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Il tema delle liste di attesa è davvero complesso per il numero di fattori che interagiscono e i diversi interessi in gioco. Ma cerchiamo di sbrigliare questa matassa, tenendo a parte sia la questione relativa all’attività libero professionale dei medici dipendenti del servizio sanitario regionale che le agende di prenotazione per i ricoveri programmati.

L’impostazione al problema delle liste di attesa si basa su una serie di atti prima ministeriali e poi della Conferenza stato regioni che hanno definito alcune presupposti per la gestione delle attese nell’accesso alle prestazioni di specialistica ambulatoriale. Presupposti che forse sono divenuti binari che hanno portato a ripetere sempre le stesse scelte.

Nella regione Marche, come in tutte le regioni, sono stati emessi una lunghissima serie di atti da parte della Giunta regionale e una semplice ricerca nella banca dati delle delibere della giunta dà questo risultato:

DGR 808/2015 Piano Regionale per il Governo delle Liste di Attesa (PRGLA) per le prestazioni di Specialistica ambulatoriale e diagnostica sottoposte a monitoraggio dal Piano Nazionale Governo Liste di Attesa (PNGLA), per gli erogatori pubblici e privati accreditati della Regione Marche per gli anni 2015-2016 
DGR 1012/2014 Definizione dei Raggruppamenti d'Attesa Omogenei (RAO) per priorità clinica di accesso per la garanzia dei tempi massimi di attesa delle prestazioni di specialistica ambulatoriale 
DGR 1/2014 Linee di indirizzo per il Governo dell´erogazione delle prestazioni di specialista ambulatoriale per la garanzia del rispetto dei Tempi massimi di attesa 
DGR 1040/2011 Recepimento dell'intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sul Piano nazionale di governo delle liste di attesa per il triennio 2010-2012, di cui all'art. 1, comma 280, della L. n. 266/2005 ed approvazione del Piano regionale di governo delle liste di attesa. 
DGR 494/2007 Integrazione alla DGR 843/2006 "Recepimento ed attuazione delle indicazioni contenute nell´intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 28 marzo 2006, in merito al recepimento del piano nazionale di contenimento dei tempi di attesa per il triennio 2006-2008, di cui all´art. 1 comma 280 della L. n. 266/2005 in relazione alle linee guida per la certificazione degli adempimenti dei piani regionali emanate dal comitato nazionale LEA". 
DGR 843/2006 Recepimento e prima attuazione dell´intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano del 28 marzo 2006, sul piano nazionale di contenimento dei tempi di attesa per il triennio 2006-2008, di cui all´art. 1, comma 280 della L. n. 266/2005. 
DGR 568/2006 Linee guida per la gestione delle liste di attesa per le prestazioni specialistiche ambulatoriali.
DGR 978/2002 D. Lgs 124/98 - indirizzi per la definizione degli obiettivi delle Aziende sanitarie in materia di razionalizzazione delle modalità di accesso alle prestazioni sanitarie e di abbattimento dei tempi di attesa. 
DGR 747/2002 Protocollo d'intesa per la realizzazione del progetto di ricerca finalizzata: "Valutazione dei fattori determinanti la formazione delle liste di attesa e proposte di interventi volti a controllarle".

  

Governare le liste di attesa

Naturalmente il primo punto è (o dovrebbe essere) quello dell’appropriatezza delle richieste: l’eccesso di consumo di prestazioni specialistiche è un dato certo e in diversi discipline indagini di dettaglio hanno dimostrato una quota significativa di prestazioni inappropriate (20 - 50%). La regione è intervenuta in materia con la definizione dei Raggruppamenti d’attesa omogenei (RAO), che però coprono solo una parte delle prestazioni. Si deve comunque rilevare che la possibilità di pre definire condizioni cliniche specifiche per l’accesso alle prestazioni si scontra con la variabilità delle singole situazioni in essere e quindi può costituire solo un discrimine di massima. Tanto è vero che i RAO non vengono utilizzati mai o quasi mai nella definizione della classe di priorità riportata nella prescrizione.

Rispetto all’organizzazione dell’offerta di prestazioni, il modello definito prevede le seguenti azioni:

  • separazione delle prime prestazioni da quelle successive;
  • definizione per le prime prestazioni di criteri di appropriatezza e classificazione del grado di priorità tra specialista e medico prescrittore (prevalentemente medico di medicina generale);
  • differenziazione delle agende di prenotazione (ovvero ripartizione dei posti prenotabili) nelle diverse classi di priorità: U / B / D / P;
  • per le prestazioni successive alla prima, presa in carico del paziente da parte della struttura che ha erogato la prima prestazione, in modo da completare l’iter indotto dalla prima richiesta e produrre una risposta unitaria al quesito clinico posto da medico di medicina generale (e questo implica la differenziazione di ulteriori agende dedicate per questo tipo di pazienti);
  • presa in carico da parte dei pazienti con patologie croniche (cardiopatici, nefropatici, diabetici e oncologici), e anche in questo cosa questo richiede una ulteriore differenziazione delle agende.

