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Navigando in internet alla ricerca di una qualche indicazione storica sulla struttura della foto che accompagnerà questo post (rudere in via Maggini ad Ancona) mi sono imbattuto in una pubblicazione dell’Archivio di Stato di Ancona sull’inventario delle Suppliche al Comune di Ancona (sec. XVI). Ho scoperto che le suppliche erano una cosa serissima come ben si evince dagli stralci della pubblicazione che seguono. A questi mi sono ispirato per la supplica che seguirà a sua volta.

Con il termine supplica intendiamo in questa sede un’istanza rivolta da un singolo, o da un insieme di persone accomunate dagli stessi interessi, al fine di ottenere per grazia un provvedimento che soddisfi una loro particolare esigenza.

In quella che potremmo definire la supplica tipo le parti che vengono a costituire l’ossatura del documento non sono più di sei:

  1. l’iscrizione (inscriptio) posta quasi sempre al centro della pagina all’inizio dello scritto e premessa sempre all’intitolazione, secondo la ferrea regola per cui, se il destinatario è di maggior rango rispetto all’autore del documento, quest’ultimo deve posporre il suo nome. La formula con cui ci si rivolge ai magistrati della città è la più varia e spazia da un semplice « Illustri Signori » ad un « Molto Illustre et Eccellente Signor Luogotenente, Illustrissimi Magistrati et Signori di questo Publico Conseglio, Padri et fratelli miei sempre osservandissimi», intestazioni, queste, che costituiscono soltanto un’esemplificazione di una gamma quanto mai estesa;
  2. l’intitolazione (intitulatio). Naturalmente ben diversa da quella di un qualsiasi atto pubblico viene posposta all’inscriptio. Quando non è la denominazione di una confraternita o di una università, o comunque un termine individuante un complesso di persone, essa può consistere addirittura nel semplice nome proprio, solo o accompagnato dal patronimico, non di rado unito alla località di provenienza e spesso con riferimento al mestiere professato o a un qualche elemento che caratterizzi il richiedente: la si trova quasi invariabilmente all’inizio del testo. Di solito l’intitolazione è redatta in forma alquanto dimessa, coerentemente alla motivazione che sta alla base della supplica, con toni estremamente rispettosi e denotanti il più delle volte una marcata dipendenza: «il parochiano della chiesa di San Premiano humile servitore delle Signorie Vostre Illustri», «il devoto oratore figliolo et servo delle Signorie Vostre illustri »;
  3. la narrazione (narratio). Trattandosi del racconto dei bisogni che hanno suggerito all’autore della supplica di rivolgersi al Comune per il conseguimento di quanto gli interessa, è questo un elemento costante nello scritto, poiché un’istanza senza fondamento rischia di non essere presa in considerazione. Se alle volte la narrazione è breve, questo succede perché le pur poche parole che la compongono sono più che sufficienti a fare intendere l’urgenza di quanto si desidera. Di contro, in certe occasioni, l’autore si dilunga per più di un intero foglio affastellando ragioni su ragioni con l’indubbio intendimento di convincere senza alcuna riserva;
  4. la richiesta (petitio), che nella supplica sostituisce sistematicamente la dispositio propria dell’atto pubblico;
  5. l’apprecazione (apprecatio), che, dilungandosi alla fine del testo ben oltre il semplice feliciter dell’atto pubblico e divenendo il più delle volte un tutt’uno con il saluto, più che denotare un ringraziamento per quanto ancora non si sa se sarà concesso, viene più realisticamente a porsi come una sorta d’ingenua captatio benevolentiae nei confronti dei rappresentanti del Comune;
  6. le sottoscrizioni (subscriptiones). Non frequentissime in questo genere di documentazione, ma pur sempre di una certa entità. Spesso la sottoscrizione è di pugno dell’amanuense che ha redatto il documento, ma non mancano casi in cui qualche amico o conoscente firma per l’interessato, magari con la specifica motivazione che questo avviene perché il richiedente non sa né leggere né scrivere.

Ci sono poi delle parti  per così dire facoltative tra cui:

  1. il preambolo (arenga). Del tutto assente nelle suppliche della gente del popolo, non certo portata ad esternazioni moraleggianti o letterarie, figura a volte nelle richieste di persone che vogliono comunque ammantare i loro desiderata con paludamenti che rafforzino la propria immagine, o in lettere inoltrate da religiosi o da strutture religiose;
  2. la datazione (datatio). Soltanto uno scarsa percentuale di suppliche contiene una completa data cronica e topica, intendendo con quest’ultimo aggettivo anche espressioni che, pur non indicando la località dove la supplica è scritta, in considerazione della notoria residenza dell’istante, la lascino comunque intuire: «Di casa», «Dal nostro monasterio del Carmine”, ecc.

