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Le postazioni territoriali dell’emergenza sanitaria sono quelle che attraverso le ambulanze garantiscono, sul luogo in cui si verifica una emergenza sanitaria, il soccorso necessario.
In questo lavoro si analizzano e si valutano le norme di organizzazione delle postazioni territoriali dell’emergenza sanitaria in Italia ed in particolare nella regione Marche.

1. Le postazioni di emergenza all’estero

L’obiettivo di celerità di intervento dei mezzi di soccorso territoriali viene ovviamente previsto anche all’estero. In Olanda, in caso di emergenza, l’ambulanza deve obbligatoriamente essere sul posto entro un tempo massimo di 15 minuti, in qualsiasi posto della regione (Gras, 1998). Anche nel Canton Ticino Svizzero i tempi di intervento sono in genere contenuti entro i 15 minuti anche se l’obiettivo è quello di arrivare comunque entro 20 minuti fin nella zona più discosta del territorio (Devecchi, 1995).

Nella provincia canadese della British Columbia il tempo massimo di intervento per le chiamate urgenti nelle aree metropolitane è stabilito in 8 minuti. Nel 1996 il Governo inglese ha approvato una nuova “Carta” dei servizi e dei diritti del paziente dal titolo “The Patient’s Charter and You – a Charter for England”. Il documento distingue fra diritti (rights) che tutti i pazienti vedranno sempre rispettati e aspettative (expectation) che sono standard di servizio che il NHS punta a raggiungere. Lì il servizio ambulanze è autonomo (Ambulance services). Nella parte della Carta dedicata all’Ambulance Services si legge che se un cittadino chiama una ambulanza di emergenza può aspettarsi (expect) che arrivi entro 14 minuti in una area urbana (si definisce tale quella con una densità di popolazione che supera 2,5 persone per acro1) o 19 minuti in una area rurale (Department of Health, 1996).

 

2. Le norme nazionali per la distribuzione dei mezzi di soccorso

Deve essere la Regione a definire la distribuzione dei mezzi di soccorso, nel rispetto degli standard di legge e di quelli previsti in sede di Conferenza Stato-Regioni secondo criteri di densità abitativa, distanze e caratteristiche territoriali. E’ indispensabile provvedere a livello regionale con la definizione e l’utilizzo di un criterio omogeneo e razionale per assicurare la copertura di tutto il territorio con i mezzi con personale sanitario a bordo.
L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS) ha perfezionato il criterio nazionale previsto in sede di Conferenza Stato-Regioni (DPR 27 marzo 1992) che prevedeva una ambulanza avanzata ogni 60.000 abitanti e comunque per la copertura di un territorio non superiore a 350 Kmq. Il perfezionamento del criterio per la distribuzione dei mezzi di soccorso a livello regionale dell’Agenas tiene conto maggiormente delle aree montane e pedemontane ed è sintetizzato dalla formula che si ripropone qui di seguito (Agenas, 2011):

 

