Uno spunto da Internazionale (ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo)
Partiamo dal mio settimanale preferito
Prendiamo spunto dall’ultimo numero di Internazionale, dove il titolo di copertina è “Il medico che ti salva la vita”. Sottottolo:” la medicina d’emergenza e quella specialistica sono fondamentali, ma è il rapporto prolungato tra medici di base e pazienti che fa davvero la differenza, scrive Atul Gawande”. Atul è un chirurgo statunitense professore alla Harvard Medical School di Boston.
Scrive bellissimi libri (l’ultimo: Essere mortale. Come scegliere la propria vita fino in fondo, Einaudi 2016) e articoli per il New Yorker. Tra cui quello cui si riferisce la copertina di Internazionale.
L’articolo in modo molto efficace descrive l’importanza della cosiddetta medicina incrementale in cui sono i piccoli successi progressivi a fare la differenza rispetto alla medicina eroica (quella dei chirurghi che lavorano nell’emergenza, ad esempio). L’articolo descrive e commenta con grande entusiasmo l’esperienza di un centro di cure primarie di Boston con tre medici (di medicina generale secondo il nostro glossario) a tempo pieno, diversi altri part-time, tre infermieri specializzati, tre assistenti sociali, un’infermiera, un farmacista e un nutrizionista. Sono le malattie croniche a richiedere questo approccio multiprofessionale nelle cure primarie, secondo quanto noto ormai da tempo. Ovviamente il termine inglese è bello pronto: Chronic Care Model. Questo modello è talmente noto da essere entrato quasi nel linguaggio comune (almeno tra gli addetti ai lavori), ma quante sono nelle Marche le realtà in cui si pratica questo tipo di cure primarie ad elevata interprofessionalità?
Ora però abbiamo in Italia sia riferimenti normativi che esempi da seguire. Il riferimento è il Piano Nazionale Cronicità recepito in un Accordo Stato-Regioni cui le Regioni, Marche comprese, dovranno dar seguito.
E soprattutto abbiamo ottimi esempi. Senza aspettare il Piano Nazionale Cronicità, la Regione Toscana ha ispirato al Chronic Care Model la sua Sanità d’Iniziativa che prevede un approccio proattivo alla gestione delle malattie croniche. Alla fine del 2014 più della metà dei medici di medicina generale della Regione partecipava al progetto partito nel 2010 (come illustrato da un primo post di Saluteinternazionale). A distanza di alcuni anni dall’inizio del progetto, come riportato in un secondo post di Saluteinternazionale, i pazienti cronici “reclutati” nel progetto (cardiopatici, diabetici, broncopneumopatici cronici e pazienti con esiti di ictus) hanno avuto meno ricorsi al pronto soccorso e meno ricoveri.
I professionisti marchigiani (medici di medicina generale, infermieri e assistenti sociali in primis) sono certamente pronti per lavorare in questo modo. Servono però accordi e progetti regionali con annessi finanziamenti e risorse. Con un sicuro rientro però, sia in termini economici che di salute. Confidiamo.
PS: Atul Gawande ci consente anche il primo TED talk del nostro sito. Eccolo!