma me la cavo questa volta con un semplice link):

Il sito annovera una sezione dedicata ai dati demografici (Popolazione e demografia) e 5 sezioni dedicate agli indicatori di salute (Salute materno-infantile, Frequenza delle malattie, Incidenza dei tumori, Cause di ricovero e Cause di morte). Ma la vera novità è rappresentata dalla sezione Sintesi dello stato di salute, che consente di selezionare la porzione di territorio desiderata (l’intera Regione, una singola ASL, un Distretto, un Comune oppure un’area selezionata direttamente da una mappa) per ottenere le principali informazioni aggregate sulla salute della popolazione che risiede in quel territorio.

Per ogni indicatore esiste una sezione specifica per agevolare il confronto; inoltre gli indicatori riferiti ad un’area sono confrontabili con il dato regionale e con quello di altre entità territoriali (ASL, Distretti Sanitari) con la possibilità di osservare anche le variazioni temporali. Da notare che per migliorare la comprensione dei dati è stato implementato un sistema di segnali di warning quando le stime risultano meno affidabili per i piccoli numeri osservati.

Qualsiasi elaborazione effettuata attraverso il sito (grafici e tabelle) è scaricabile in vari formati.

La velocità di consultazione e la possibilità di incrociare gli indicatori per ottenere mappe, tabelle e grafici rappresenta un deciso passo avanti rispetto ai classici atlanti di mortalità o di ospedalizzazione, ma, ovviamente, l’interpretazione dei dati e il confronto devono come sempre tenere conto dell’accuratezza delle stime, delle differenze sociali, etniche e genetiche, di quelle nelle abitudini di vita e nelle esposizioni ambientali, della qualità delle cure e dell’offerta diagnostica.

Quando la Regione Marche farà suo il nostro motto (Senza traduzione ormai: “In God we trust; all others bring data”)  gli epidemiologi troveranno  anche nelle Marche lo spazio che meritano. Intanto (visto che, per quanto pochi e dispersi, ci sono e sono competenti ed appassionati ) continuino ad allenarsi!

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