L’applicazione della formula individua, con un’approssimazione molto vicina alla realtà, il fabbisogno regionale del numero di mezzi di soccorso avanzato (MSA) con personale sanitario a bordo.
Il criterio che si sceglie a livello regionale per la distribuzione dei mezzi di soccorso territoriale deve poi essere comunicato e condiviso con le istituzioni che governano il territorio, al fine di evitare spinte campanilistiche che squilibrino il sistema.
Tale orientamento è stato recepito nel 2015 con il Decreto del Ministero Salute 2 aprile 2015 , n. 70.
Relativo al “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”. Al paragrafo 9.1.3 relativo alle postazioni territoriali si legge testualmente che “la definizione del fabbisogno di mezzi di soccorso avanzati sul territorio regionale viene individuata utilizzando un criterio che si basa sulla attribuzione di un mezzo di soccorso avanzato ogni 60.000 abitanti con la copertura di un territorio non superiore a 350 Kmq., applicando un necessario correttivo specifico per la copertura ottimale nelle zone di particolare difficoltà di accesso, per garantire l’adeguata funzionalità dei percorsi clinico assistenziali.
Nel calcolo delle postazioni territoriali occorre tener conto della peculiare risposta organizzativa del 118 scelta, ad es. con l’affidare o meno al 118 la totalità dei trasporti non solo secondari urgenti ma anche dei trasporti ordinari, in alcune Regioni attualmente a carico dei presidi ospedalieri ed in altre a carico del servizio 118.
Nel caso in cui i trasporti secondari programmati vengano affidati al 118, la gestione degli stessi deve essere assolutamente separata dalla gestione dei servizi di soccorso sanitario urgente. Pertanto, nel calcolo del totale di mezzi di soccorso riorganizzati vanno considerati i trasporti primari e secondari urgenti, in particolare per l’implementazione delle reti delle patologie complesse tempo dipendenti, nonché i trasporti ordinari.”
Diverse regioni, in particolare quelle in piano di rientro, hanno già adeguato la loro organizzazione dell’emergenza sanitaria a questi nuovi parametri. Altre regioni seguiranno nei prossimi mesi.

 

3. La situazione in Italia

La maggioranza delle regioni ha definito con atti formali la diffusione delle postazioni territoriali di emergenza (Cfr. Tab. 1).

 

 

Poche sono le regioni che hanno stabilito i tempi d’intervento per i soccorsi a giustificazione della rete dei mezzi prevista ma le poche che lo hanno fatto si sono comunque attestate sugli 8 minuti per le aree urbane e sui 20 minuti per quelle extraurbane (Emilia Romagna, Marche).
Ancora meno sono state le regioni che hanno esplicitato i criteri di distribuzione delle postazioni territoriali di emergenza. Fra queste un lavoro interessante ma datato (presentato prima del Decreto del Ministero Salute 2 aprile 2015 , n. 70) è stato presentato dalla regione Emilia Romagna2. Più recentemente, alcune regioni in piano di rientro, hanno provveduto a riordinare il settore delle postazioni territoriali dichiarando di utilizzare il sistema proposto dall’Agenas (Abruzzo nel 2013, Puglia nel 2014 e Calabria nel 2015) .
I dati disponibili relativi a 13 regioni fra le più popolose d’Italia ci forniscono comunque un quadro nazionale della distribuzione delle diverse postazioni territoriali dell’emergenza sanitaria. La media nazionale è di una postazione ogni 35.000 abitanti (Cfr. Tab. 2) che appare, oggettivamente, molto lontana dallo standard del Decreto del Ministero Salute 2 aprile 2015, n. 70 anche applicando i correttivi proposti. Le postazioni sono molto più diffuse di quanto previsto dalla normativa nazionale. Le regioni che sembrano rispettare i parametri nazionali sono solo 4 e tutte hanno in comune l’aver vissuto l’esperienza dei piani di rientro.

 

 

Due regioni (Basilicata e Marche) hanno postazioni che addirittura coprono una popolazione media inferiore ai 15.000 abitanti (Cfr. Tab. 2).
Per valutare in modo corretto la comparazione della tab.2 occorre però precisare che essa non distingue le diverse dotazioni delle postazioni territoriali dell’emergenza sanitaria. Come si può vedere dalla Tab. 1, le diverse regioni hanno previsto la copertura del territorio in modo diversificato con i diversi mezzi a disposizione: ambulanza di soccorso avanzato (MSA), mezzo di soccorso infermieristico (MSI), mezzo di soccorso di base (MSB). Inoltre, non tutte le postazioni garantiscono una copertura oraria 24/24.
Purtroppo però non ci sono dati comparabili ed aggiornati relativi alla distribuzione delle postazioni territoriali di soccorso in Italia. Possiamo però realizzare una comparazione più corretta ma purtroppo piuttosto datata utilizzando una ricerca del Ministero della Salute (Ministero della Salute, 2007) che censisce gli equipaggi di soccorso presenti effettivamente nel territorio nel 2005. Per individuare le possibili postazioni territoriali e realizzare una comparazione fra dati omogenei abbiamo estrapolato i soli dati sugli equipaggi/mezzi che garantiscono le 24/24 ore e che sono composti da almeno due persone una delle quali è un infermiere o un medico. I dati estrapolati sono indicati nella Tab. 3.

