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La spesa farmaceutica è un problema molto serio per questa regione con dati che la pongono -almeno apparentemente- tra le peggiori in Italia. Il grafico sottostante estratto dal rapporto Osmed 2016, relativo alla farmaceutica convenzionata (ovvero la spesa nelle farmacie, ma non sembrano andare meglio  i dati per la spesa ospedaliera) è eloquente:

 

I dati AIFA del primo semestre 2017 non sono a loro volta troppo incoraggianti.

La Regione è quindi intervenuta con un atto molto forte: la DGR 963/2017. L'atto  presenta una analisi dettagliata della situazione regionale e individua le aree di possibile intervento per la riduzione della spesa farmaceutica con una previsione di una potenziale riduzione di spesa di ben 12.000.000 €! Il tutto facendo riferimento alla media nazionale e non alle regioni con dati migliori a livello nazionale (Provincia autonoma di Bolzano).

E’ evidente che una simile dispersione di risorse per farmaci rappresenta una vera emergenza per il sistema e giustifica la durezza di alcune delle indicazioni contenute nella DGR citata (sebbene ricalchino una simile atto del 2014: DGR 974/2014 – la vicinanza dei numeri tra i due atti non è una coincidenza, ma solo la conseguenza della lettura degli andamenti nel primo semestre nell’anno).

Ma come si affronta una simile emergenza?

C’e’ evidentemente un problema di sensibilizzazione e formazione dei medici nel corretto utilizzo del farmaco e quindi un serio lavoro sul campo basato sull’analisi delle abitudini prescrittive e degli scostamenti tra medico e medico. I differenziali interni al sistema sono tali da confermare la possibilità di attuare la riduzione di spesa attesa.

Ma esistono anche altri possibili interventi già sperimentati in diverse realtà:

  • occorre potenziare i servizi che hanno la competenza per analizzare e comprendere i fenomeni prescrittivi, ovvero le farmacie ospedaliere e territoriali. I farmacisti del sistema pubblico svolgono infatti un ruolo essenziale nella lettura dei consumi e soprattutto per la possibilità di attivare affiancamenti nelle unità operative con la figura del “farmacista di reparto/dipartimento” (che supporta il medico nell’orientarsi nella giungla dei farmaci disponibili, per trovare quelli che vanno bene…). Naturalmente più farmacisti significa anche più ore di distribuzone diretta* nelle strutture ospedaliere (ovvero possibilità di prendere il farmaco dopo il ricovero o dopo la visita). Si pone quindi il problema di valutare quanti farmacisti i piani occupazionali delle aziende hanno previsto;
  • superare la gestione “casalinga” del farmaco con una pluralità di armadi farmaceutici distribuiti negli ospedali e in tutte le strutture sanitarie per adottare un modello di logistica del farmaco avanzata, che porti al letto del paziente la dose di cui ha bisogno centralizzando la preparazione delle terapie e quindi i magazzini (ma anche solo automatizzando gli armadi farmaceutici). La regione Marche ha fatto finalmente una scelta forte in tal senso finanziano un progetto regionale coordinato dall’ASUR con oltre 8.400.000 € (DGR 967/17); rilevante è l'impatto di questi modelli sulla prevenzione degli errori di terapia che sono tra i più rilevanti errori in ambito sanitario;
  • esiste inoltre un collegamento tra spesa farmaceutica e azioni di medicina preventiva come la vaccinazione antifluenzale: la inadeguata copertura della popolazione anziana si riflette direttamente sui costi ospedalieri e per farmaci;
  • una azione rilevante sulla farmaceutica si realizzerebbe rendendo operative le reti cliniche, che dovrebbero uniformare i comportamenti prescrittivi rispetto alle evidenze scientifiche, a partire da quelli in ambito  oncologico. Ma serve anche -altro esempio- la rete sulle patologie epatiche che hanno registrato con l’introduzione del trattamento per l’epatite C un rilevante incremento di costi.  

A proposito: in una situazione del genere si colloca la scelta fatta dalla Regione Marche di dare una esenzione generalizzata per i farmaci in occasione del terremoto (esenzione T16), con un rischio di consumi abnormi e di un ricorso a farmaci di non dimostrata efficacia. Sarebbe interessante una valutazione di impatto di questa scelta.

Ma questi sono solo primi spunti di analisi e proposta che ad esempio non hanno toccato il possibile ruolo dei distretti al riguardo. Aspettiamo altre voci a partire da quella dei farmacisti e dei clinici.  

* sul potenziamento della distribuzione diretta occorre forse maggiore attenzione agli obiettivi dati alle unità operative: senza una analisi dell'effettivo consumo di farmaci presi nelle farmacie esterne dopo un ricovero o una visita specialistica (che consenta di individuare chi non pone attenzione alla distribuzione diretta) si rischia che per rispettare l'obiettivo di incrementare la distribuzione diretta si prescrivano in dimissione più farmaci del necessario (ma se la distribuzione diretta diventa terreno di verifica di appropriatezza il rischio diventa una opportunità). 

 

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