Di fatto molte ambiti specialistici che sono frequentemente interessati dalla richiesta di approfondimenti da parte del primo specialistica, quali in primis la radiologia, si trovano a dover distinguere l’offerta in una serie di segmenti (che dovrebbero essere proporzionati alle richieste e dinamicamente adeguati al variare delle stesse):

  1. agende per gli utenti con prima prescrizione (radiografia del torace) distinte per classi di priorità;
  2. agende per gli utenti che dopo una prima prescrizione ne richiedono una di approfondimento (TAC dopo una radiografia del torace con un nodulo da approfondire);
  3. agende per gli utenti che debbano effettuare esami di controllo (ripetizione della TAC a distanza per la rivalutazione dell’eventuale evoluzione della lesione);
  4. agende per i pazienti cronici (paziente con diagnosi di tumore al polmone che deve effettuare i controlli successi ad una chemioterapia)
  5. … oltre agli spazi da dedicare al pronto soccorso e
  6. … agli spazi per i pazienti ricoverati.

Gestire dinamicamente (ovvero con modifica in tempo reale in base alla domanda) le agende di un dispositivo di Risonanza magnetica che può erogare in 12 ore (se vi è il personale che possa garantire una attività tanto ampia) 20 esami con una differenziazione di questo tipo è una sfida… impossibile!

Si consideri che il sistema informativo che dovrebbe supportare questo sistema è costituito dal programma del CUP regionale, che ha come funzioni primarie la gestione delle prenotazioni da parte di sportelli e call center (prenotazione telefonica) e l’accettazione (e pagamento del ticket) al momento dell’erogazione della prestazione, ma non è progettato per supportare la gestione dell’evidente complessità di 6 flussi differenziati e dinamici. Una misura specifica che viene in modo variabile attuata a quella del recall (chiamare i prenotati, che potrebbero, visto il tempo di attesa medio  aver trovato altre soluzioni ma non aver disdetto).  Sebbene tale misura possa liberare una quota significativa di posti (10 – 20%), la sua applicazione  presenta delle criticità legate ad esempio all’utilizzo di sistemi automatici di chiamata con una popolazione anziana che finisce non raramente per disdire erroneamente una prestazione.

Oltre al vincolo dell’appropriatezza, la differenziazione dei flussi, l’architettura informatica una ulteriore azione è rappresentata dall’incremento dell’offerta. Per incrementare l’offerta la Regione ha messo in campo le seguenti azioni:

  • indirizzare la produzione delle strutture private che lavorano per il sistema sanitario pubblico (ovvero accreditate e con accordo di fornitura) verso la produzione di prestazioni con criticità per le attese, con il positivo effetto di rendere coerente l’intera offerta pubblica;
  • vincolare le aziende all’utilizzo del cosiddetto fondo Balduzzi (un accantonamento sulle entrate derivanti dalla libera professione finalizzato ad azioni di contenimento delle attese), con il quale potenziare i servizi con problemi con assunzioni o con prestazioni aggiuntive dei dipendenti (ovvero più ore di lavoro remunerate a parte rispetto allo stipendio base);
  • consentire l’acquisto di ulteriori prestazioni da parte di erogatori privati con tariffe scontate rispetto a quelle definite dal tariffario regionale (azione che presenta obiettive difficoltà tecnico procedurali per l’affidamento di queste attività).

Ora l’insieme di queste azioni stenta a produrre un risultato percepibile come positivo da parte dell’utenza. Il report di Cittadinanzattiva (Osservatorio federalismo 2016) recentemente pubblicato segnala una criticità nella regione Marche proprio nel momento nel quale si è data la massima spinta dal livello regionale e sono stati ottenuti risultati documentati per alcune classi di priorità.

 

Cosa non funziona?

Ricordiamo subito che il governo delle liste di attesa è un problema complesso e che per i problemi complessi le soluzioni semplici ci sono, ma sono di solito sbagliate.  Detto questo, esiste una criticità essenziale che ostacola l’efficacia delle misure poste in essere.

Il sistema delle classi di priorità non affronta l’elemento cruciale della questione: la preoccupazione dell’utente che esce dall’ambulatorio del proprio medico con un foglio di carta (o, in futuro, con una ricetta "dematerializzata") che dice che ha bisogno di far rivalutare il proprio stato. Non esiste metodologia di comunicazione da parte dello stesso prescrittore o raggruppamento omogeneo di attesa che possa dare tranquillità al paziente sino all’espletamento dell’accertamento richiesto. Per chi opera nella sanità è facile capire (ma per lui -diciamocelo- spesso è facile anche avere strade privilegiate), informarsi e anche mettere in agenda una risonanza magnetica per una lombosciatalgia acuta (sciatica) anche attendendo sei mesi (e questo non nuoce alla salute in alcun modo), ma per un utente comune?