 

 

 

4. La situazione delle Marche

La Regione Marche, nel 1998, ha approvato la Legge regionale n. 36 che ha organizzato il sistema dell’emergenza sanitaria. Nel periodo 2013-2016, dopo oltre 15 anni la Regione Marche ha provveduto ad aggiornare e a dare completa attuazione all’organizzazione dell’emergenza con una serie di atti.
Nelle Marche, le postazioni territoriali dell’emergenza sanitaria (POTES) garantiscono, sul luogo in cui si verifica una emergenza sanitaria, il soccorso necessario. La legge regionale (art.7 LR 36/1998) afferma che costituisce obiettivo del sistema garantire un intervento di soccorso entro otto minuti dalla chiamata per le aree urbane e venti minuti per le aree extraurbane, salvo particolari situazioni di complessità orografica e di viabilità.

L’art. 8 della L.R. 36/1998 delle Marche recita inoltre che la Giunta regionale stabilisce:
• La localizzazione delle POTES nel territorio regionale;
• Quali sedi delle POTES debbono funzionare per dodici ore al giorno o comunque per un orario che non copre tutta la giornata, tenendo conto della popolazione afferente e della specifica epidemiologia.
Fino al 2013, in attesa dell’atto regionale di dimensionamento, sono state attivate 46 POTES (33 MSA3 + 13 MSI4). A queste si aggiungevano 46 mezzi di soccorso di base (MSB) quasi tutti in convenzione (Cfr. Tab. 5). La mancanza di un atto programmatorio di riferimento non ha aiutato nella distribuzione equilibrata delle risorse. E’ probabile che si sia realizzato un sovradimensionamento nelle zone di Fano, Fabriano, Ancona e Civitanova Marche ed un sottodimensionamento in altre zone come Ascoli Piceno.
Queste dotazioni di mezzi ed equipaggi letti alla luce dei dati contenuti nelle tab. 1 e 2, ci consegnano l’idea di una diffusione delle POTES nel territorio delle Marche, prima della riorganizzazione di giugno 2013, che era superiore alla media italiana. Questo aspetto, naturalmente, potrebbe avere delle parziali giustificazioni in presenza di una popolazione estremamente frammentata e distribuita in una realtà orografica complessa.
Nel maggio del 2013 la Regione Marche dà attuazione all’art. 8 della L. R. 36/1998 e definisce la rete delle POTES (DGR 735/2013) dopo vari tentativi mai portati a termine.
Per calcolare il numero di postazioni (POTES) dotate di mezzi di soccorso avanzati (MSA) si è utilizzata la formula elaborata dall’Agenas che tiene conto anche dei territori montani. L’utilizzo della formula ha determinato una necessità di 29,6 postazioni con MSA a cui si aggiungono 44,6 MSB/MSI (totale 74). La Giunta regionale, nel mentre afferma di utilizzare la formula dell’Agenas per la definizione dei mezzi di soccorso, in realtà approva un piano che ne prevede 94,5 (32,5 MSA, 15 MSI, 47 MSB). Un numero ben più alto5.
La DGR 735/2013 precisa che il mezzo di soccorso avanzato presente in ogni POTES può operare come ambulanza medicalizzata o come Automedica; quest’ultima tipologia è prevista quando nel suo raggio d’azione sono disponibili almeno tre mezzi di soccorsi di base MSB (Mezzi del volontariato con soccorritore ed autista soccorritore), con cui può intervenire direttamente o indirettamente una volta che si è liberata dal precedente intervento o là dove il suo intervento non risulti necessario. Peraltro, fra quelle previste, non risulta che nel raggio d’azione della MSA-Automedica di Pesaro siano disponibili almeno tre Mezzi di soccorsi di base MSB (Mezzi del volontariato con soccorritore ed autista soccorritore); in quell’area sembra essere presente solo la CRI.
A questi mezzi vengono poi aggiunti 15 mezzi di soccorso infermieristico-MSI (con equipaggio costituito da infermiere ed autista soccorritore). Vale la pena di sottolineare che questi mezzi sono da considerare alla stessa stregua del MSA, che in altre nazioni ed in altre regioni italiane costituiscono un modello alternativo a quello dei MSA. Allo stato attuale non conosciamo la collocazione dei MSI. Se sono collocati nelle POTES già individuate e gravate di carichi di lavoro notevoli, la loro previsione potrebbe essere opportuna. Se invece sono collocate in altri siti, il loro ruolo andrebbe rivisto dato che, di fatto, andrebbero a costituire delle ulteriori POTES.
Con la Deliberazione di Giunta regionale n. 920/2013 le cose cambiano di nuovo (è passato un mese dalla precedente deliberazione). Le MSA (invece di 32,5) salgono a 37. Rispetto alle previsioni del mese precedente viene aggiunta una nuovo postazione per Urbino/Urbania e per Sant’Elpidio a Mare, quest’ultima attiva 12 ore. La DGR 920/2013 colloca nelle POTES le MSA-Automediche. Nel complesso sono previste 27 MSA-Ambulanze e 10 MSA-Automediche.
Successivamente, la DGR 159/2016 ha elevato ulteriormente la dotazione di mezzi di soccorso fino a 107: 38 MSA, 15 MSI, 54 MSB (Cfr. Tab. 4).

