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Chi non da importanza alla salute?

Eppure le principali problematiche di salute della popolazione sono attribuibili ai comportamenti individuali: pensiamo all’alimentazione scorretta, che non caratterizza solo la popolazione adulta ma anche una allarmante quota impressionante di bambini sovrappeso (21,5% sovrappeso; 7,8% obesi; 2,6% gravemente obesi - OKKIO ALLA SALUTE, 2016 ci pongono in nona posizione tra le peggiori regioni!)

Due sono i punti critici per fare un salto di qualità nella produzione di salute.

Il primo problema e’ cognitivo: ovvero sta nella difficoltà di gestire dei rischi che non sono immediati e tangibili. Siamo in grado di ritrarre instantemente la mano al calore, ma non di fermare l‘accensione di una sigaretta che asfalta i polmoni, danneggia i vasi sanguigni, irrita la vescica...

Gestire la propria salute richiede quindi uno sforzo intellettivo per schiavare pericoli  che non si vedono: l’influenza che rischia di uccidere il nonno perché non si vaccina, l’eccesso calorico del figlio in sovrappeso, il bicchiere di alcool di troppo prima di mettersi alla guida.

Lo stesso meccanismo si realizza difronte alle scelte di organizzazione sanitaria:

Come fa un professionista a percepire che sta lavorando male se questo si può vedere solo dopo un anno di analisi della casistica che ha trattato?

Come di fa a vedere nel piccolo ospedale dietro casa la rinuncia ad una campagna di screening contro i tumori efficace?

Per questo è comune vedere un sindaco che lotta per difendere un ospedale, con la certezza che questo produrrà indirettamente un danno reale alla salute dei suoi concittadini, amici e familiari.

Attenzione: la sanità è in molte regioni, Marche incluse, la principale azienda della regione e la distribuzione territoriale dei servizi sanitari è anche distribuzione di risorse pubbliche, espressione quindi di una visione auspicabilmente lungimirante della politica sullo sviluppo del territorio. Quindi se non si può pensare una ristrutturazione della rete ospedaliera senza una contestuale rilettura della rete dell’emergenza territoriale (si supera un pronto soccorso non più adeguato all’assistenza necessaria in emergenza oggi, ma compare un equipaggio dell’emergenza territoriale a garantire uno standard di sicurezza in emergenza), ugualmente deve essere definita una politica di sviluppo del territorio che ne eviti la desertificazione.

Non si tratta quindi solo dell’egoismo di dipendenti dell’azienda sanitaria che non accettano d percorrere qualche km per andare al lavoro, ma anche della riduzione di ricchezza di una comunità (ed è la ricchezza che consente ad una comunità di dotarsi di un sistema sanitario…), delle entrate del comune per la perdita di popolazione residente, ecc..

Solo abituandoci alla lettura di cruscotti di indicatori - come il sensore per le fughe di gas (non è un grande esempio perché pochissimi ne hanno istallati al passaggio dalla bombola alla linea diretta del gas, con periodiche esplosioni…) - possiamo vedere e quindi schivare questi pericoli invisibili.

Il secondo problema è l’inerzia dell’esistente di  fronte ad ogni cambiamento: le strutture che ereditiamo dal passato esistono, hanno persone che ci lavorano, un direttore di unità operativa che ha con questo incarico raggiunto l’apice della carriera. Come potrà mai una struttura chiedere di essere soppressa? Eppure, anche se non si vede, quella struttura, pur aiutando e assistendo ogni giorno concretamente decine di persone, non sta effettivamente producendo salute.

C’è la necessità di fare uno sforzo collettivo per affidarci ai numeri per avere una lettura reale dei bisogni e quindi costruire una ipotesi di distribuzione delle tante  (tante come valore assoluto, poche nel confronti con gli altri paesi europei e in diminuzione nei prossimi anni (Nota di aggiornamento DEF 2017 - settembre 2017 - Tabella III.1b - pagina 47) risorse  che dia priorità alle azioni che hanno dimostrazione di efficacia, impostando un percorso condiviso con gli operatori di riconversione dell’esistente e con una prospettiva di equa ripartizione delle risorse pubbliche intorno ad un progetto complessivo.

E la condivisione richiede dati disponibili e momenti di confronto...

 

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