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Oggi si tiene ad Ascoli Piceno nello splendido Palazzo dei Capitani del Popolo l’ottavo congresso della dedicato alle  novità in tema di patologia prostatica. Questa è una sintesi del mio intervento.  Essendo una relazione il testo è scritto …da relatore.

Cosa vuol dire trattare la patologia prostatica in una ottica di sanità pubblica?

Tutti i relatori e, immagino, gran parte dei partecipanti svolgono una attività clinica e il loro (vostro) punto di vista non può che essere prevalentemente tecnico-professionale, come testimoniato dal titolo stesso del convegno: update – e quindi novità – diagnostico terapeutiche delle patologie prostatiche. Nel programma è scritto infatti: Il Congresso dell’AssUAM vuole essere un momento di incontro e di aggiornamento tra tutti i Professionisti a livello regionale affinchè, tramite l’integrazione delle varie competenze, il cittadino possa essere correttamente e positivamente orientato verso la migliore soluzione al proprio problema.

E qui viene fuori il punto di vista di sanità pubblica sulla patologia prostatica, che peraltro vuol dire sulla disciplina urologica visto che la patologia prostatica è certamente un tracciante importante dei contenuti tipici della disciplina, vista la sua rilevanza epidemiologica, clinica e sociale. Quali sono le informazioni corrette da dare al cittadino e come si fa ad orientarlo? Ecco, porsi queste domande e dare loro una risposta vuol dire avere un’ottica di sanità pubblica. Il mio obiettivo è di entrare in alcuni aspetti legati a quelle due domande e di fornire qualche dato su cui riflettere. Ma prima vale la pena di definire cosa sia una rete clinica, perché quelle domande hanno tanto più senso, quanto più le corrispondenti risposte sono condivise all’interno della rete clinica urologica.

Sono tre i temi che verranno trattati : 

  1. cos’è una rete clinica e come la si fa lavorare per processi (i famosi PDTA);
  2. la difficoltà di selezionare le informazioni sulla patologia prostatica da dare al cittadino in una logica di rete;
  3. l’apparente (in base ai dati) mancato governo della attività urologica nelle Marche con particolare riferimento a quella sulla patologia prostatica.

In questo post io mi limiterò a riportare la parte dell’intervento relativa al terzo punto.

I dati sulla chirurgia della prostata nelle Marche: l’importanza di un monitoraggio dei dati 

Abbiamo già detto prima che le domande che ci poniamo (e le relative risposte) hanno tanto più senso in presenza di una rete che condivide le scelte tecnico-professionali e si organizza per accogliere i pazienti garantendo il rispetto di quelle scelte e, passaggio fondamentale, la loro verifica. La verifica richiede la disponibilità di dati, la loro analisi ed il loro utilizzo.

I dati che commenterò derivano dal  Programma Nazionale Esiti (PNE) attivo in Italia per iniziativa dell’AGENAS da alcuni anni. Per accedere ai dati entrate nel sito e richiedete la password. Fatelo, se non lo avete ancora fatto. Si tratta, infatti, sicuramente del più grosso sforzo fatto a livello istituzionale in Italia per monitorare la qualità dell’assistenza ospedaliera. Da giugno 2019 è disponibile l’Edizione 2018 del PNE. Descrivere il PNE richiede tempo e quindi vi consiglio di studiarlo (se non lo avete ancora fatto) da soli o, meglio ancora, con la vostra equipe.

Il PNE elabora in modo sofisticato i dati delle Schede di Dimissione Ospedaliera (le SDO) e calcola una serie di indicatori relativi a tre tipologie di fenomeni riguardanti un elenco di condizioni/interventi tra cui l’intervento per carcinoma della prostata e la prostatectomia per iperplasia benigna:

  1. i volumi di attività degli ospedali che effettuano l’intervento o trattano la patologia (nel caso della patologia prostatica ci sono due indicatori, uno per ciascuno dei due interventi);
  2. gli esiti (i risultati) ottenuti nei vari ospedali (per la patologia prostatica un solo indicatore: le riammissioni entro 30 giorni in ospedale dopo un intervento per carcinoma della prostata);
  3. la frequenza (e quindi i tassi) di ospedalizzazione per Provincia (nel caso della patologia prostatica un solo indicatore relativo alla prostatectomia per iperplasia benigna.

Cosa ci dice il PNE 2018 dell’andamento di questi indicatori nella nostra Regione e nei nostri ospedali?

Scelgo solo alcune elaborazioni. Cominciamo dagli interventi di prostatectomia per iperplasia benigna. Il dato più significativo al riguardo è il tasso 2017 di ospedalizzazione nella Provincia di Ancona per prostatectomia per iperplasia benigna della prostata. Il tasso è stato di 2,86 ogni mille abitanti (aggiustato in base alla struttura demografica della popolazione: 2,73), con una differenza statisticamente molto significativa rispetto alla media nazionale. Le altre province che hanno avuto tassi aggiustati pari a circa alla metà: 1,27, Ascoli Piceno; 1,72 Fermo; 1,26 Macerata e 1,42 Pesaro e Urbino.