 

 

 

La DGR 159/2016 riconosce apertamente che le dotazioni dei mezzi di soccorso delle Marche sono superiori a quanto disposto con DM n. 70/2015 ma che tali dotazioni si sono rese indispensabili per l’attuazione del processo di riconversione dei piccoli ospedali in Ospedali di comunità.
Rispetto a quanto stabilito nel documento Agenas e nel DM n. 70/2015 la dotazione di mezzi/equipaggi di soccorso è superiore del 45%.
Dal 2012 al 2016, pur in assenza di una valutazione della performance del sistema di emergenza sanitaria territoriale, la dotazione di mezzi di soccorso/equipaggi è aumentata costantemente come si evince dalla tab. 5.

 

 

 

Le DGR 735/2013, DGR 920/2013 e DGR 139/2016 provvedono ad individuare tutte le sedi delle POTES con MSA, così come indicato nella tabella 6, dotandole dei mezzi di soccorso necessari. Ciò che invece non è indicato è il livello di performance del nuovo sistema e cioè in quanti minuti sono potenzialmente raggiungibili i comuni in territorio urbano ed extraurbano e se tutti i comuni sono coperti dal livello di performance indicato. Non è indicato, infine, se l’individuazione dei siti delle POTES ha privilegiato la migliore copertura del territorio o la presenza di strutture sanitarie.
Nel complesso la regione Marche ha previsto la disponibilità di 107 mezzi di soccorso che è pari ad un mezzo ogni 14.427 abitanti, rispetto ad una media italiana di 34.878 abitanti (Cfr. tab. 2). Nel panorama italiano solo la Basilicata ha previsto una disponibilità di mezzi di soccorso più diffusa delle Marche.

 

 

 


5. Il costo


Secondo una valutazione del 2011 dell’ASUR Marche ogni equipaggio MSA costa annualmente 743.292 euro se funziona 24 ore al giorno mentre costa 371.646 euro se funziona 12 ore al giorno. Per le MSA automediche, dato che utilizzano lo stesso personale, possiamo ipotizzare lo stesso costo. Una postazione del MSI costa invece 364.068 euro per un funzionamento di 24 ore al giorno. Per stimare il costo dei mezzi di soccorso di base MSB abbiamo utilizzato i dati forniti dalle Deliberazioni della Giunta regionale n. 120/2004 e s.m.i e n. 1744/2013 per le convenzioni con le Pubbliche assistenze (anche se in qualche caso, quando il servizio viene fornito da ditte private, il costo è più elevato).