La supplica:


Illustrissimi Consiglieri regionali delle Marche
(sia dei partiti della attuale maggioranza che governa la sanità che dei partiti che in futuro dovessero governarla) in qualità di cittadino appassionato di sanità pubblica sono qui a formulare una supplica accorata.

Questa supplica la formulo dopo avere in tutti i modi (gentili prima e dialetticamente aggressivi poi) cercato di sensibilizzare chi governa la sanità regionale ad assumere atteggiamenti e comportamenti più consoni alla delicatezza del tema della salute dei cittadini di una meravigliosa antica comunità (tanto antica come ricorda il picchio simbolo della nostra amata Regione). Purtroppo i segnali che sono venuti negli ultimi anni e mesi non tanto e non solo dalla mia umilissima persona (in fondo solo un pensionato con qualche decennio di esperienza come dirigente della sanità regionale, nemmeno poi ai massimi livelli), ma da ben più importanti rappresentanti della comunità,  come sindacati e associazioni di tutela, sono rimasti tutti inascoltati. E così (limitandoci ad alcuni esempi):

  1. l’Agenzia Sanitaria Regionale è diventata poco più di una appendice amministrativa degli altri servizi regionali dedicati alla sanità;
  2. l’offerta sanitaria si caratterizza per: sottofinanziamento della prevenzione, carenze vistose nella assistenza territoriale, forte mobilità passiva;
  3. nessuna area progettuale viene adeguatamente presidiata: strategia aree interne, demenze, cronicità, salute mentale, reti cliniche, programmi per la diagnosi precoce dei tumori, telemedicina e fascicolo elettronico;
  4. le liste di attesa sono ancora un problema;
  5. i nuovi modelli organizzativi della assistenza territoriale non crescono (medicina d’iniziativa, infermiere di comunità);
  6. la Regione Marche perde posizioni nelle valutazioni comparative delle performance regionali;
  7. il clima interno del sistema favorisce i pensionamenti anticipati;
  8. il nuovo Piano socio sanitario ritarda e forse è meglio che ritardi visti i buchi di conoscenza che la Regione ha rispetto alle sue criticità.

La mia supplica: chiedo che la sanità regionale sia governata con più umiltà e con più capacità di ascolto.

Chiedo che la sanità non sia considerata solo un terreno fertile per la ricerca di consenso e la promozione di reti di interesse personali o locali.
Chiedo che la sanità sia gestita con una attenzione vera ai più deboli (si pensi alle carenze nell’area della salute mentale).
Chiedo che la sanità venga gestita favorendo il dibattito e il confronto alimentato con i dati oggi negati o addirittura nascosti.
Chiedo che i gruppi dirigenti vengano selezionati favorendo competenza e capacità critica.
Chiedo che a chi si forma all’Università sia data la possibilità di crescere professionalmente in un ambiente aperto alle innovazioni organizzative che sono ancora prima innovazioni culturali.
Chiedo che la espressione centralità del cittadino venga tolta dal linguaggio corrente della politica (assieme alla parola stakeholder) e usata solo quando si saprà dimostrare che è più di un modo di dire.
Chiedo che agli operatori si spieghino i processi di miglioramento che si intendono perseguire con il loro contributo e si spieghi loro anche il modo in cui i progressi verranno misurati e monitorati.
Chiedo che ai cittadini vengano spiegati gli interventi progettati nel loro territorio e vengano forniti loro dati e spazi di confronto.
Chiedo che l’Agenzia faccia l’Agenzia.
Chiedo che ci si ricordi sempre che la sanità esiste solo per ridurre disagi e sofferenze nei cittadini malati e nelle loro famiglie.

Chiedo, in definitiva,  che la politica faccia la politica a servizio  vero ed efficace dei cittadini.

Se questa mia supplica verrà esaudita mi impegno a scrivere meno post e a frequentare di più panchine e cantieri (tranne quelli degli ospedali sennò torno a scrivere).

Quanto ai sottoscrittori che una supplica può avere si lascia ai lettori la facoltà di aderire …

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