La possibile spiegazione? Insistono su questo bacino di utenza tre delle quattro strutture maggiormente produttrici delle Marche: Villa Igea (nel 2017  410  di cui 226 su marchigiani), INRCA di Ancona (210 di cui 202 su marchigiani), San Salvatore di Pesaro (139 di cui 135 su marchigiani) e Umberto I di Ancona (91 di cui 90 su marchigiani). Dal 2015 il numero di interventi effettuati è passato nelle Marche da 705 nel 2015 a 1263 nel 2017. In particolare, il grafico della produzione di Villa Igea negli anni evidenzia un passaggio da poco più di 100 ricoveri nel 2014 ad oltre 400 nel 2017.

Ma il peso dei privati nella produzione marchigiana 2017 di interventi di prostatectomia per iperplasia benigna ha bisogno di altri due dati. Il primo riguarda la produzione della Casa di Cura Villa Anna di San Benedetto del Tronto (111 casi) che è tutta rivolta al trattamento di cittadini della Regione Abruzzo.  Non casualmente per i residenti nella Provincia di Teramo il principale produttore di questi interventi (dati sempre del PNE) è proprio Villa Anna. Il secondo riguarda Villa Pini di Civitanova Marche, che ne ha fatti 43. In totale le tre strutture private hanno fatto nel 2017 564 interventi per iperplasia benigna della prostata su un totale di 1263 (il che corrisponde al 45%, quasi la metà). Strutture che hanno più che triplicato nel triennio la loro produzione passando da 172 a 564 casi. 

Ma qualcosa di analogo è avvenuto nelle Marche anche con gli interventi per carcinoma della prostata, con gli interventi passati dai 436 del 2015 ai 738 del 2017. In quest’ultimo anno il maggior “produttore” è stato Villa Igea seppur di poco (147 casi verso i 143 dell’Umberto I). Anche qui il privato (le tre strutture già citate) nel triennio ha aumentato molto la sua produzione passata da 33 interventi a 178. A proposito di questi interventi le riammissioni a 30 giorni (considerate indicatore di esito) sono molto più frequenti (con un rischio aggiustato tra il 4,7 e il 9,6 %) negli ospedali pubblici rispetto a Villa Igea. Un dato che merita di essere interpretato.

Questo trend di forte aumento degli interventi sulla prostata registrato nelle Marche non si è registrato negli stessi anni in Italia. Peraltro, nelle Marche questo aumento di produzione è  solo in una piccola parte giustificato da un aumento della mobilità attiva e da una diminuzione della passiva.

Che è successo allora nelle Marche tra il 2015 ed il 2017 nelle Marche che può dare un significato a questo forte aumento di produzione (a proposito andrebbe verificato anche cosa è successo negli ultimi due anni 2018 e 2019)? Si sono date finalmente risposte che prima non si davano per carenza dell’offerta? Si sono modificate le conoscenze evidence based legate alla disponibilità di interventi più sicuri ed efficaci? Si sono resi disponibili test e conoscenze per una migliore selezione e più larga selezione delle indicazioni? C’è stato un maggiore accesso ai test per la diagnosi precoce? Si sono modificate a seguito delle nuove conoscenze le informazioni date ai pazienti? E se si sono modificate chi lo ha deciso e con chi lo ha concordato? Come si fa a gestire il rapporto con i privati? 

Le risposte a voi, tranne per l’ultima domanda a cui rispondo io. 

Apriamo e chiudiamo la parentesi su privati e rete urologica

I privati quando lavorano con il budget pubblico debbono condividere le “regole” delle sue reti cliniche, compresa quella urologica. Gli strumenti volendo ci sarebbero se solo ci fosse la volontà e la competenza per usarli. Questi sono rappresentati da piano di committenza e da quello dei controlli, che potrebbero prevedere di operare secondo i PDTA definiti dalla rete, al cui rispetto sono ovviamente tenute in primis le strutture pubbliche. Questa inclusione nella rete della urologia privata (pagata dal pubblico) va proposta a livello istituzionale. Ci potrebbe essere altrimenti il rischio che nelle Marche avvenga anche in urologia quello che è già avvenuto con l’ortopedia (massiccio trasferimento di risorse, casistica e competenze al privato).

Se il governo regionale anziché regolamentare l’integrazione e la complementarietà pubblico/privato continuerà ad alimentare la concorrenza tra le due componenti inevitabilmente la rete pubblica ne risentirà. Infatti, mentre le strutture pubbliche sono tenute ad avere più discipline (l'urologia è prevista infatti nei soli ospedali di primo livello in cui sono presenti anche ortopedia, chirurgia generale, oculistica, ORL, ecc) che competono per gli spazi operativi  e sono tenuti a svolgere sia l'attività programmata che le urgenze, il privato alle attuali regole non fa urgenze e può selezionare le linee di produzione con più mercato. E pare proprio che la patologia prostatica sia tra queste.

I dati 2018 e 2019 (la cui elaborazione al solito la Regione Marche non fa e se la fa non la mette a disposizione) evidenzieranno sicuramente un peso ancora maggiore delle strutture private visto il trend di produzione in vertiginoso aumento tra 2015 e 2017. Strutture, lo ricordo di passaggio, prive ad esempio della competenza del radioterapista che è indispensabile in una prostate unit.

Take home messages

Cari colleghi dell’AssUAM continuate così: la strada giusta è questa in cui si inserisce il Convegno di oggi. Strada che vi invito a seguire con sempre più metodo e (auspico) con sempre più supporto istituzionale. Supporto senza il quale la rete urologica sarà in difficoltà e con loro i cittadini.

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