In base a tali deliberazioni alle Pubbliche assistenze che partecipano al sistema di emergenza sanitaria territoriale viene riconosciuto un costo fisso mediamente pari a 85.000 euro a cui si aggiungono i rimborsi chilometrici che abbiamo stimato paria circa 80.000 euro per ogni mezzo (sulla base della DGR 1744/2013). Applicando questi valori alle postazioni previste negli atti della regione Marche, appena illustrati, si ottiene un costo annuo delle POTES di circa 39,7 milioni di euro. Se si applicassero invece gli standard nazionali il costo sarebbe di circa 31,7 milioni di euro (Cfr. Tab. 7). Il maggior costo sostenuto dalla regione Marche per il nuovo sistema così riorganizzato sarebbe di circa 7,9 milioni di euro.

 

 

 

Questo maggior costo potrebbe anche essere giustificato da un territorio dall’orografia particolarmente svantaggiata, dalla ricerca di una maggiore efficacia, o da altre motivazioni. Ma andrebbe comunque motivato alla comunità regionale perché si intendono elevare significativamente gli standard organizzativi e quindi anche i costi rispetto alle indicazioni nazionali e alle altre regioni. Così come andrebbero illustrati quali sono gli standard prestazionali che si garantiscono con questa organizzazione (per esempio quanti comuni si raggiungono con l’ambulanza entro i 20 minuti indicati dalla norma nazionale?)


6. Valutazioni relative alla regione Marche

Nella regione Marche, la determinazione del numero delle POTES necessarie costituisce un passaggio complesso che va affrontato in modo rigoroso stabilendo preventivamente obiettivi e criteri per la loro individuazione utilizzando i criteri dell’Agenas, della Conferenza Stato regioni (DPR 27 marzo 1992) e soprattutto del Decreto del Ministero Salute 2 aprile 2015 , n. 70. In questo senso, la regione Marche ha scelto di partire dai criteri stabiliti dall’Agenas a cui poi si sono aggiunte diverse postazioni in più determinando così una dotazione di postazioni e mezzi con personale sanitario che è notevolmente superiore agli standard nazionali. Il maggior costo di questa organizzazione è di circa 7,9 milioni di euro. Le postazioni in più superano del 45% gli standard nazionali. Non è stata fornita un’argomentazione per questa scelta organizzativa se non quella di accompagnare la fase di riorganizzazione ospedaliera che dovrebbe essere transitoria, mentre la decisione regionale non viene presentata come una organizzazione temporanea. Eppure, questa scelta che è molto costosa per la regione e che per le sue dimensioni potrebbe apparire ingiustificata andrebbe motivata in modo convincente.
La rete territoriale dell’emergenza è molto diffusa ma mancano i dati relativi alla sua efficacia, almeno potenziale. La localizzazione delle POTES deve essere fatta in modo da coprire tutto il territorio regionale (in genere almeno il 90%) entro i tempi di percorrenza indicati dalle linee guida nazionali e dalla legge regionale. Purtroppo i materiali messi a disposizione della Giunta regionale non indicano il livello di performance del nuovo sistema e cioè in quanti minuti sono potenzialmente raggiungibili i comuni e se tutti i comuni sono coperti dal livello di performance assunto come obiettivo (8 minuti per le aree urbane e 20 minuti per le aree extraurbane).
Per una valutazione completa dell’efficacia del sistema e per comprendere se la maggior dotazione di mezzi è giustificata dalla difficoltà a raggiungere gli obiettivi di performance stabiliti dalla legge regionale la regione Marche dovrebbe fornire questa ulteriore documentazione.

 

- l'articolo è anche inserito nel Blog dell'Autore: https://www.slideshare.net/francopesaresi/ 

 

Bibliografia

Department of Health of England, The Patient’s Charter and You – a Charter for England, London, Crown copyright, 1996.

Gras T., Olanda: nuova organizzazione, N&A mensile italiano del soccorso, Vol.80 - Luglio 1998.