E’ possibile approcciare la tematica prescindendo da questo elemento cruciale del vissuto dell’utente (potenziale paziente)?

Partiamo dalla considerazione che una revisione sull’efficacia documentata delle misure poste in essere per la gestione delle liste di attesa, realizzata dall’Agenzia dei Servizi Sanitari e Sociali della Regione Emilia Romagna su un progetto presentato al Ministero della salute (Progetto Systematic review on the interventions to reduce waiting lists for elective procedures) ha evidenziato quanto segue:

Relativamente all’efficacia degli interventi mirati a ridurre i tempi d’attesa, si può concludere che gli studi disponibili (a novembre 2013), pochi e di qualità scarsa, non permettono di trarre conclusioni robuste su quali siano gli interventi più efficaci e in quali contesti. Si può tuttavia osservare che gli interventi mirati a rendere più accessibili e facilmente fruibili le prestazioni sanitarie quali l’accesso diretto sembrano essere i più promettenti. Si sottolinea che non è stato possibile reperire nemmeno uno studio relativo ad interventi mirati all’aumento dell’offerta, sebbene siano largamente diffusi. 
Quest’ultimo dato trova conferma anche nei risultati della revisione sistematica qualitativa che ha evidenziato la scarsità di studi che valutano gli interventi mirati ad aumentare l’offerta delle prestazioni sanitarie.
Da quanto emerso dalla nostra revisione qualitativa, per la buona riuscita delle iniziative per la riduzione dei tempi d’attesa per le prestazioni elettive, i decisori dovrebbero tenere in considerazione alcuni elementi fondamentali ovvero: il coinvolgimento di tutti i potenziali stakeholder che sono interessati dall’iniziativa, la promozione di un atteggiamento e di un ambiente favorevoli al cambiamento e di un atteggiamento collaborativo tra professionisti anche appartenenti a categorie professionali diverse (ad es. medici, infermieri, amministrativi), l’identificazione di leader che si facciano promotori e sostenitori del cambiamento e la definizione non ambigua di ruoli e responsabilità. Questi elementi potrebbero inoltre essere facilmente traslati in buone pratiche e in strumenti operativi (come ad es. checklist) da utilizzarsi per una migliore gestione degli interventi atti a ridurre i tempi di attesa

 

Cosa si intende per open access?

Semplicemente l’eliminazione delle liste di attesa!

Esiste nel sistema italiano una esperienza di gestione open access presso l’Azienda Ospedaliera di Siena che da due anni eroga prestazioni di una delle discipline maggiormente critiche come la cardiologia (ma il modello è stato esteso ad altre discipline) con un meccanismo di accesso diretto: l’utente chiama, gli vengono proposte date per i tre giorni successivi, se è impossibilitato in quelle date può richiamare il giorno successivo.

Il nuovo modello è stato sviluppato sulla base di esperienza rilevate in letteratura ma soprattutto dall’evidenza che ogni giorno l’azienda produceva lo stesso numero di prestazioni che venivano prenotate, con mesi di attesa, al CUP!
Da sottolineare che l'esperienza è stata sviluppata da una azienda ospedaliera e non da una azienda sanitaria locale!

Non si può quindi che sentire il brivido del prof Frankenstein, nello straordinario film di Mel Brooks Frankenstein  Junior:

"SI        PUO'       FARE!”

 

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    Roberto Calisti · 24/10/2017
    Non ho reperito una firma sotto o sopra l'articolo sulle liste d'attesa, immagino quindi che sia una sorta di "redazionale" condiviso per l'appunto dalla Redazione; e sono d'accordo anche io, da modesto fruitore di MarcheSanità. Il Servizio di cui sono responsabile (uno degli - attualmente otto - Servizi per la Prevenzione e la Sicurezza negli Ambienti di Lavoro dell'ASUR) ha un ambulatorio di Medicina del Lavoro che da sempre funziona ad accesso diretto: le persone chiamano la segreteria, se utente / paziente e segreteria riescono a individuare una giornata e un orario adeguati per entrambi si fissa la prenotazione, se no (può essere il caso per i pazienti gravi, tumorali ma non solo) e solo in quei casi la segreteria chiede ai medici o agli assistenti sanitari (per le anamnesi o l'accesso alle prestazioni di screening) se si può trovare un "buco" da qualche parte per quel signore o quella signora specifici. Nessun favoritismo, mai avuti problemi. Ci si dirà che il nostro è un ambulatorio di numeri piccolissimi: ma anche le risorse sono piccolissime, di diverso se ci fossero più utenti / pazienti, più medici, più assistenti sanitari, più amministrativi cambierebbe solo la dimensione e la strutturazione degli aspetti dell'organizzazione, non la sua natura. Dimenticavo: nel nostro ambito non ci sono conflitti di interesse (COI), noi operatori pubblici del settore siamo dipendenti a tempo pieno in regime di esclusività. Non possiamo dire "però se vuole c'è posto domani nel nostro centro sanitario privato".
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