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C’è una gran voglia di approvare il Piano. Anche il mutato quadro politico a livello nazionale spinge in questa direzione. E allora in questi ultimi giorni molti si interrogheranno su come fare a chiudere questa vicenda del Piano in modo dignitoso. Insomma, su come a fare a dargli quello che ai miei tempi si chiamava il 18 politico, quello che magari non ti faceva partire militare. 

Il 18 tecnico non si può onestamente dare. Sia perché la sufficienza andrebbe portata almeno a 24 (per dire) sia perché, anche rimanessimo al 18, il Piano proprio non la merita. I motivi per cui non si arriva nemmeno a questo voto sono molti, ma qui mi limito ad elencarne due: 

  1. il Piano non è un Piano, in quanto mancano gli elementi costitutivi di un qualunque Piano di qualunque settore: una analisi dei dati; una identificazione delle criticità; una selezione delle priorità; una identificazione di obiettivi, tempi e indicatori; una valutazione di impatto economico e una trasparenza in tutto il suo processo di costruzione;
  2. il Piano contraddice in modo clamoroso le scelte che concretamente la Regione sta facendo con atti e iniziative prese “a prescindere”: si dice che si faranno Ospedali Unici e si mantengono di fatto i “vecchi” ospedali (vedi Pesaro-Fano e Macerata-Civitanova Marche); si dice che l’ospedalità privata verrà contenuta e resa complementare, mentre in realtà viene potenziata e fatta competere col pubblico; si dice che si manterrà forte l’impegno sulla prevenzione nei luoghi di lavoro e intanto gli incidenti sul lavoro aumentano e le attività di vigilanza si riducono; si dice che i servizi territoriali verranno potenziati, mentre nei fatti sta notoriamente avvenendo il contrario. L’elenco potrebbe continuare ancora a lungo.

I limiti del Piano sono coerenti con i limiti di una gestione che ha scelto di non adottare un normale ciclo di funzionamento dell’azione di governo: analizzo, condivido, scelgo, agisco, verifico e correggo. In questo contesto il Piano Socio Sanitario delle Marche non è dunque un incidente di percorso, ma il frutto di una cultura e di una pratica di politica sanitaria (per onestà certo non del tutto nuova) da cambiare radicalmente.

Sono questi i motivi per cui non è possibile una azione di maquillage sul Piano tanto da renderlo almeno tecnicamente degno della sufficienza e, quindi, della approvazione. Non è certo con emendamenti del tipo "qualche riga in più o in meno" che si riqualifica il Piano o, peggio ancora, con l'inserimento  all’ultimo momento di un emendamento che salva o promuove un ospedale.

Così com’è il Piano è un confuso elenco di cose da fare. Se si aggiunge a ciascuna delle oltre 50  schede intervento un cronoprogramma che trasferisce al prossimo governo regionale le scelte da fare e la  concreta realizzazione delle azioni conseguenti si fa una cosa sbagliata: prevedere 50 cronoprogrammi da rispettare (da parte di altri poi) quando in 4 anni onestamente tu non ne hai rispettato uno non è accettabile (per verifica controllare i cronoprogrammi o gli impegni della strategia aree interne, del progetto demenze, del progetto cronicità, delle reti tempo-dipendenti, ecc).

Torniamo al 18 politico. Lo si vuole proprio dare? Si faccia prevedere esplicitamente nel Piano un impegno a formalizzare con Atti di Giunta entro 90 giorni dalla sua approvazione le decisioni che riguardano i processi più significativi su cui questo governo regionale ha il dovere di decidere prima della fine della legislatura. Questi sono sei possibile esempi:

  1. riordino della rete ospedaliera si sensi del DM 70/2015: va approvato con DGR un atto in cui si classifica ciascun ospedale delle Marche in base alle discipline previste in ciascuno di essi;
  2. riordino della rete dell’emergenza-urgenza ai sensi del DM 70/15: va approvato con DGR un atto in cui si definisce la collocazione delle Centrali Operative, la distribuzione dei mezzi di soccorso avanzato e la istituzione di un Dipartimento Regionale sul modello del DIMRT;
  3. potenziamento dell’intervento nell’area della salute mentale per giovani e adulti e nella neuropsichiatria infantile: va approvato con DGR un piano che indichi le risorse economiche e di personale incrementali che verranno messe a disposizione dei due settori entro la fine della legislatura;
  4. potenziamento dei distretti: va approvato con DGR un Piano di potenziamento dell’assistenza domiciliare che indichi con precisione le risorse economiche e di personale incrementali che verranno messe a disposizione del livello distrettuale entro la fine della legislatura;
  5. piano di edilizia sanitaria: va approvato con DGR un Piano che specifichi tutte le iniziative in corso e definisca con chiarezza sia gli aspetti economici che di impatto organizzativo di ciascun progetto avendo cura di renderlo coerente con il DM 70 ed il piano di riordino di cui al punto 1 (va inoltre attivato un sito istituzionale dedicato che dia trasparenza a tutto il Piano);
  6. potenziamento della prevenzione nei luoghi di lavoro: va approvato con DGR un Piano di potenziamento che indichi con precisione le risorse economiche e di personale incrementali che verranno messe a disposizione del settore entro la fine della legislatura.

Quantomeno in questa forma il Piano avrebbe priorità ed impegni espliciti che ricadrebbero in termini di responsabilità sulla Giunta. Ricordiamoci il grande Flaiano: “Molti vogliono la rivoluzione, ma preferiscono fare le barricate con i mobili degli altri”. Per l’auspicata rivoluzione nei servizi che potenzi il territorio e metta il centro al cittadino questa Giunta impegni i suoi mobili. E così magari strappa il 18 (politico si intende).

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