Regione Toscana: DGR 28 dicembre 2012, n.1235: “DGR 754/2012, allegato B “Azioni di riordino dei servizi del Sistema sanitario regionale”. Approvazione linee di indirizzo alle aziende sanitarie ed alle Aree vaste e relativo piano operativo”.

Note:

1. 1 acro uguale a 0,4 ettari

2  La regione, pur ritenendo imperfetto stabilire a priori la necessità di medicalizzazione di un territorio senza una contestuale valutazione delle diverse variabili interdipendenti ha ipotizzato, sulla base delle proprie esperienze organizzative regionali, un rapporto pari a:

  • 1 punto di soccorso medicalizzato H24 – fino a 150-250.000 abitanti per le aree metropolitane e urbane e 1 per ogni 150-250.000 abitanti successivi con PS a < 8 minuti;
  • 1 punto di soccorso medicalizzato H24 ogni 50-100.000 abitanti per le realtà suburbane e rurali con PS a < 20 minuti;
  • 1 postazione di ambulanza con infermiere fino a 50.000 abitanti sia in area urbana che suburbana e rurale.

3 Mezzo di soccorso avanzato (con medico a bordo).

4 Mezzo di soccorso infermieristico.

5 Comprensivo di  4 postazioni, una per ogni centrale operativa, al fine di favorire la riconversione dei piccoli ospedali in Case della salute e i percorsi individuati nella ridefinizione delle reti cliniche, migliorando la qualità complessiva dell’offerta sanitaria.

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  • Questo commento non è stato pubblicato.
    Remo Appignanesi · 02/10/2017
    Il tema dell'organizzazione dell'emergenza territoriale pone anche altre questioni:
    - le Marche scelgono un sistema basato su elicottero o uno basato su equipaggi a terra?
    - la collocazione delle postazioni si basa su una analisi dei tempi di percorrenza e numero di interventi o sull'esistente (per non creare tensioni con le amministrazioni locali e le associazioni di volontariato)?
    - dopo il DLgs 229/99 (che assegna l'autonomia organizzativa alle aziende sanitarie) è ancora valida la previsione normativa della Legge 36/98 che rimette ad un atto della Giunta regionale l'individuazione delle postazioni dell'emergenza territoriale (ovvero una materia di organizzazione interna di una Azienda sanitaria)?
  • Questo commento non è stato pubblicato.
    Claudio Maria Maffei · 25/09/2017
    Questo contributo di Franco Pesaresi è perfettamente nello spirito del nostro blog. Affronta, infatti, un tema centrale come quello dell'emergenza territoriale con una analisi di dettaglio che parte dalla normativa e dagli atti nazionali di riferimento, passa attraverso un confronto tra gli atti e le scelte delle diverse Regioni ed arriva ad analizzare la situazione della Regione Marche. Ne emerge un quadro che evidenzia come (per certi versi comprensibilmente) nella nostra Regione si potenzi "in eccesso" l'emergenza territoriale come compensazione della riduzione della offerta ospedaliera. Purtroppo questa compensazione ha un costo teoricamente evitabile (che il documento aiuta a stimare) e un impatto in termini sanitari ignoto. Questo tema ricorrerà spesso nelle riflessioni che faremo in questo blog. Perchè non si usano i dati disponibili o comunque ricavabili per monitorare l'impatto di scelte politiche che in sede tecnica vengono trasformate in scelte programmatorie? Perchè negli obiettivi dati dalla Regione Marche ai Direttori ed alle aziende i debiti informativi sono addirittura un prerequisito della valutazione e poi il debito informativo nei confronti dei cittadini e degli operatori non viene onorato con la stessa "energia" per valutare in primo luogo le scelte fatte? Da ultimo: le risorse sottratte per un eccesso di investimento in un settore i territori (espressione cara alla politica) rischiano di non ritrovarsele sotto forma di servizi in aree cruciali come quelle della assistenza primaria, domiciliare e residenziale.
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